Lasciava scivolare i sorrisi.

in #poetry7 years ago (edited)

«Sei così bella. Non ridi spesso, però sorridi. Tutti ti vogliono bene, tutti ti vogliono. Come fai, cosa fai?»

Sei tanto bella, e così tanto pure soffri. Hai nascosto il vuoto dietro le belle parole. Non si vede, ma c’è. È lì e fa male, vero? I sorrisi sono smorfie di dolore. Non gioisci, non ami. Ti lasci amare, perché l’animo di chi ti circonda è debole e ti fa pena. Ma questo non basta, lo sai. Hai coperto le cicatrici, i lividi. Il tuo mondo è costruito su parole, ti nascondono e ti proteggono. A sentirle son bravi, tutti pendono dalle tue labbra. Ma chi le comprende? Chi ascolta i silenzi? I singhiozzi? Ti parlo a pochi centimetri dal viso e da qui, sento il tuo cuore martellare. È subito panico quando qualcuno scopre quanto fragile sei, non è così?»

– Lo sentiva, ancora una volta. Qualcuno l’aveva scoperta, spogliata della sua forza. Scoperto quanto infinitamente triste fosse. Quanto dolore scorresse nelle sue vene, tra le sue parole, quanta falsa armonia, com’erano camuffate le bellezze che soltanto negli altri trovava.
Lo sentiva troppo vicino, vicino a lei. Due dita nella carne, tra le costole. La verità fa male come la fame. L’amore fa male come la fame. Lo sentiva sin dentro le ossa, il freddo. La comprensione.
Qualcuno leggeva il suo dolore direttamente dai suoi occhi. Lo leggeva ad alta voce, lo metteva in mostra. Soffiava via tutte quelle parole che aveva steso ordinatamente su se stessa, tutt’intorno a lei, per ovattarsi, nascondersi. Lasciava scivolare i sorrisi, che avevano molto meno valore, e meno durata d’un pianto. Le sue lacrime, qualcuno le aveva sentite.
Era persa, ma qualcuno poteva ancora trovarla. Il punto era: voleva essere trovata?

«Tutto quest’amore, di piccole insignificanti persone, non basta, vero? Niente basta. Non riempie. Dà un senso di tranquillità, come buttarsi giù dalla finestra d’un tredicesimo piano e sapere che ci sarà un materasso a salvarti. Eppure preferiresti rischiare, sentire il dolore. Andare incontro allo schianto, con la speranza che più che un materasso lì ci siano le sue braccia aperte, pronte ad aggrapparti. Senza chiedere. Senza pensare. Solo prenderti e portarti via. Salvarti. Dagli incubi, dal buio, dal mondo. Da te. Gli ultimi anni sono stati un susseguirsi di chiusure. Chiudere i libri, le porte, il cuore, le gambe. Riempire. Di questo si tratta. Riempire le giornate, riempire i fogli dei compiti in classe, riempire lo stomaco, riempire i cassetti, riempirti d’amore. Tutto questo non serve, vero? Sembrare felice, completa. Una donna indaffarata, eppure sempre con la pelle riposata, il sorriso negli occhi. Ma la notte urli, non è così? Gli incubi sono una compagnia costante. La solitudine annebbia e confonde la tua mente. Cerchi di proteggere i ricordi. Il passato è quanto di più vivo è rimasto in te. La notte ripassi, come il rosario, tutti i baci, le carezze, le emozioni. Chiudere. Chiudere gli occhi. Riempirli di lacrime. Chiudere. Chiudere la porta: nessuno deve sentire, nessuno deve sapere, vedere il dolore. Scoprire che le paure non si dimenticano, che i mostri non spariscono, ma crescono e vivono dentro di te. Che non puoi salvarti da sola. E proprio chi può tirarti fuori dall’armadio dove ti nascondi, ti ha mostrato le spalle. Puoi disegnarti addosso un giubbotto antiproiettile, non piangere se ti sbucci le ginocchia, dormire poco, andare bene a scuola, sembrare forte, ma sarai pur sempre fatta di marzapane. Puoi proiettare un’ombra di te stessa due volte più grande, ma sarai pur sempre piccola, indifesa. Fragile, che se qualcuno ti stringe ti distrugge. Come la commiserazione.»

– Un sospiro.
Solo un sospiro.
La risposta della rassegnazione,
di te che muori
un po’ di più ogni giorno.
Solo un sospiro.
Chiudere:
gli occhi,
i polmoni;
stringi le labbra,
trattieni le parole.
È solo anidride carbonica.
Parole e sospiri.
Solo anidride carbonica.

«C’hai il viso bello e l’anima in tormento.»

196.jpg

(Le parole e le immagini di questo post sono tutte di mia proprietà intellettuale)
© Simona Scorrano

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mhmm.....piuttosto triste.

Direi di sì, lo si può apostrofare anche così..

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