Imparare ad amare i Fiori

Cara Eleonora,

non è facile per me, scrivere questa lettera.
Ricordi quando ci incontrammo per la prima volta? Avevamo una decina d'anni: ti eri appena trasferita da un'altra scuola e la maestra ti mise nel banco accanto a me. Appena seduta mi hai chiesto di spostarmi, che occupavo la tua parte e che avevi bisogno di più spazio. Ecco, forse avrei dovuto fermarmi lì, prendere per assodata quella frase, cominciare a comprendere i meccanismi che avrebbero dominato la nostra vita futura.

Invece... beh, sai com'è andata a finire. Siamo cresciuti insieme, abbiamo vissuto insieme gran parte della nostra vita. Decidemmo di passarla insieme per l'eternità, lo giurammo di fronte a Dio... non è stato il più bel matrimonio del mondo il nostro, ma è stato un bel matrimonio. Intimo e con pochi invitati. Ancora ricordo quanto si lamentarono i miei genitori: "Non intendi invitare i parenti del paese? Ma che figura ci facciamo?". Mio padre non me l'ha ancora perdonata.

Insomma, i primi due anni di matrimonio sono andati bene, non trovi? Ci siamo divertiti, ci siamo amati. Il giorno dopo il nostro secondo anniversario cominciò tutto. Ricordo la scena come se fosse qui, di fronte ai miei occhi: feci cadere per sbaglio (giuro che fu per sbaglio) quel Carillon che amavi tanto. Si ruppe in mille pezzi. Si, lo ammetto, odiavo quella triste musichetta che mettevi su ogni giorno, ogni ora. Ma non l'odiavo abbastanza da far cadere apposta il carillon.

Vedo ancora oggi il tuo sguardo di odio e le tue parole: "Mi fai schifo".
Ti ricordi quando da ragazzini leggevamo insieme il Piccolo Principe? C'è una frase che mi torna alla mente.

Così il piccolo principe, nonostante tutta la buona volontà del suo amore, aveva cominciato a dubitare di lui. Aveva preso sul serio delle parole senza importanza, che l'avevano reso infelice.

Cominciammo a non fidarci più l'uno dell'altra. Fu uno dei periodi più brutti della mia vita... un anno di litigi continui, di gastrite, di lotta per ogni stupidaggine. Abbiamo dato retta agli amici e per risolvere abbiamo deciso di dare vita ad Andrea, nostro figlio, un'anima senza colpa.

Non bastò, ovviamente. E lui divenne l'oggetto delle nostre diatribe: tu gli compravi un giocattolo, io ne compravo uno più grande. Tu gli insegnavi ad essere gentile, io gli insegnavo ad essere furbo. Povero bimbo... non posso neanche immaginare cosa abbia pensato quando di fronte a lui, durante l'ennesimo terribile litigio, mi dissi: "Non ti avvicinare più ad Andrea, stai rovinando mio figlio!".

Mio figlio: come se fosse solo tuo.

Avrei dovuto non ascoltarlo; non bisogna mai ascoltare i fiori. Basta guardarli e respirarli. Il mio profumava il mio pianeta, ma non sapevo rallegrarmene. Quella storia degli artigli, che mi aveva tanto raggelato, avrebbe dovuto intenerirmi

Da lì divenne tutto più difficile. Lasciai la casa, tornai a vivere dai miei. Ci furono gli avvocati di mezzo e quando ci sono gli avvocati tutto si complica. Solo ora... mi rendo conto di come non riesca a smettere di pensare a te. Io ti ho sempre amata, anche quando non riuscivo più a dimostrartelo. E me ne pento, mi pento di ogni singola parola, insulto, gesto che può averti ferito in passato.

Perché mi accorgo solo ora che ti amo, e ti ho sempre amata. Che eri tutta la mia vita ed ora la mia vita non ha più senso di esistere. Ieri notte mi sono messo a piangere mentre rileggevo da solo quel vecchio libricino che conservavamo ancora in libreria... sporco, scolorito, spiegazzato. Oggi questa lettera è la mia Volpe, il mio confidente, ed io sono il suo piccolo principe.

Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie.

Non voglio il tuo perdono, non me lo merito.
Quel diverbio, appena fuori il tribunale. Quella spinta di troppo... quelle luci, il clacson, il rumore di freni. Non merito il tuo perdono.

Volevo solo dirti che mi manchi, Eleonora... l'ho capito solo ora, l'ho capito troppo, troppo tardi. Andrea starà bene: i tuoi genitori lo hanno sempre adorato e sapranno crescerlo come un vero ometto.

Io? Io ti raggiungerò presto, e potremo litigare di nuovo, ovunque tu sia.
Perché finalmente...
...finalmente ho imparato ad amare i fiori.

Per sempre tuo,

Riccardo Principe

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L'uomo, scortato da due poliziotti, lasciò la lettera chiusa ed imbustata su una lapide... lasciò anche un fiore, una singola rosa chiusa ermeticamente in una fragile campana di vetro. Poi insieme entrarono in una macchina della polizia penitenziaria.

Attraverso occhi velati di lacrime, l'uomo fissò la lapide per l'ultima volta.

Eleonora Piccolo
22/10/1980 - 15/08/2017

"I fiori sono così contraddittori!
Ma ero troppo giovane
per saperlo amare"

_{Immagine riutilizzabile con licenza Creative Commons - click for source}

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NOTA: tutte le citazioni provengono da "Il Piccolo Principe" di Antoine De Saint-Exupery. Inoltre, la lettera, i personaggi e la storia qui presenti sono pura opera di fantasia