Surf

in #writing6 years ago

Mare azzurro.jpg

Vi saluto ondeggiando.

Sono l’Oceano Atlantico.

Oggi ho voglia di raccontarvi una storia, una storia fra le migliaia che ho pescato nella mia vita di mare.
E’ una storia di duoliemannioliuvignalio acqugliaiom gliogliasuisccchh elidplin sfagiuolmilia eo flufliflian flioliaquglio, johyhhkling klangio ….
Oh! Scusate, mi sono fatto prendere dalla mia lingua liquida che naturalmente io parlo meglio dell’italiano e di ogni altra lingua.
Ma cercherolò, scusate, cercherò di raccontarvi in italiano senza annacquare troppo la vicenda, anche se sgocciolo da tutte le parti.

Sono l’Oceano Atlantico…l’ho già diciuto, scusate, detto e mi sto allargando un po’…ma sapete sono un oceano…
Le mie migliaia di braccia, le onde, abbracciano, sfiorano, aggrediscono coste, spiagge, porti e i miei occhi che sono pesci, alghe, schiume, gocce, vedono di tutto.

Questa è la storia di due grandi amici, Kevin e Leopold, la cui amicizia naufragò tristemente per l’umana crebolezza, scusate, decrudezza, no, scusate, l’umana debolezza.

Eravamo a Peniche, in Portogallo, una città che si affaccia sulle mie immense acque.

A Peniche io concedo le più alte onde di tutto il mondo atlantico, onde che arrivano a volte sino a 30 metri di alteggia, altezza.
Era il 2017 anno umanoide (Trentamilioniottocentoquarantunesimo anno acquatico).

A Peniche si disputava l’ultima tappa del World Surf League, forse la più importante coppa mondiale di surf.

Come si divertono gli umani con quelle tavolette ridicole, tutte colorate, a passeggiare, volteggiare, volare, sulle mie onde rotolanti!
Beata minuscolosità umana!

Comunque, Kevin era in testa alla Coppa del Mondo con il suo surf eccezionale fatto di schiuma di poliuretano.
Si, schiuma di poliuretano...lo so perché questi umani equilibristi su stupide assi, non parlano d'altro: poli di qua, poli di là, uretano, carbonio, vetroresina...

Accanto a Kevin, da sempre, sin dagli anni delle scuole, stava il suo fido amico, manager e allenatore, Leopold.
Leopold preparava ogni sera il surf e lo controllava prima di ogni gara.

In classifica, a pochi punti di distanza, c’era Burt, un altro grande surfista.

I due surfisti non avevano rivali.
Ormai la Coppa del Mondo era un affare fra di loro.
Attorno a quell’ultima gara erano piovute come acqua sull’Amazzonia centinaia di scommesse e un giro di soldi grande come…un oceano.
Io avevo dato istruzioni alle mie onde e mi preparavo a farle muovere come enormi squali in direzione della costa, come delfini danzanti, come balene volanti.

Ma nella notte, la notte prima della gara, ho visto qualcosa che mi ha fatto piangere.

Io sono un oceano molto sentimentale e mi dispiaccio sempre se una nave affonda, se una baleniera uccide un cetaceo, se quegli stronzi umani gettano quintali di plastica nelle mie profondità.
Sono sentimentale e come tale quando mi arrabbio non riesco a trattenere le mie burrasche…

Quella notte ho visto Leopold che incontrava al porto due umidi figuri, loschi quanto mai.

E ho sentito: Se ci tieni alla tua pelle, domani Kevin NON deve vincere. Fai quello che vuoi, ma non deve vincere. Spaccagli una rotula, mettigli il sonnifero nel succo di pompelmo, oppure fai qualcosa al suo surf. Il tuo debito è troppo alto, ormai. Se Kevin non vince, il debito è sciolto, se vince non arriverai a veder crescere i tuoi nipotini.

Leopold giocava a poker.

