Una storia al giorno, puntata numero 2: La bottega di KabulsteemCreated with Sketch.

in #ita6 years ago


(foto da images.pondt.com)

INTRODUZIONE

Come detto alla prima puntata, queste storie fanno parte di un progetto editoriale in cui cerco di raccontare storie per ragazzi in modo avvincente, ma al tempo stesso profondo.
Raccontandogli una storia si cerca di insegnare LA storia, le dinamiche, il mondo che non conosce. Provo a mostrargli il bene e il male delle cose, di creare coscienze e non presenze.
La storia di oggi è frutto di una collaborazione con una amica. Colpita dal cacciatore di aquiloni e da quelle tematiche, mi propose di scrivere una storia insieme. Poi me la regalò, visto che il progetto era più grande di lei, che aveva altri interessi, così la modificai, la sistemai e gli diedi la seguente forma.
Buona lettura.

"LA BOTTEGA DI KABUL"

Era da poco salito. L'auto scorreva tra le mura rimaste intatte e i monconi di quello che sarebbero dovuti essere palazzi di tre o quattro piani.
Giro l’angolo e vedo l’insegna: “La penna di Asef”.
Fermo il taxi.
Nel silenzio che regnava, lei penzola agitata dal vento e sbatte contro il vetro di una porta.
Mi avvicino e sbircio all’interno, dove vedo cumuli di fogli e libri. La polvere che li ricopre è testimone del tempo che passa per le cose lasciate da parte.
Se solo fosse possibile, anche le persone vivrebbero coperte di polvere. