Be kind - Riflessioni reali e virtuali.
Ultimamente, più che in passato, questa frase ha assunto un significato più profondo, più sfaccettato e importante. Non puoi mai sapere per davvero cosa sta vivendo nell'intimo una persona, vicina o sconosciuta, amica o conoscente.
Essere gentili è uno stato d'animo ma non solo. È un'educazione dello spirito che si apprende per imitazione, come la maggior parte delle cose umane.
Per sopravvivere, l'uomo, come tutti gli animali, segue degli istinti primordiali.
Mangiare, dormire, bere. Imitare. Imparare vuol dire osservare qualcosa, farlo proprio e riprodurlo.
Imita i propri simili per imparare a cacciare, un'insegnante che impartisce una lezione sull'alfabeto, i comportamenti suggeriti da uno spot pubblicitario.
Impara, imitando, a stare al mondo.
La gentilezza è uno di questi comportamenti che si apprendono nella vita sociale.
In un luogo di lavoro, per esempio, la diplomazia normalmente regna e gli scontri si evitano, almeno apertamente. Lavorare fianco a fianco, ogni giorno, con altre persone che vedi e frequenti più della tua stessa famiglia, impone che la gentilezza, la morbidezza, lo scendere a compromessi siano parte del pacchetto.
Il guardare le persone negli occhi, leggerne le espressioni, percepirne le emozioni e i cambiamenti di umore impone una riflessione e un'attenzione nei rapporti interpersonali.
Impone un filtro, il filtrare i propri istinti, smorzare antipatie, mordersi la lingua per evitare di dire cose inappropriate.
Con gli sconosciuti, qualcosa inizia a incrinarsi.
Si risponde male se in autobus qualcuno sale prima che gli altri scendano, si lancia un'occhiataccia truce al vicino di sediolino che ci pesta il piede, alla signora che ci supera alla cassa del supermercato. Corpo a corpo, quasi senza filtri.
Poi scatta un altro grado di separazione. Le telefonate di sconosciuti, di un call center per esempio. Si risponde già nervosi, pronti a liquidare con un "grazie non mi interessa". Se proprio girano, nemmeno il grazie.
Chiami la compagnia telefonica perché non ti va il modem, perché la bolletta è troppo alta, perché la linea salta. Si chiama già con l'intenzione di litigare, di farsi valere, di voler avere ragione.
L'operatore sconosciuto, dall'altro lato, diventa il materasso su cui dovrebbe rimbalzare la rabbia. Peccato che anche tu diventi il materasso della rabbia dell'operatore.
La gentilezza appresa, va a farsi benedire.
Poi arriva il fantastico mondo virtuale. Innumerevoli gradi di separazione. Non un volto, non uno sguardo, nessuna voce, nessun contatto. I tasti digitati su uno schermo o una tastiera, un monitor grande o piccolo, sconosciuti senza nome è senza sostanza.
Solo idee.
Solo mondi digitali in cui essere liberamente se stessi.
In cui apparire liberamente come si vorrebbe.
In cui far vedere di se solo cio che si vuole.
In cui seguire gli istinti, lasciar perdere il buon senso.
Se quel giorno l'istinto dice di prendersela con il primo venuto, che guerra sia.
Se la rabbia repressa di una giornata di lavoro non trova sfogo da nessuna parte, che parta il litigio, la polemica, le recriminazioni, il voler avere ragione a tutti i costi, con il primo che capita su una chat, su un blog, su un social network ma rigorosamente con persone che non rientrano nella propria cerchia di conoscenti "reali".
Se ci si lascia coinvolgere dal vortice, una giornata serena diventa pessima per la rabbia letta e recepita in una chat. Come se non bastasse quella che si affoga quotidianamente.
Per fortuna non è sempre così.
Il web è uno strano esperimento antropologico.
Puoi chiacchierare con persone che sono solo un nickname e una foto profilo, e considerarli forse più amici di tante persone che hai incontrato.
Puoi fare quattro risate o parlare del passato e della vita, come non faresti mai con nessuno sconosciuto. Fai in modo di tirar fuori tutta l'empatia che hai per provare a superare l'ostacolo del non vedersi di persona, non conoscere un nome o una vita.
L'essere umano è al centro di tutto, ma è sempre nascosto e di nascosto può agire.
Di nascosto può esprimere il suo estro creativo, le sue aspirazioni letterarie, culinarie, economiche, storiche, filosofiche. Può essere, di nascosto dalla vita reale, chi non può o non riesce a essere nella società in cui vive. Può essere il leader di un gruppo anche se nella vita fa il rigattiere, l'esperto di finanza senza avere un euro in banca, lo scrittore anche se a scuola aveva 2 in italiano.
Puoi essere chi vuoi, perché nessuno sa davvero chi sei. Puoi essere chi sei e cercare di perfezionare te e la tua vita.
Puoi essere gentile e aiutare gli altri nella loro battaglia quotidiana che sicuramente, inevitabilmente, stanno
vivendo, in piccolo, in minuscolo o in grande.
O puoi almeno provarci.
[Testi e foto sono miei. Foto scattate a Londra nel 2016, nell'East End con la mia Nikon D 3100 / 55-200 mm]
Uau, testo quasi poetico!
:) i flussi di coscienza notturni !
Bellissime riflessioni che condivido assolutamente. Ti si legge tutta d'un fiato
Ti ringrazio per aver trovato il tempo di leggere!
Sai cosa? Non mi sono mai piaciute le persone che se la prendono con chi capita (ovviamente soggetti inferiori o più deboli) per sfogare una rabbia che non ha niente a che vedere con quella persona. È segno di debolezza, di scarsissimo autocontrollo. Mi sono sempre tenuto lontane le persone che fanno così, nei limiti del possibile. Bel post
Non piacciono neanche a me.
Ma oltre che una critica, è anche un'auto -riflessione. Quante volte ero nervosa e stufa parlando a telefono con l'operatore di turno? Certe piccole cose a volte non si controllano, soprattutto quando non si notano. Bisogna farci caso è migliorarsi, per quanto si può! :)
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