L’ho capito perché aveva sempre un mazzo di carte con sé, anche sulla spiaggia.
Quante volte Kevin gli aveva urlato contro, mentre si allenava sulle mie onde!
Ma Leopold non resisteva.
Ovunque gareggiassero, lui cercava dei giocatori di poker: sugli yacht, nei locali, sotto gli ombrelloni.
E aveva incominciato a giocare anche sul web.
Era poi finito in un giro di gioco ad alto livello, troppo alto.
Le sue perdite erano cresciute come una...montagna...come un iceberg.

Aveva perduto troppo e i loschi volevano farlo annegare.

Quella notte ho alzato le onde, inaspettatamente.
Non ho resistito.

Leopold, rimasto solo, è stato inondato da una mia onda di 9 metri.
Tutto fradicio, mi ha guardato, ha allargato le braccia.

Nonostante fosse tutto bagnato, ho visto chiaramente che dai suoi occhi scendevano lacrime che non erano salate, ma amare.

Al mattino, la spiaggia era popolata di centinaia di fans, spettatori, giornalisti, teleoperatori, curiosi, perditempo e scommettitori.

Colori, musica, danze, hamburger, baccalà portoghese, zuppe di pesce, birre, arroz de tamboril, vino e bicchieri di Porto.
I surfisti si allenavano.

Kevin volava come una murena sulle mie onde e Burt scivolava come un’orca.

Era il momento della gara.
Avevo visto Leopold che armeggiava attorno al surf di Kevin.
Aveva inciso qualcosa sulle due pinne. E aveva fatto un taglio sul longherone, sotto la tavola.

Non avrebbe retto alle mie onde.

-E’ pronto, Kevin. In culo alla balena!
-Surf over all!
-Sei il mio grande amico, sempre.
-Certo! Sempre!

Iniziò la gara.
Lanciai tre onde di 20 metri e i surfisti salirono su di esse come pirati all’arrembaggio.
Liberai le mie puledre di mare che saltarono a 25 metri.

Alla decima onda, di 28 metri, il surf di Kevin incominciò a sbandare, affondare, riemergere.

La tavola si spaccò.

Kevin scivolò e batté la testa sulla tavola.

Svenuto, scomparve fra i miei possenti flutti.

Dalla spiaggia, si alzarono grida e spaventi.

Gli addetti al salvataggio si avvicinarono a me, Oceano Atlantico, aspettando il momento giusto per scendere in acqua a cercare Kevin.
Io non riuscivo a controllarmi, ero troppo adirato contro questa umana imbecillità, contro questa rovina dentro la quale gli umani si tuffano senza sosta.

E successe una cosa sorprendente.
Fu Leopold a lanciarsi in acqua per primo.

Scomparve nelle mie onde.
Ogni tanto appariva in superficie, poi sprofondava nelle mie viscere liquide.
Fui pietoso.
Li aiutai, in qualche modo.
Mi placai.
Dopo un tempo che sembrò eterno, Kevin riemerse e come fosse Poseidone trascinò a riva il suo amico Leopold.

Leopold non respirava.

Kevin gli fece la respirazione bocca a bocca in un bacio che scandiva la loro amicizia senza fine.

Kevin pianse lacrime disperate.
Gli battè sul petto.
Lo chiamò.
Chiese aiuto.
Lasciò il posto ai medici.

Ma Leopold non respirò mai più.

Eppure sul suo volto pallido aleggiava un sorriso, un sorriso che pareva l’increspatura di una mia piccola onda.

Mare azzurro sorriso.jpg

Le foto sono dell'autore.

Con questo racconto partecipo a Theneverendingcontest n.19 S4 - P4 - /1

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Bellissimo @sbarandelli 💙 Adoro questo tuo oceano 🌊 di cui sento spesso la voce. Parla proprio la lingua che anche tu conosci 😃

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Grazie @isakostocoastplinguoglinofytl !

Molto originale! Complimenti davvero. La scelta di dar voce all'oceano è davvero una cosa che mi è piaciuta moltissimo.

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Un oceano molto ... sensibile! Originale 😊

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