L'alchimista Vladimir Franz

in #writing5 years ago

Vicolo d'Oro Franz K.jpg

Nel 1600 a Praga, al Castello, nel Vicolo d’oro c’erano le casette degli alchimisti chiamati dall’Imperatore Rodolfo II a trasformare il ferro in oro.

In una delle casette c’era la farmacia di Vladimir Franz, un giovane alchimista, già noto per aver ricavato pietra pomice dalle uova di gallina.

Egli inoltre era riuscito a trovare la crema callifuga dall’insieme di bava di rospo, erba gialla e lacrime di neonato.

Da lui andavano non solo i cortigiani, ma anche la gente comune.
Egli, quando poteva, leniva le loro ferite, i loro malanni.

Riusciva a far passare il mal di testa (solo ai quarantenni nati nel mese di maggio) con il “legnetto”, una sua invenzione alchemica fatta con liquerizia, foglie di quercia e sudore di ascelle maschili.
Le ferite leggere venivano curate con il “mordiglione”, che era un intruglio fatto di latte di capra, alcool di slivoviz e seta tritata.
Egli sperimentava continuamente nel suo laboratorio farmaceutico posticcio.

Spesso chi passava sentiva odori strani e qualcuno sveniva anche sul selciato.
Per fortuna quando si risvegliava non si ricordava chi era per un po’ e vagava senza sapere dove andare.

Un giorno arrivò da lui la Bella Leda detta Il Cigno per il suo lungo collo.

Franz Vladimir si invaghì di lei, ma non usò mai nessun prodotto simil-chimico per farla innamorare di lui.

Infatti lei non si innamorò mai di lui e Vladimir se ne fece una ragione, anche se di notte se la sognava spesso senza vestiti, indaffarata a fargli dei lavoretti.
Questo gli bastava.

Quel giorno Leda era andata da lui perché aveva uno sfogo rosso sulla spalla destra.
Vladimir Franz asportò un pezzetto di pelle alla Bella Leda e lo analizzò attentamente inserendolo in una pentola bucata da cui fuoriusciva un tubicino che finiva in una serie di classiche provette di vetro con fumi annessi.
Il pezzetto di pelle bollì nella pentola insieme a del pinot nero, si sciolse e scivolò sino all’ultima provetta.
Dal colore e dall’odore Vladimir Franz capì di cosa si trattava: era il virus acquoso numero undici, che colpiva ogni tanto i soggetti col collo lungo.

Per sua fortuna gli era già successo un caso analogo.
Così preparò il trattamento.

Il trattamento, molto complicato, consisteva nel mescolare sangue di iena in gabbia (senza ucciderla, pena il fallimento), peli di barba bianca, succo di barbabietola e tritato di madreperla.
Tutto questo veniva messo dentro un grande mastello, mescolato per un giorno intero.
Quando ebbe finito di mescolare era mattino.
(Vladimir aveva catturato una iena cucciolo in Africa, dove era andato appunto per catturare una iena)

Leda arrivò come da appuntamento e chiese se aveva trovato il rimedio.
Vladimir Franz disse che era pronto ma ci voleva un ultimo atto.
Portò Leda davanti al mastello e le disse che doveva chinarsi sul mastello e gridare con tutta la voce che aveva “Basta!” e prendere 10 bei respiri.
Leda, che aveva grande stima di Vladimir, si appoggiò al mastello, gridò “Bastaaaa!”, inalò il mix alchemico e si rialzò.
Per qualche minuto non successe nulla.

Leda aveva tutto un prurito e lo disse a Vladimir Franz.
Franz le disse che era previsto e le disse anche scherzosamente che anche lui aveva un prurito, ma di altra natura.
Leda sorrise e in quell’istante il rossore alla spalla impallidì sino a scomparire.
Leda lo abbracciò e gli diede un bacetto sulla guancia.
Poi gli disse che non poteva pagarlo quanto valeva, ma gli avrebbe portato ogni giorno per 1 mese da mangiare a pranzo.

Vladimir accettò, contento di poterla vedere tutti i giorni per quello splendido mese.
Leda arrivò il giorno dopo con una grande pentola, la mise sul fuoco e la fece scaldare.
Dentro la pentola c’era il Minestrone di Leda, una ricetta esclusiva che lei aveva imparato dalla zia Crobuska, ma che poi aveva modificato.
Era buonissimo.

Così per un mese Vladimir si adattò a mangiare Minestrone di Leda.

Al quindicesimo giorno però, quando Leda se ne andò, Vladimir stufo di minestrone, prese la pentola e versò il contenuto in un mastello dove metteva resti di fuliggine, scarti di ferro, argento vivo e pezzi di trippa ( a lui non piaceva la trippa, ma la usava per una medicina anti rabbia canina).
Il minestrone ancora bollente si mescolò e improvvisamente il tutto incominciò a vorticare.
Si creò come un gorgo di colore giallo ocra.
Dopo qualche minuto la mescolanza si solidificò e incominciò a brillare.
Vladimir Franz rimase attonito, mentre nei suoi occhi si rifrangeva il luccichio dorato.
Dorato?
Guardò meglio. Non credeva ai suoi occhi.
Toccò, analizzò, alchimicò, suppose, provettò.
Era oro.

Si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno.
Il giorno dopo, quando Leda gli portò il minestrone, la fermò.
“Guarda Leda.”
Rifece il miscuglio e Leda rimase attonita pure lei.
“Cos’è?”
“Oro.”
“Siamo ricchi, Leda.”

Stapparono champagne, mangiarono trippa, ballarono la polka e poi rimasero in silenzio.

L’Imperatore Rodolfo II in persona (avvertito con discrezione della scoperta) arrivò con un piccolo seguito nel Vicolo d’Oro ed entrò nella farmacia di Vladimir Franz.
Con trepidazione Vladimir e Leda rifecero l’operazione alchimistica.

Quando Rodolfo vide la trasformazione e la comparsa dell’oro, si sentì quasi svenire.

Disse una sola frase: “ Sei un genio, ma ora devi togliere al tuo oro quell’odore di minestrone cha ha.”

Da quel giorno Vladimir e Leda si trasferirono al Castello e secondo la leggenda l’oro di Vladimir non ebbe più odore di minestrone, ma conservò un lieve sentore di trippa.

Finalmente quando Vladimir ebbe ottantadue anni riuscì a sposare Leda che ne aveva appena settantotto.
E vissero felici e contenti.

La foto è dell'autore

Con questo racconto partecipo a Theneverendingcontest n.42-s2-P9-i1 proposto da @adinapoli

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