La vita allargata

in #life5 years ago

smartphone-1987212_1280.jpgImage CC0 Creative Commons – Pixabay




47…..
53…..
64…..
1……

Bingo si udì dal fondo della sala.
Un mugugno salì unanime. Sempre lei, sempre lei vinceva. Era diventato un monotono rituale irritante.
Tutte le sere la stessa storia. Sempre il bingo e vinceva sempre lei.

Cosa cerchi? Maria aveva chiesto vedendo Lucia intenta a frugare nella borsetta. All’unisono replicarono la domanda anche Matilde e Edda. Quattro amiche a quel tavolo della casa di riposo “il bosco”, quattro amiche a quel tavolo circondato dalla noia di numeri urlati e commenti ripetuti e vuoti. Un ingannare il tempo che ingannava la vita che scorreva inesorabile.
Lucia frugava. È scaduta tre anni fa!
Le donne incrociarono lo sguardo di Lucia con occhio indagatore. Lei capì. Si capivano così, non c’era bisogno di parlare alle volte e questa era una di quelle volte.
La patente!
Nessuna chiese il perché, nessuna! Fu istintivo. Ognuna di loro iniziò a frugare nella propria borsetta.
Com’ero giovane esclamò malinconica Maria. Le altre la guardarono sconfortate. Scaduta!
Edda scosse la testa senza parlare, riponendo il documento di stoffa rosa sul tavolo.
Matilde, restava solo lei. Tutti gli sguardi si riversarono con fiumi di speranza sulle mani perquisitorie di Matilde. Lei trovò il borsellino ed estrasse la patente senza aprirla. La pose sul tavolo sotto gli occhi delle amiche. Non ho il coraggio impaurita, anche se non sapeva bene perché doveva esserlo. In fondo lei era la più timida del gruppo e questo era noto, ma non capiva cosa ci fosse da temere.
Lucia si avventó sul documento rapace. Lo aprì lesta.
Tutti gli occhi erano di nuovo su di lei. Allora? esplose Edda.
Adesso serve solo un’auto! tuonò seria Lucia.
Un rimbalzo di sguardi in una partita velocissima di ping pong.
Ma io non mi ricordo come si guida, e poi ho 70 anni tra un mese Matilde ruppe il silenzio con voce tremula.
Seguì un minuto abbondante di silenzio irreale. Mentre il brusio di un altro bingo fatto al solito tavolo cresceva nella sala.
Matilde tu hai 70 anni, sei la più giovane tra noi, Edda, Maria noi siamo coetanee, andiamo per i 75. Io sono stufa delle minestre scotte, delle soap-opera e di queste serate monotone. Ho voglia di vivere, di allargare il tempo non di allungarlo
Era stata convincente, lo sguardo interrogativo e impaurito era svanito negli occhi delle donne.
Ce l’ho! Esplose Edda. Non nel senso che pensate voi. Non ho un auto mia, ma so dove possiamo trovarla.

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Questa è la storia che mi raccontò mia nonna qualche mese prima di morire. Rimasi a bocca aperta e sorrisi divertito. Era una pazza scatenata nonna Lucia. Mai doma, fino alla fine. Aveva voluto morire fumando un ultima sigaretta. Mi disse beh la concedono ad un condannato a morte, io non lo sono forse?




Le luci erano spente e tutti gli ospiti erano nelle loro stanze per la notte, fu allora che le quattro amiche entrarono in azione.
Sgattaiolarono astute e silenziose per il corridoio illuminato dal solo chiarore della luna, che per fortuna era quasi piena così da aiutare le signore abbastanza scarse a diottrie.
Una dopo l’altra, quasi in fila indiana. Scesero lo scalone principale e si ritrovarono di fronte alla porta dell’ufficio della direzione. Edda, che era l’ultima della fila, si voltò, poi fece un cenno con la testa. Lucia allora afferrò la maniglia, aprì ed entrarono di soppiatto.
Chiudi… sibilò Lucia verso Edda. Erano dentro. Edda chiuse e si avvicinò al porta chiavi appeso al muro in fondo alla stanza. Cercò, poi si girò verso le amiche. * Non ci sono* laconica.
Come non ci sono, cerca meglio Matilde agitata.
Non ci sono ripeté Edda in preda allo sconforto. Non le posa qui la sera
Nulla è perduto, faremo cosí…. In un lampo di genio Maria spiegò il suo piano.




L’indomani erano sedute al solito tavolo per la colazione, un po’ stanche per la notte con meno ore di sonno, ma ancora eccitate per l’adrenalina di quei momenti. Quella ricerca aveva allargato il tempo di quella notte.

Mario era entrato dalla porta principale della sala, col suo bel cesto di cornetti fumanti appena prelevati dal forno. Le chiavi nella mano destra strette tra il palmo ed il fondo del cesto.

