Steemit-Italia STEM | Biomassa e fondi di caffè: la batteria del futuro

in #steemit-italia6 years ago (edited)


Dai limoni alla biomassa: il futuro delle batterie è nelle sostanze organiche. Immagine di ChristianSW, CC BY 3.0.


Post aderente al progetto STEM di @steemit-italia

Introduzione

Era il 1800, presumibilmente settembre, quando in una fresca giornate nelle arieggiate sale della biblioteca dell'istituto di scienze di Parigi, il Generale Bonaparte, conosciuto ed amato per i suoi modi eccentrici, a quattro anni dalla nomina di imperatore di Francia, si pose davanti alla scritta commemorativa dell'ala principale: "Al grande Voltaire". Napoleone grattò via parte di quella scritta, raschiando le ultime tre lettere, contemplò la sua opera, e se ne andò:

"Al grande Volta"

Ovviamente questa introduzione si basa su racconti romanzati, una leggenda che fu divulgata persino dal grande Shakespeare, ma che nulla toglie all'immensa ammirazione che l'imperatore francese mostrò per il nostro connazionale Alessandro Volta. Le onorificenze di cui fu insignito Volta furono diverse: una medaglia d'oro, la quale per la prima volta nella storia cinse il collo ad uno straniero; venne insignito del titolo di "Cavaliere dell'ordine della corona Ferrea"; fu nominato senatore e sucessivamente, conte.
Tutti questi onori, per aver inventato, costruito e collaudato la prima pila.

Il primo generatore statico di corrente

La pila di Volta, rappresentò un'enorme scoperta a livello mondiale: fu il primo generatore di corrente elettrica statico che utilizzava unicamente le interazioni tra componenti chimici diversi per creare un flusso continuo di energia elettrica.
Possiamo oggi risalire al suo funzionamento grazie a diversi schemi e documenti che sono stati rinvenuti.

Non troppo diversa dalle pile a celle dei nostri tempi, seppur molto più grande, il generatore statico di corrente di Volta era composto da una pila di 'dischi'del medesimo diametro di zinco e rame alternati.

Ogni coppia di dischi è separata da un feltro imbevuto in una soluzione di acqua e acido solforico avente funzione di fluido elettrolitico.Agli estremi della pila di dischi, si trovano due elettrodi finali, il comune (+) e (-) che possiamo trovare anche sulle moderne batterie: questi elettrodi sono composti rispettivamente uno di zinco e l'altro di rame.

Tale disposizione degli elementi provoca una dissociazione del liquido elettrolitico; in altre parole, l'acido solforico a contatto con i dischi di diverse proprietà, separa parzialmente le proprie molecole reagendo con i metalli e, nel caso della pila di Volta, si può assistere alla creazione di due diversi ioni:

  • Gli ioni caricati negativamente che si dirigono verso i dischi di zinco;
  • Gli ioni caricati positivamente che invece, si dirigeranno verso il disco di rame, sottraendone elettroni.

Se si collegano quindi i due poli della pila di Volta con un filo conduttore, si crea un flusso direzionato di elettroni, cioè un circuito elettrico.

L'evoluzione

Sono passati ormai più di duecento anni dalla scoperta di Volta e, adesso, le dimensioni delle batterie elettriche si sono considerevolmente ridotte, sono più potenti, "capienti" e possono alimentare qualsiasi cosa: da un computer ad un cellulare, ad una semplice lampadina portatile.
Ma il problema che da sempre affligge questa invenzione, è l'enorme tasso di inquinamento e lo scarso rendimento energetico: una pila infatti, esaurendosi, accumula ossidi di metalli altamente dannosi per l'ecosistema.

Un comune esperimento che si conduce in quasi tutte le scuole superiori del nostro paese, porta gli studenti di elettrotecnica a crearsi autonomamente diverse fonti energetiche a bassissimo impatto ambientale: è il caso della Patata energetica, la quale collegata in serie od in parallelo ad altre patate tramite un anodo in zinco ed un catodo in rame, crea corrente elettrica. Questo fenomeno avviene grazie alle caratteristiche elettrochimice della patata stessa, che 'sostituisce' la soluzione di acido solforico utilizzata da Volta. Come si può vedere nell'immagine infatti, due patate possono bastare per alimentare un piccolo display a led di una calcolatrice. Ed è proprio basandosi sul concetto dietro questo fenomeno che gli scienziati di tutto il mondo studiano per cercare di trovare i giusti componenti biologici che possano portare energia pulita nelle case del mondo.
Le biomasse

Per biomassa, definita dalla legislazione della Direttiva Europea 2009/28/CE si intende:

"la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani"

Anche se estremamente esplicativa e di facile comprensione, si può riassumere che le Biomasse sono formate interamente da componente organico, sia questo di scarto o meno.

Le celle a combustibile alimentate con prodotti da biomasse vegetali

Lo studio della generazione di energia elettrica prodotta dall'impiego delle biomasse è stato letteralmente preso d'assalto negli ultimi trent'anni da innumerevoli studiosi, accademie, università e svariati laboratori scientifici, che parallelamente, lavorano a ventaglio su migliaia di diverse possibilità per integrare questa energia bio nelle comuni centrali energetiche, negli impianti solari e persino nelle centrali atomiche.

Gli scarti vegetali, come nell'industria agricola o forestale, possono essere utilizzati per produrre energia e combustibili.

Di particolare interesse per l'utilizzo quotidiano, sono invece le ricerche che si sono concentrate sull'ideare batterie trasportabili e su questo aspetto possiamo piacevolmente notare che, ancora una volta, l'Italia ha fatto la differenza. Un team dell'Università di Firenze ha infatti generato staticamente energia elettrica utilizzando composti organici, e pubblicando il proprio progetto sulle riviste Angewandte Chemie - international edition e su ChemSusChem riscuotendo molto successo.
Il team, ha sfruttato diversi alcoli generati dalla fermentazione delle biomasse agricole, utilizzandoli come liquidi elettrolitici che si presentavano idealmente adatti per la loro densità energetica particolarmente alta:

  • Etanolo
  • Etilenglicole
  • Glicerolo

Tali combustibili, utilizzati all'interno di una cella, rilasciano nell'aria una quantità di CO2 minima che va a controbilanciare perfettamente la quantità di anidride carbonica necessaria alle piante per riprodurre il medesimo quantitativo di biomassa durante la fotosintesi clorofilliana. Ed è questo il punto focale di tutta la ricerca: in questo modo le celle a combustibile non vanno ad aumentare i gas serra introdotti in atmosfera; inoltre, hanno un indice di GWP (Global Warming Potential) e ODP (Ozone Depletion Potential) rasenti lo zero. Basandosi sullo stesso principio di Volta quindi, sono stati condotti degli esperimenti nel tentativo di creare una pila che funzionasse con questi alcoli, le "direct alcohol fuel cells", ma si presentò subito un problema: l'anodo della batteria non poteva essere composto da metalli 'grezzi' o da leghe generiche a causa della fortissima ossidazione provocata dai liquidi elettrolitici, ma doveva essere di un metallo nobile.

Frammenti di Platino. Il platino è un metallo estremamente raro in natura, utilizzato non solo in diversi settori industriali ma anche come "investimento" a lungo termine.

Utilizzando un anodo composto da Platino, gli studiosi hanno raggiunto delle ottime prestazioni in termini di resa: trattandosi però di un metallo estremamente raro e costoso, la possibile produzione di massa e relativa vendita al pubblico non erano possibili. Il Platino fu quindi efficacemente sostituito con il Palladio, anch'esso metallo nobile e con un'ottima resistenza all'ossidazione. Come catodo invece, vengono utilizzati diversi elementi in base l'acidità o la basicità del liquido elettrolitico: la scelta dei ricercatori nostrani, è ricaduta su un catalizzatore a base di ferro e cobalto. In questo specifico studio, si è creata una batteria, capace di sostituire le comuni pile da 1.5Volt, replicandone la durata e l'intensità, ma abbattendo a zero l'impatto ambientale.

Al momento lo studio è ancora in fase di sperimentazione e si impone come obbiettivo quello di rigenerare le celle a biomassa rendendole 'ricaricabili', ma per questo, sarà necessario attendere ancora un po' di tempo.

Il caffè che ti da la carica

Più recentemente, degli studiosi della a Electrochemical Reaction and Technology Laboratory (ERTL) del Sud Korea, hanno notato enormi potenzialità energetiche nelle macinature di caffè usato.
La ricerca, come in molti altri casi, era nata per rispondere ad una domanda importante:

"come possiamo generare energia dalle biomasse, senza andare ad intaccare la fornitura di cibo o materie prime utili ad altri scopi?"

Viene facile immaginare che mentre lo scienziato Hansaem Jang si formulasse questa domanda, stesse sorseggiando del caffè caldo fuori dal suo studio, e li, si accese il genio.
L'intera introduzione del lavoro dei ricercatori di Gwangju, si basa sull'enorme quantitativo di caffè che viene quotidianamente consumato in tutto il mondo: lo scarto solido dei composti di caffè, chiamati da adesso WCG - (Waste Coffee Ground) risultanti produzione della bevanda, non hanno al momento alcun impiego e sono destinati alla discarica.

