Errori di gioventù

Il sole alto colpiva le nostre schiene sudate, mentre noi continuavamo a remare si galera senza sosta. Era dura, ma ormai di fronte ai miei occhi scorrevano le facce ed i ricordi degli altri uomini che avevano mollato e stremati non riuscivano più a remare: erano stati poi portati in coperta e non ricordo di averli mai più visti.
Le mie mani erano molto dure ed i calli cominciavano a prendere il sopravvento sulla mia pelle liscia, quella che fin da ragazzo aveva contraddistinto non solo le mie dita sottili e delicate, ma anche il mio giovane volto, oggi contraddistinto da una carnagione bruciata dal sole e da una barba intrisa di sale marino. D'altronde quelle stesse mani, che ora non riconoscevo neppure più, si erano macchiate di sangue in un passato neppure troppo lontano.

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CC3 Creative Commons

Mi guardavo attorno ed intorno a me vedevo tantissimi delinquenti: chi aveva rubato animali, chi non aveva pagato le tasse ed anche chi aveva osato bestemmiare contro gli Dei. Quegli stessi Dei di cui iniziavo anche io a dubitare della loro esistenza. Una condanna fino a quando la morte non sarebbe sopraggiunta a remare su questa galera in giro per il Mare Nostrum: oggi attracchiamo sulle rive egiziane, domani a Thrace, poi a Creta ed infine, alcune volte anche sulle coste della Caput Mundi.
Ogni volta i miei giorni in mare, remando, si dilatano e ripetendo il solito movimento in modo ormai meccanico, tendo a ricordare il mio passato, quando insieme alla mia famiglia eravamo felici a Roma. Amavo studiare la lingua dei letterati, cercando di comprendere la loro filosofia ed il loro modo di pensare: il mondo materiale era troppo povero per me e la ricerca di un pensiero evoluto era fonte di attrazione per la mia mente, così la frequentazione dell'Academia era dal mio punto di vista una grande fonte di insegnamento.
Il nostro maestro, Ebe, era un uomo canuto dai modi molto gentili e piacevoli, in particolar modo con me: ogni volta mi lasciavo ammaliare dalla sua dialettica e spesso mi trattenevo dopo le lezioni ad ascoltare cosa avesse da raccontare ancora. Era molto bello poter respirare ogni sua singola parola e la sua voce giungeva alle mie orecchie come il suono di un arpa suonata da una sirena; rimanevo da solo, mentre gli altri bambini andavano a giocare ed a cavalcare nelle colline fuori dalla città.

Egli stesso si rese presto conto della mia forte attrazione nei suoi confronti e forse cavalcando questo fatto e sfruttando la mia ingenuità da giovane ragazzo iniziò ad avvicinarsi sempre più a me. Ignaro di come il predatore silenzioso si stesse avvicinando alle spalle della preda quale ero, mi rendevo sempre più disponibile alle sue dottrine ed a seguirlo alcune volte anche nella sua domus per approfondire alcune tematiche. Raccontava di Socrate ed Aristotele quasi come fossero stati suoi compagni di studio ed io in silenzio lo seguivo in ogni suo volo pindarico.
Ingenuo, non mi stavo rendendo conto di come mi stesse attirando in una trappola. La trappola della sottomissione: una sera, quando ormai il sole era sparito al di là del Colosseo ed io avevo perso di vista il tempo che scorreva, mi propose un qualcosa di indecente. Ero un giovane bimbo e tutto mi sembrò inizialmente come un gioco, salvo poi quando lui mi abusò di me.
Passai dei giorni in cui ero veramente confuso e non ne parlai con nessuno: avevo il timore che il giudizio altrui potesse perseguitarmi e così nell'ombra del silenzio mi nascosi e custodendo questo segreto continuai la mia solita vita, anche se mi rendevo conto che molto fosse cambiato.

Iniziai a trovare conforto nel mare, quando in sella ad un cavallo raggiungevo le acque del litorale: qui mi sentivo completamente solo e libero. Sapevo di essere sporco di un peccato intangibile, ma raccontandolo in un taccuino personale mi sentivo ogni giorno come alleggerito. Era un sollievo per me raccontare l'accaduto ed era come se confessandomi in quel testo, fossi libero.
Per i successivi 3 anni non frequentai più l'Accademia e perfino mia madre si accorse del mio strano comportamento, ma nel pieno rispetto delle mie scelte, decise di non domandarmi nulla e lasciare che prendessi la mia strada. Ebe rimase soltanto un incubo del mio passato per diverso tempo. Il mare adesso era il luogo dove riuscivo a liberare la mia mente dall'oscurità passata per trovare nuova luce.
Fin quando un giorno di tarda primavera, nella baia di Crepolae, non trovai ad attendermi proprio l'uomo che più di ogni altro aveva segnato la mia infanzia: quell'Ebe, adesso ancora più vecchio, ma sempre sinonimo di dolore.
Fermo al limitare di quell'area di sabbia mista a scogli, lo vidi camminare verso di me. Iniziò a parlarmi, ma mentre le sue parole giungevano alle mie orecchie sentivo in me, provenire dall'interno una rabbia così dominante, che a malapena riuscivo a distinguere le sue sillabe. Mantenni il massimo dell'autocontrollo, immobile, fino a quando la distanza tra noi non divenne eccessivamente poca: mi accarezzò, come anni prima aveva già fatto. Tornò alla mia mente quella sera in cui abusò di me e subito dopo come la mia vita fosse cambiata in peggio dopo quell'evento.
Persi il controllo ed in un raptus di rabbia spinsi Ebe a terra. Era ormai molto vecchio ed io al contrario giovane e forte; urlai contro di lui tutta la mia frustrazione repressa negli anni e vidi nei suoi occhi questa volta la paura. Continuai a colpirlo con calci e spinte, mentre lui strisciava verso la riva e del sangue usciva dalla sua bocca: giunto all'acqua del mare mi scagliai contro di lui ed afferrandolo per la gola, spinsi la sua testa sotto le onde. Tentò di dimenarsi, come io non ero riuscito a fare anni prima rimanendo invece immobile. Il suo corpo dopo poco iniziò a perdere le forze, fino a quando immobile non rimase a galleggiare sull'acqua tinta di rosso dal suo sangue.

Oggi sono qui, su questa galera a remare, per scontare la pena che mi condanna per omicidio, di un uomo che non era degno di stare al mondo. Ma chi sono io per giudicarlo? Nessuno. Ma come diceva Aristotele:
“Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.”
Io continuo a guardare ancora l'orizzonte di questo mare, che prima mi ha sollevato dai tristi pensieri del passato, poi ha eliminato i fantasmi del mio passato ed oggi mi ricorda che gli errori si possono commettere ed è giusto pagare per dei peccati commessi, anche se in giovane età.

Con questo post partecipo al contest settimanale di @spi-storychain, in cui il tema era Antica Roma e l'ambientazione Il Mare

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Bellissimo racconto, complimenti. Saluti Kork75.

Grazie mille @kork75, sono felice ti sia piaciuto!

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Complimenti, un racconto denso di forti sentimenti

Grazie mille Fulvia. Sono felice che ti sia piaciuto: a te che sei una persona molto sensibile.

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