Le verità e le menzogne di Rashomon

in #ita7 years ago (edited)

Non riesco a levarmi dalla testa "Rashomon", un vecchio film di Kurosawa (non ricordo l'anno). Beh ve lo racconto come l'ho visto io.


Rashomon

Alle porte diroccate di una città giapponese del XV secolo, durante un acquazzone, tre individui (un monaco, un passante e un boscaiolo) trovano riparo e intavolano una discussione a proposito di un delitto.
Un samurai e sua moglie mentre percorrono una strada sperduta in mezzo a un bosco vengono aggrediti da un famoso brigante. La vicenda si conclude con la morte del samurai.
Il brigante (arrestato), la moglie e il samurai morto (attraverso la mediazione di una maga) espongono ognuno la propria versione dei fatti attraverso il racconto del monaco e del boscaiolo anch'essi coinvolti; il primo per aver incontrato la coppia sulla strada prima che si compisse il delitto, il secondo per aver visto, secondo la sua testimonianza, i fatti nel loro svolgimento. Quest’ultimo sostiene che tutti e tre gli interessati hanno mentito ed espone la sua versione (la quarta) al monaco e al passante, dicendo di essersi guardato dal riferire nella totalità tutto quel che sapeva alle autorità perché non voleva essere coinvolto più di tanto.

Il film sembra una discussione sulla verità, sulla maniera in cui volenti o nolenti, consapevoli o meno, tutti siamo portati a selezionare e interpretare gli eventi a seconda della nostra indole.
Interessante notare le differenze fra le varie versioni; se il brigante porrà l’accento sulla propria abilità, la moglie tenterà di descrivere la sua debolezza di donna, il samurai il suo onore e il boscaiolo tenta di sminuire la propria meschinità cercando di illustrare la codardia del brigante e del samurai durante il loro duello finale. Piccoli dettagli che lasciano la corte-pubblico-noi (che deve trovare la verità) perplessi e non definitivamente convinti su quale e di che qualità sia il grado di menzogna che ogni versione reca con sé. Ognuno ha il proprio interesse a dare più o meno peso a certe circostanze, certi dettagli della vicenda, ma sono talmente flebili, poco enfatizzati che non si riesce a capire quale sia il vero livello di consapevolezza menzognera che ogni personaggio ha.

Siamo quindi alle porte della verità e un acquazzone ci costringe a rimanerci fino alla conclusione della quarta versione, quando il cielo si schiarisce (sembra però che Kurosawa per girare quest’ultima scena abbia atteso lungamente ma invano il passaggio di qualche nuvola) e i tre trovano in un angolo della costruzione diroccata un neonato abbandonato. Dopo una discussione nella quale vengono messe in evidenza le mancanze del boscaiolo il passante scompare dalla scena lasciando gli altri due alle prese col bimbo.
Il boscaiolo deciderà di accoglierlo nella sua famiglia, quasi come fosse una forma di redenzione dai suoi peccati passati, e se ne va col piccolo in braccio per un finale eccessivamente “luminoso” poiché gran peso nella narrazione ha anche il ritmo fra luce e tenebra.

Chi è che rimane sotto il tetto della porta, a “Rashomon”? Il monaco, portatore di fede per scelta di vita. Curioso notarlo...!

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