Ce l’hai? Sibilò Lucia a Maria?
Si, si, eccola Maria facendo un buffo occhiolino.
Maria era l’unica che aveva la protesi dentaria, la dentiera insomma, che teneva su con una pasta rosa come il colore delle gengive lisce. Ne estrasse un po’ dal barattolo e ne fece una pallina. Poi si alzarono e si avvicinarono al ragazzo. Mario sorrideva sempre, era un cuore felice o forse era solo perché non era troppo sveglio. Una preda facile insomma. Edda e Matilde iniziarono a fare le smorfiose, memori di un tempo passato che le aveva viste belle e corteggiatissime. Il ragazzo posò la cesta e le chiavi sul tavolo. Lesta Maria prese il mazzo e lo passò a Lucia. Quella chiave era la vita. In fondo questa volta la risoluzione era proprio una chiave, in senso letterale e non metaforico. Con destrezza da gatta e forte del suo passato da artigiana orafa, Lucia ricavò un calco della chiave con la pasta per la dentiera. Controllò il lavoro e le sembrò soddisfacente, rifece lo stesso per l’altra faccia della chiave. Poi le ridiede a Maria che le ripose dove le aveva prese. Un occhiolino alle due intrattienitrici e un tuffo suo cornetti col sorriso che esplodeva sul volto di ognuna di loro. L’adrenalina circolava forte anche quella mattina. Il tempo si era allargato anche quella mattina.

Ma adesso che abbiamo il calco come facciamo, siamo nel bel mezzo del bosco e la città è lontana disse con voce dubbiosa Edda.
hai sempre quella collana d’oro che ti regalò tuo marito quando vi siete sposate? le disse Lucia.
Edda sbiancò, sbiascicó un si, mah, che nascondeva un non ho nessuna intenzione di privarmene.
Edda era molto legata a quel gioiello, ma non per l’oro, per il ricordo che con dolcezza la accompagnava tutte le sere prima di addormentarsi.
Le fedi! Intervenne Matilde liberando dall’imbarazzo Edda. Quattro fedi possono bastare?
Proviamo le dispose Lucia.




Quel pomeriggio si incontrarono nella sala ricreazione, quella che dava l’accesso al giardino esterno. Era la serata barbecue e c’era chi già stava avviando le braci. Lucia aveva preso un bricchetto di acciaio dal tavolo della colazione, una di quelle per il latte. Chiamò a raccolta le amiche e fece la questua di fedi. Poi indicò l’inserviente al barbecue. Edda e Matilde entrarono in azione.
L’oro delle fedi mutò il suo stato rapidamente. Un mare dorato si affacciava nel bricchetto. Un ultimo controllo allo stampo rosa e versò il liquido dorato e fumante.
Un cenno con la testa e si incamminarono ai limiti del bosco adrenaliniche come non mai.
Aspettiamo 2 ore, per sicurezza disse Lucia. Le altre annuirono.
L’attesa era carica di impazienza, ma allo stesso modo faceva in modo da non fare abbassare l’adrenalina in circolo. Erano vive più che mai in un tempo breve di un pomeriggio. Un pomeriggio con la vita allargata.




La sera si ritrovarono nella stanza di Matilde, la più vanitosa e curata delle quattro. Lucia aveva deciso così perché sapeva che era l’unica ad avere quello che le serviva. Una limetta per le unghia, acetone e smalto.
Prepararono tutto sul tavolino. Al centro la pastella rosa che aveva cambiato colore in un rossiccio smorto per il calore.
Lucia aprì con destrezza lo stampo. Gli occhi erano tutti sul e per quel manufatto aureo.
Si guardarono eccitate. Era riuscito. La chiave grezza risplendeva di una luce non dovuta all’oro.
Care, adesso lasciatemi lavorare Lucia come no voce delicata.
Si dedicò al lavoro più importante che avesse realizzato mai con la precisione dei bei tempi.
Limó, pulì e laccò. Era bellissima.
Edda la collana ordinò Lucia. Questa volta la donna non ebbe esitazioni. La estrasse dalla tasca, Lucia la prese e infilò la chiave come fosse un ciondolo. Edda la indossò. Erano pronte! Era per quella notte.
Nel tempo largo tutto scorre che sembra più veloce. Tutto così intenso che non ci si accorge delle lancette che avanzano.
Mentre tutto era buio e silenzio, si ritrovarono sulla soglia della casa di riposo vestite di tutto punto. Uno sguardo ancora con gli occhi truccati da serata di gala. Quei sorrisi di incerta bellezza. Un passo mosso insieme. L’adrenalina che corre forte. Che la notte abbia inizio…




C’è una linea sottile tra il tempo allungato e quello allargato.

Una linea sottile che si chiama vita.




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