ORGANIC FOOD. IS IT GOOD FOR YOU? BIOLOGICO=BUONO?

in #nutrition7 years ago (edited)

Biologico = Buono?
Oggigiorno è molto diffuso il sapere per il quale il cibo che compriamo e mangiamo sia inquinato da pesticidi ed erbicidi e che abbia perso ogni valore nutrizionale; si guarda al passato con malinconia ripensando a quando i nostri contadini non avevano prodotti chimici da utilizzare nei loro orti e tutto era “genuino”. Questo è sicuramente vero, ma
è anche vero che le rendite dei campi coltivati erano nettamente minori e si dovevano affrontare problemi come le infestanti o gli insetti che potevano radere al suolo un raccolto; tuttavia, il cibo di una volta era più sano. Ma il mondo cambia, l’ambiente cambia e l’uomo stesso cambia; nascono tecniche nuove, nuovi meccanismi che viaggiano insieme al progresso, l’inquinamento dell’ambiente e del cibo dovuto all’utilizzo di pesticidi ed erbicidi è un fatto reale, ma dall’altra parte è anche vero che la popolazione mondiale è aumentata notevolmente perciò anche le produzioni devono soddisfare le richieste del
pianeta. Purtroppo non sempre si riescono a trovare mezzi che siano positivi in ogni aspetto; i diserbanti, i concimi, i pesticidi hanno permesso all’uomo di aumentare la produttività agricola a livelli eccezionali, ma si è potuto arrivare a questo solamente a danno
dell’ambiente e del cibo stesso. Oggi infatti per ovviare a questo problema si propone di
tornare ad un agricoltura tradizionale; ma cosa si intende per agricoltura tradizionale?
Solo il fatto di non utilizzare prodotti chimici o anche ritornare alle tecniche del passato?
Si potrebbe andare incontro al rischio di non riuscire a garantire un livello produttivo
sufficiente per le esigenze alimentari del pianeta che tra l’altro aumentano continuamente
di anno in anno con l’aumentare della popolazione; inoltre tornare alle condizioni produttive (di un valore nettamente basso) del passato è improponibile ed inaccettabile per le condizioni degli agricoltori che sarebbero costretti a spendere tempo e denaro senza
arrivare ad una resa accettabile. La tradizione agricola è un tassello fondamentale per la
nostra società e come tale deve essere preservata. Per far si che questo avvenga è necessario che essa rimanga compatibile con le esigenze sociali di chi la realizza. Contemporaneamente non devono essere i consumatori a sostenere i costi di un agricoltura poco
efficiente; un’agricoltura sostenibile deve quindi garantire un’elevata efficienza a livello
produttivo, un impatto ambientale minore possibile, un efficiente controllo della qualità
e costi che siano accessibili sia per l’agricoltore che per il consumatore.
Non è di certo in un biologico a doppio costo a carico del consumatore che troviamo la
soluzione. Con doppio costo si intendono i costi dei contributi versati fino ad oggi per promuovere l’agricoltura biologica, il costo di rese produttive che sono molto minori rispetto
ad un agricoltura tradizionale ed il prezzo maggiorato rivolto al consumatore . L’agricoltura biologica non ha dato finora risultati di un miglioramento ambientale e di una riduzione di rischio per il consumatore; perciò possiamo davvero considerarla sostenibile e
futuribile per il nostro paese? Tutti i dati conducono ad una risposta negativa.
Per ottenere un’agricoltura sostenibile e rivolta al futuro, oltre a valorizzare le produzioni tipiche finalizzate alla vendita su mercati di nicchia ad elevato valore, è necessario mirare allo sviluppo di sistemi di coltivazione che abbiano un’abbondante efficienza produttiva, in modo che gli agricoltori possano ricavare un guadagno anche con
prodotti indirizzati a settori di mercato a basso prezzo che nel nostro paese stanno acquistando sempre più valore. Il problema al quale si deve far fronte oggi purtroppo è che invece di sviluppare un dibattito reale su questo tema, ora emerge con un
forte impatto sull’opinione pubblica, una contrapposizione tra i rischi dell’agricoltura
OGM e i soli benefici dell’agricoltura biologica. Questa contrapposizione è chiaramente finalizzata al sostenimento di un tipo di agricoltura con un dibattito legato solo alla propaganda politica, commerciale e di prodotto. L’azione propagandistica legata al
biologico ha fortemente danneggiato il flusso della ricerca sulle biotecnologie vegetali,
con la conseguenza di un’enorme perdita di conoscenze; dalle prime moratorie risalenti al 1998 e negli anni successivi si è arrivati ad abbandonare quasi completamente la sperimentazione in campo sulle Piante Geneticamente Modificate. In Italia diverse amministrazioni comunali e regionali si sono dichiarate OGM- free; questo è rafforzato maggiormente dal fatto che il Governo italiano stesso vieta la coltivazione di piante geneticamente modificate su tutto il suolo nazionale sia a livello sperimentale che commerciale. Ma questi divieti si basano su leggi e regolamenti che non possiedono un
valore giuridico. A questo proposito dovrebbero essere le direttive comunitarie come
la Direttiva 2001/18, che ho elencato sopra, a sancire quando sia possibile coltivare e
commercializzare un qualsiasi tipo di OGM. Esse definiscono una procedura di autorizzazione comune per i paesi Comunitari, identificando l’EFSA= Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, come responsabile della valutazione scientifica di piante