Hanno quindi creato una cella a combustibile utilizzando i fondi di caffè come elemento elettrolitico, sostituendolo al Carbonio presente nelle comuni batterie a celle, ottenendo risultati aprezzabili sia in termini di ecosostenibilità che in termini di resa.

Ecosostenibilità e resa dei WCG

💡Sapevi che...?
Il consumo del caffè è aumentato esponenzialmente nell'ultimo decennio, arrivando a circa 8.8 milioni di tonnellate l'anno. Gli scarti del caffè sono diventate solo recentemente un problema ecologico: questa sostanza è difficilmente riciclabile ed inizialmente veniva usata illecitamente per adulterare il caffè puro. La ricerca ha permesso l'utilizzo degli scarti del caffè in diversi ambiti: come additivo nei saponi, nella produzione di biogas, come substrato per la coltivazione di funghi, negli "allevamenti" di vermi, nella pacciamatura e nel compostaggio. Lo stesso Starbuck ha messo in piedi un iniziativa chiamata Terra per il tuo giardino per promuovere il riciclaggio degli scarti del caffè.

Il nuovo metodo migliora di molto la portata energetica paragonandola a delle comuni celle a carbonio, ma con emissioni estremamente più basse. Il vecchio sistema a base di Carbonio rilascia come scarto carbonioso (solido e CO2) il 94,99% della sua massa, mentre i WCG carbonizzati scendono a quota 75,57%, dichiarata "ecosostenibile". L'idrogeno invece aumenta nel metodo WCG passando da 0.14% a 0.68%. Tuttavia, la questione davvero interessante, è che che a differenza delle celle classiche, il composto al caffè rilascia una percentuale di ossigeno pari al 5.17%, contro lo 0.66% del vecchio sistema a carbonio. Per carbonizzare il composto di caffè, non è necessaria alcuna procedura dispendiosa, non vengono utilizzati forni o altri sistemi che implichino un'azione preventiva. Il composto si carbonizza durante la stessa reazione all'interno della cella, reazione che gli permette di raggiungere temperature di poco superiori ai 900 °C nell'arco di pochi minuti.

Il raggiungimento di temperature così elevate è indispensabile per il processo di gassificazione, che avviene solo sopra la soglia dei 700 °C. Durante questo process, una sostanza di origine organica viene trasformata in gas, capace di produrre energia elettrica. Anche in questo caso, utilizzando i WCG, gli scienziati sono riusciti ad arrivare a degli ottimi risultati in termini di resa. Le celle a WCG hanno raggiunto una densità energetica di 87.2 mW cm2 a 900°C, quasi il doppio della stessa cella a carbonio, che raggiungeva 46.3mW cm2, aumentando quindi la capacità di trasferire energia elettrica in un volume ridotto. Inoltre, la superficie specifica (superficie di contatto delle particelle di una sostanza) del WCG a temperature di 800°C supera quella del carbonio, permettendo un più esteso processo di gassificazione con una resa maggiore. In ultimo, le celle lasciate inutilizzate a circuito aperto, hanno un ciclo vitale maggiore rispetto a quelle classiche, appunto perché carenti di principi di ossidazione carboniosa.

Conclusioni

Le ricerche condotte nel campo bioenergetico stanno portando enormi risultati e l'unico reale scopo dei ricercatori, è quello di ridurre pesantemente l'inquinamento prodotto dalle vecchie concezioni meccaniche ed elettroniche.
Ne è una prova lampante lo stesso incremento di automobili a trazione elettrica, l'implementazione di accumulatori fotovoltaici sui tetti delle nostre case e adesso, le biomasse utilizzate come fonti energetiche.
Purtroppo questi congegni "eco" al momento sono ancora in fase di sviluppo e non pienamente funzionanti, ma non è sbagliato affermare che presto, costituiranno la nuova forza motrice del nostro pianeta.


Scritto da:@ilbirraiooo
Ispettore meccanico ed impiantista nautico, impiegato da 11 anni nel settore petrolifero nostrano. Ha diverse passioni tra cui la meccanica, l'informatica e la politica. Entrato nel mondo di steemit, si é concentrato principalmente su articoli esplicativi che riguardano il funzionamento dei motori e sulle teorie della meccanica.
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Mi piace un sacco questo post!! é davvero strabello! Non credo che avrei potuto far di meglio! Complimenti all'autore!

Sì è stupendo!! Penso di conoscerlo il ragazzo, gli porterò i tuoi complimenti!! Ahahah

Grazie mille! Poi se ti capita ti fai anche fare un autografo?

Sì, assolutamente! È uno che se la tira un po' eh..spero di riuscirci!

By the power of Google Translate, I am your non-Italian reader.
And Italian is one of the languages GT seem to translate almost perfectly.

Hope you enjoyed this work!

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