OGNI AUTO UN’EPOCA. OGNI EPOCA UNA STORIA (4 di 6): 1986 - La mia quarta macchina, una BMW 2500 rosso amaranto

Era bellissima. Lunghissima e larghissima. Grintosa, slanciata, elegante. Uno squalo! La mia prima 4 porte. Con i poggiatesta e le cinture, wow! …E con impianto a gas, ovviamente. Altrimenti la benzina chi ce la metteva?

Anche questa macchina la comprai usata. Da mio cugino Sergio, il fratello di Fulvio, quello che mi aveva insegnato a riverniciare la carrozzeria delle auto (vedi il racconto della mia prima auto, la Fiat seicento…). Prezzo: un milione e quattrocentomila lire.

In quegli anni lavoravo alla FAO: Food and Agriculture Organization of the United Nations. Facevo il doppio lavoro: di giorno lì e la sera in birreria (vedi il racconto della mia terza auto, la Volkswagen Variant…).

E ci ficcavo dentro anche l’università e le comparsate al cinema (mitica la mia performance di qualche anno prima in “C’era una volta in America”!). …Ma come facevo a fare così tante cose?!

Ok, andata. …e C’era una volta in America sia!

Ero entrato nel giro delle comparse per caso: dovevano girare una scena in cui c’era un coro e io, all’epoca, già cantavo. Baritono, per la precisione. Mi contattarono e andai.

Poi, una notte, mentre si girava, sentii il capo comparse lamentarsi con un amico: “…zzo, sò rimasto senza sigarette! E mò?!”.
In macchina avevo alcune stecche di Marlboro, che avevo preso per gli amici perché alla FAO non costavano niente (ancora non fumavo). Ne presi una e gliela regalai. Fatta. Entrai nelle sue grazie e iniziò a chiamarmi in ogni occasione. Così mi chiamò anche per “C’era una volta in America”, il mitico film di Sergio Leone.

Qualche giorno prima avevo fatto la prova costume, ma il giorno in cui si doveva girare il mio vestito di scena era stato preso da qualcun altro. Vado a casa? Non se ne parla proprio!
Mi arrabatto, cerco, disfo e, alla fine, un pezzo qua, uno là, trovo qualcosa che possa andare.
Che possa andare… insomma… sono alto un metro e novantaquattro e si può immaginare la facilità con cui ho trovato i vestiti… Erano un po’ piccoli… Si, in effetti, ero un po’ ridicolo.

Quel giorno si girava la scena in cui De Niro, appena scarcerato, viene portato per la prima volta dai suoi tre amici nel locale che hanno messo su mentre lui era in prigione. Sono in una stanza dalla quale, attraverso un foro, si può controllare la grande sala dall’altra parte, piena di prostitute e di avventori.

In fondo una scala. E da quella scala, accompagnata da un bell’imbusto che ha passato la notte con lei, scenderà la donna che tutti e quattro violentarono anni prima, durante una rapina ad un gioielliere, e che ora lavora per loro. Carol, l’attrice Tuesday Weld.

La chiameranno nella stanza e chiederanno che lei li riconosca. Ma non dal viso… Durante la rapina erano bendati… Ma andiamo con ordine.

La scena è un bordello. …ma nel senso più ampio del termine! Comparse di mezza età tengono sulle gambe ragazze seminude e, in attesa di girare, si scaldano toccandole e provandoci in modo indecente.
Dalla passerella superiore, oltre ai cameramen, gli operatori delle luci e gli elettricisti, in numero doppio rispetto alle necessità, si affacciano una quarantina di persone: infiltrati e vojeur che sberciano, sfottono e ridono dall’alto. Altra folla dietro le quinte. Teste che sbucano da ogni anfratto…

Leone è nero. Si alza di scatto e urla: “Ma che è sto casino? Nun c’è mai nessuno e oggi invece, co’ sta scena, sò tutti qui?”

Poi, guardando la scena: “Ma che fa sto vecchio? Tocca? Metti giù le mani, zozzo! Ma che è…aho!! Ma che state affà! Fermi!”
E, infine, guardando dall’alto al basso verso di me, che ero seduto proprio di fianco a lui, squadrandomi dalla testa ai piedi: “Ma che è…? Ma… come l’avete vestito questo…? …ma… …è un sacco di merda…!!”
E, scacciandomi simbolicamente con un gesto del braccio e girando la testa dall’altra parte: “Via, via, levatemelo da davanti… nun lo posso vedè!”