e prodotti OGM che vengono utilizzati nell’ambito alimentare e zootecnico. Un punto importante delle direttive è che stabiliscono che nel momento in cui una coltivazione viene ammessa in uno dei paesi dell’Unione Europea quest’ultima dovrebbe essere consentita anche in tutti gli altri Paesi della Comunità. Un’autorizzazione a livello nazionale può venire negata dalla normativa solamente nel momento in cui viene dimostrato che la coltivazione OGM rappresenta un rischio per l’ambiente, per la salute dell’uomo, per la coesistenza con le coltivazioni locali e per la biodiversità ambientale. Ma tutto ciò che si è affermato deve necessariamente avere una base scientifica.
Non è corretto e neanche possibile bloccare un’autorizzazione avendo come base delle
semplici supposizioni. Potrebbe essere questa un azione di puro “protezionismo” degli
interessi nazionali, in contrasto con i principi di libero scambio previsti dalla Wto23.
Infatti, per questo motivo la Comunità Europa potrebbe andare incontro a sanzioni che potranno esserle applicate dal WTO a seguito delle cause legali ormai vinte dai Paesi contrari al blocco della Ce sulla coltivazione OGM. Per quanto riguarda i fondi per la ricerca, vista la netta opposizione presente nei confronti degli OGM è comprensibile come se ne avverta fortemente la scarsità, motivo per il quale in Italia la ricerca sugli OGM ha subito un forte rallentamento. Anche per il biologico sembra che i fondi per la ricerca non abbiano mai raggiunto quote considerevoli, anche se negli anni sono stati avviati diversi programmi di finanziamento, a volte notevoli, ma a puro scopo di marketing,
per la promozione dei prodotti biologici e di aziende o associazioni con interesse per il sostegno del biologico. Ma quindi il biologico è sostenibile? E perché il consumatore deve pagare un prezzo più elevato per un prodotto biologico? Nelle diverse regioni Italiane è in corso una discussione sui nuovi Piani di Sviluppo Rurale (PSR) i quali
sono tenuti a considerare le nuove direttive comunitarie che prevedono il rispetto e la
conservazione dell’ambiente oltre ad un’idea di competitività delle produzioni cosa per
la quale il biologico resta all’esterno viste le continue richieste dell’agricoltura biologica
di contributi per il mancato reddito. Sostenibilità significa anche efficienza produttiva,
cioè produzione di qualità a basso impatto ambientale e costi di produzione. Infatti per
sostenere questa causa gli agricoltori in Friuli si sono organizzati e stanno chiedendo con insistenza di poter sperimentare ed utilizzare le varietà di piante OGM già diffuse notevolmente in molti paesi. Per ultimo, facciamo un confronto sul pericolo effettivo della salute dell’uomo tra biologico ed OGM. Prima di poter parlare di questo argomento è necessario conoscere almeno la tossicità dei fitofarmaci24, tra i quali il rame e il rotenone, composti ammessi nel biologico perché pesticidi di origine naturale e
quindi non di sintesi, ma in ogni caso sono utilizzati in laboratorio per studi sui fattori
di mutagenesi, il rame in questo caso, e di alterazioni che provocano degenerazioni
nervose che portano a malattie come il Parkinson nel caso del rotenone. Esistono numerosi lavori scientifici che dimostrano i potenti effetti di questo composto; ma questo fatto rimane oscuro al pubblico restando all’interno dei disciplinari del biologico. Cosa
totalmente contraria per quanto riguarda le piante ed i prodotti geneticamente manipolati: molto severa è stata la ricerca per la valutazione dei rischi e le normative comunitarie prevedono procedure di valutazione molto precise ed approfondite sui possibili rischi legati alla coltivazione e diffusione commerciale degli OGM. Frequenti sono
stati infatti gli attacchi rivolti all’Efsa = Agenzia Europea per la sicurezza alimentare,
legati alla mancanza di conoscenza e rispetto dell’approccio scientifico su cui è basata
tutta la valutazione degli esperti. Esiste anche un master sulla biosicurezza delle produzioni agricole organizzato con le Nazioni Unite (Unido) per lo studio e la conoscenza dei metodi scientifici adottati nella valutazione dei rischi e dei benefici delle piante
geneticamente modificate, malgrado i buoni propositi è ancora poco seguito in Italia.
Ho deciso di mettere a confronto biologico e OGM perché per una volta possiamo
tentare di evidenziare i possibili benefici dell’ultimo; finora sia da parte del pubblico
comune che esperti nel settore si è sempre fatto il contrario. Pensare solo a Biologico,
Km 0 e tipico non è di aiuto per la nostra agricoltura anzi la indebolisce e la distrugge perché è come se si fosse ciechi di fronte a tutte le possibilità di sviluppo e innovazione create da altri, seguendo il luogo comune per il quale esse non rispecchiano la sfera del sicuro e conosciuto. Continuare in questo modo significa perdere tempo, i prodotti OGM continueranno ad entrare nel nostro paese e soprattutto occuperanno sempre più spazio su altri mercati togliendolo ai nostri. Quello di cui abbiamo bisogno è passare da una visione ristretta di prodotti locali, che possono essere clonati facilmente, a nuovi prodotti locali innovativi, efficienti, di qualità, di elevata sicurezza e utili per nuove strategie di mercato. In questo nuovo immaginario è assolutamente necessario valutare il contributo che potrebbe derivare dalle biotecnologie.

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