Ozark: Breaking Bad ispira, Jason Bateman esegue

in #movies5 years ago

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Ozark

The Dark Side  of the lake  

    Voglia di stupire  
      

Nella variegatissima offerta di nostra signora Netflix vi è da qualche anno un titolo di nicchia che ha saputo però esaltarsi al punto da conquistare anche nomination importanti nonchè un paragone tematico ingombrante che è riuscito a sostenere solo in parte.
Stiamo parlando di Ozark serie prodotta, diretta in alcuni episodi e recitata da Jason Bateman, faccione rassicurante da bravo ragazzo visto per lo più in una decina di buone comedy o film improntati comunque su una leggerezza di fondo che in questa serie non traspare mai.
Ed è questo uno dei punti di debolezza della serie, troppo impegnata a creare pathos e dramma per ricordarsi di allegerire attraverso personaggi che potessero fungere da comic reliefs.
Altro punto in sfavore della serie è il paragone di cui parlavo prima ovvero quello con Breaking Bad.
Una decina di anni fa vi era la corsa alla serie che fosse in qualche modo l'erede di Lost, oggi tutti rincoronno Breaking Bad e da Orange Is The New Black, La casa di Carta a questo Ozark subito scatta l'accostamento.
Il motivo? Appena ci troviamo di fronte ad un uomo comune, un non criminale, costretto a fare il criminale parte subito la mente verso Walter White aka Heisenberg.
Tematicamente il paragone ci sta tutto ma finisce li. Non c'è quello spessore, non c'è quella costruzione, quel climax ascendente che ci porta dentro l'animo del protagonista giustificando passo dopo passo le nefandezze a cui è costretto.
C'è da dire però che se c'è una serie che può rivendicare questo accostamento essa è Ozark.





    Oltre Breaking Bad  

Mettendo da parte questo ingombrante paragone la serie è riuscita in sole 2 stagione a crearsi una propria atmosfera, una propria identità.
Se la prima stagione era stata a dir poco folgorante, una sorpresa in grado di calamitare l'attenzione di addetti ai lavori e non, la seconda ha proseguito sulla stessa falsariga ampliando la mitologia della serie, inserendo nuovi personaggi ricorrenti e soprattutto concentrando il focus dell'azione e dell'introspezione non più solo sulle spalle di Marty Byrde (Jason Bateman) ma soprattutto sulla sua sposa Wendy, interpretata da una solidissima Laura Linney. E' su di lei che si addensano le nubi più cupe ed è a lei che viene demandato il compito di chiudere la stagione con un cliffangher tanto anticlimatico quanto sorprendente.
I lampi registici che avevamo ammirato nella prima stagione sono diventati ancora più brillanti nella seconda con un Bateman in formissima anche dietro la macchina da presa, che si è esibito in piani sequenza, campi lunghi e lunghissimi e carrellate di livello assoluto.
L'atmosfera plumbea del lago Ozark e la tipicità dei suoi abitanti hanno fatto il resto, conferendo alla serie una riconoscibilità sempre più marcata.

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   Non tutto ha funzionato  


Nonostante queste premesse trionfali c'è da dire che la seconda stagione di Ozark ha lasciato più di qualche perplessità.
A fronte di una cura invidiabile per personaggi e loro introspezione vi è stata una palese voglia di accelerare, sorprendere e irrompere nella trama con delle scelte dissennate ed errori imperdonabili.
La sensazione generale è che si sia voluto puntare tutto su una storia che stesse andando necessariamente alla deriva, con colpi di scena spesso pretestuosi e continui azzeramenti delle varie storyline.
Particolarmente imbarazzante il richiamo al cliffangher dell'ottava puntata dove come per magia si è annullato il colpo di scena che aveva chiuso quell'episodio facendo dubitare lo spettatore della bontà delle scelte degli sceneggiatori.
Una forte presa in giro per lo spettatore a cui non è bastato ricorrere ad una forte sospensione dell'incredulità, strumento a cui si è spesso abituati in serie del genere ma che qui è stata messa a dura prova più e più volte.
Troppe accelerazioni inutili, troppi sacrifici pretestuosi, troppe morti senza una costruzione degna e poca cura nello sviluppo delle azioni dei personaggi secondari tra cui tutti i membri del cartello e i coniugi Snell.
A dispetto di ciò va però fatta una menzione d'onore sia per gli sceneggiatori ma soprattutto per Julia Garner, interprete di Ruth Langmore. Dopo questa stratosferica interpretazione possiamo affermare senza dubbio che è nata una stella.
La seconda stagione è stata dunque archiviata e tra alti e bassi si attende una terza dove i problemi continueranno a tormentare la famiglia Byrde, oramai risucchiata in un vortice di violenza e criminalità dalla quale non sono riusciti ad uscire o meglio, non hanno voluto uscire.





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Perso tra le montagne di Twin Peaks mi ritrovai ad Albuquerque dove un furgone mi trasportò a Westeros e a Westworld successivamente dove ritrovai una cabina telefonica inglese con un Dottore pronto a giocare a Basket o a Calcio con me e a parlare di sociale, politica, futuro, persi come fossimo sull'isola di Lost.




Attenzione!
Leggere i miei post può creare dipendenza!




Sort:  

Non ho visto la serie in questione per poter dare un mio giudizio. Credo che sia tutto soggettivo

Sicuramente, ma per poterne quantomeno discutere è necessario che almeno entrambi gli interlocutori abbiano contesto di quel che vorrebbero discutere, in questo caso che entrambi abbiano visto la serie :)

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