Storia Breve: Cose che non possono essere tolte

in #ita7 years ago (edited)

Quando lei risaliva la collina fissava la casa, quel punto lontano farsi sempre più vicino, lui era li, il diavolo, seduto in poltrona, gli occhi riversi, le mani sporche di ciò che era dentro, le rughe rivolte verso il cielo. Ma ciò che detestava di più era il suo odore, la sua essenza si impregnava nei cuscini, nei soldi, nei bambini, apriva la finestra per cacciarlo fuori ma l’aria fresca non bastava e l'alcool non se ne andava. Quando rientrò, il fantoccio era ancora sul divano, non avrebbe saputo dire se stesse dormendo o fosse svenuto. La loro complicità si era bruciata col tempo, come quelle rughe era un solco, un ricordo offuscato che un tempo li aveva resi felici . Lo fissò prima di salire le scale e abbandonarlo al vuoto, sperò che non si riavesse, che stesse lì, una foglia secca sul divano.

C'erano notti che faceva solo tre passi, poi si accasciava a terra, era un cane randagio, un bastardo senza arte né futuro, ficcava le unghie nel tappeto e ringhiava per convincere se stesso che in fondo non era del tutto morto. Ma erano le notti in cui Tom era lucido che Gemma temeva quando sentiva il suo respiro pesante, quando le saltava addosso come una bestia storpia e la picchiava, lei non ne aveva mai chiesto il motivo, stava li con gli occhi serrati senza il coraggio di guardare, lui la lasciava lì, come se avesse appena giocato con un gioco proibito; lei apriva la finestra ma da questa ne uscivano soltanto i ricordi, i dialoghi mai avvenuti e la speranza, troppo pesante per andare lontano. Una notte, prima di essersi chiusa in stanza, si sedette alla finestra, il suo sguardo si posò lontano fino alle luci della grande città, fino ai rumori, fino alla vita, ma fu distratta, c’era qualcosa al di sotto, il buio si burlò di lei dandogli sembianze strane, ma quando scorse i suoi piccoli occhi lucenti non ebbe più dubbi. Cosa ci faceva quello schifo, quello scarto della società sotto la sua finestra? Per un attimo il topo ebbe un sussulto, Gemma rise, gli lanciò un pezzo di pane e si rasserenò che almeno la propria vita non fosse cosi riluttante. Anche il topo dal canto suo la fissava, era incredulo sul comportamento degli umani, aveva pensato che mettessero in gabbia solo gli animali ma, fissando la donna, capì che si sbagliava: tornò ad osservarle i graffi sul volto, se non fosse stato che viveva lì da molto tempo avrebbe pensato che fossero di un animale feroce, ebbe pena di quell'essere chiuso in gabbia e si rasserenò per quello che era, non avrebbe mai voluto essere come lei.

Poi accadde tutto velocemente, Tom apri la porta di scatto, stava uscendo, aveva bisogno di bere, vide il sorcio e iniziò a prenderlo a calci. "Smettila!” urlò Gemma, non l’aveva mai visto picchiare nessuno al di fuori di lei e vedere quella scena fu come assistere al proprio fallimento, non le importava se quello fosse un topo o il figlio mai avuto, Gemma si sentiva sconfitta. Tom al contrario rideva “Cosa credi di fare donna?" le urlò da sotto, Gemma agi di impulso, prese il pesante candelabro e lo colpì, Tom cadde a terra. Era un gigante sconfitto? Un mostro senza forze? Lei gli si avvicinò, no, era un uomo solo. Il topo e la donna si fissarono negli occhi, poi ognuno prese la sua strada, lei corse nel bosco verso quella vita che aveva sempre osservato da lontano, non sapeva cosa avrebbe fatto, né dove sarebbe andata ma si godette quel momento, il vento fresco sul volto e la casa sulla collina che finalmente si faceva lontana. Anche il topo tornò alla sua tana, dai suoi piccolini, un pensiero lo colpì prima di addormentarsi: esistono, cose come la libertà e il rispetto che non possono essere tolte a nessuno.

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doloroso e violento, ma molto bello

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