Vita di un uomo: L'antitesi della libertà-parte 2
II sole non lo vede più, in quanto di notte lavora fa il portiere e spesso pensa che l'albergo offre il vantaggio di potere fare a meno di uscire, anche se sinistro tale vantaggio ma è pur sempre un piccolo universo.
Assurdo come il grande, in cui i destini delle persone che per una o alcune notti sono passati di qui si intrecciano con la partecipazione silenziosa del portiere.
Destini che parrebbero diversi ma che poi sono tutti uguali. Si sente partecipe dello sporco che tutti i letti accumulano in segno di gloria di una società che ha fatto dello sporco il suo vessillo, e non è lo sporco delle prostitute, degli omosessuali o degli amanti fugaci ma lo sporco di questa civiltà che eleva cinismo ed egoismo a dimensione culturale, determinata a cancellare le ultime tracce che riconducono all'uomo.
Luca si alza di scatto e si porta innanzi alla finestra e nota di come il traffico del centro di milano sia straziante come sempre, traffico di automobili, abitacoli che nascondono volti che non sopravviverebbero nel diretto impatto con lo sguardo del simile. Si crede di discutere con la sagoma della propria auto, ma in fondo si sa che non si parla con nessuno perché non si vuole più ascoltare la comunicazione è interrotta da molto tempo, da molti secoli o non c'è mai stata.
Un'altra serata e un'altra notte e non c'è più tempo per capire, in quanto occorrerebbe slegarsi dagli ingranaggi sociali in quanto forse l'uomo è l'antitesi della libertà.
Fuma avidamente circolando per lo stanzino e pensando al romanzo che ha interrotto non sapendo se continuare o fermarsi ed è convinto che la salvezza di ognuno di noi è nell'incertezza e che alla fine delle crisi che si attraversano, torna il terrore della normalità dalla quale si è schiacciati. Forse troppo tardi per tutto e troppo presto per morire e di un'età indefinibile e con un diabolico fascino degli attori il cui sguardo sopravvive per inerzia.
L'estate che Luca nacque fu tra le più calde che si ricordino, ogni giorno un diluvio di fuoco irrompeva dal cielo e calava implacabile sui contadini arrampicati nelle coste a mietere il grano, torturandoli impietosamente nella morsa di una calura che toglieva ad essi linfa e respiro.
I contadini trovavano un pò di pace solo la sera, sforzandosi di stare svegli il più a lungo possibile per godere di riposo e frescura e il sonno non tardava a risucchiarli, per la troppa stanchezza ovunque si trovassero: sotto il carro, sui cigli dell'aia, ma il tutto insufficiente a riprodurre energie necessarie per affrontare un nuovo giorno lavorativo.
Durante la mietitura non facevano mai soste lunghe, gli animali s'imboscavano tra i pantani o nelle gole dei torrenti senz'acqua, per allontanare le mosche:esasperate dalla canicola le vacche scomparivano nel bosco dell'aspro, sconfinato e impenetrabile, cosi' che i contadini dovevano rintracciarle sulle orme delle campane che portavano al collo.
Maria raccolse covoni fino al giorno prima di partorire e la sera i dolori divennero preoccupanti e Giuseppe, suo marito andò a piedi in paese a cercare qualcuno che avesse la macchina. Ritornò con il camion di un muratore, l'unico che si era reso disponibile, e quindi Maria poté raggiungere l'abitacolo per poter contare sull'appoggio di parenti, e cosi' la mattina successiva venne al mondo Luca, nel mese di luglio.
Uhmmm il discorso inizia a prendere forma...
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