Ancora oggi, quando ci ripenso, mi vedo che mi allontano come Gatto Silvestro che, goffamente, cerca di fuggire al bulldog che, di fronte a lui, lo sta per fare a pezzi: in punta di piedi, cercando di non far rumore e stringendomi su me stesso per farmi piccolo piccolo per non farmi vedere…

Ma, testardo come un mulo, senza nemmeno cambiarmi, uscito di scena, mi sono messo alle spalle di Leone per godermi come girava la scena. Era fantastico!

Seduto su una sedia (all’epoca era ancora molto grasso), dialogava ora con il cameramen, ora con il tecnico delle luci…

Che obibettivo ciài Robbè? Il 50? Allora se punti il pianoforte dovresti vedere dalla pianta a sinistra allo spigolo della seconda porta sulla destra…
Si Sergè, è così…
Guarda un po’ quell’angolo Luì. Me pare un po’ scuro. Secondo me bisogna aumentà de na ventina de lumen…
Si Se’. Bisogna arzà. Na ventina de lumen giusti giusti…

Ma li mortè…!! Un fenomeno!

A un certo punto, quando sembra che tutto sia a posto e si sta per partire, Leone chiede se è stato scelto chi scenderà dalla scala con Carol, l’ex commessa della gioielleria. Silenzio assoluto… Fino a poco prima ognuno aveva la sua proposta: ciascuna agenzia spingeva il suo candidato. …ma le cose si erano messe male e nessuno aveva più il coraggio di parlare.
Vabbè, scelgo io, fa Leone.

Si gira intorno, guarda, scruta studia e, finalmente, sceglie. Lui. E indica me!
E andiamoo…!!
Il riscatto del sacco di merda!

Chi mi trucca, chi mi pettina, chi mi taglia i baffi…
No, penso, i baffi no! Stanotte faccio la comparsa in un altro film in cui avevo i baffi! (E, infatti, quella notte, il truccatore mi farà Ma non ciavevi i baffi tu?. "Chi, io? Noo…).

Poi, tra loro, tutti indaffarati intorno a me, mentre le altre comparse rosicano (sto raccomandato…), iniziano a confabulare terrorizzati: ma che cazzo di vestito gli mettiamo a questo? Chi glielo dice a Sergio che non abbiamo un costume adatto? Cazzo…

Finché qualcuno ha il colpo di genio: Ci sarebbe lo smoking di Fabio Testi…
Hai capito, si, con chi hai a che fare? Lo stesso fisico di Fabio Testi! …Da brutto anatroccolo a cigno.
Due a uno palla al centro!!

Finalmente si gira la scena.

Aspetto in cima alla scala insieme a Tuesday Weld. Chi mi dà l’ultimo colpo di pettine, chi mi asciuga il sudore. Ricky Tognazzi, aiuto regista, mi dà le ultime istruzioni: ”Al ciack prendi lei sotto braccio, scendi dalla scala chiacchierando amorevolmente, quando arrivi giù metti una mano in tasca, prendi venti dollari, glieli dai, le prendi il viso con una mano, la baci e ti allontani. Dai, è facile. Dai che ce la fai…”

Ciack, si gira.

Prendo Carol sotto braccio e inizio a scendere.
Ho la testa nelle nuvole. Non sento e non vedo niente. Mi muovo, emozionato, senza capire cosa faccio. E' nebbia fitta. E torpore.
Ma sento Leone che, sottovoce, dall’altra parte della scena, chiede a Tognazzi “Come si chiama quello”. E Tognazzi “Marco”.
Leone, urlando: “A Marcoo… ma ‘ndo cazzo vai?!”

Senza accorgermene, scendendo, scartavo sempre più sulla destra, uscendo di scena!

“Ma scenni drtitto no? Che ce vò?!”
“Si, scusa. Scusa Sergio. Mi ero confuso. Scusa.”

L’avevo chiamato Sergio. A Leone. …fra noi attori si usa… mica ero una comparsa io!

La sequenza, di ben dodici secondi!, parte a 2h, 20min e 10sec. Clicca sull'immagine per avviare il video.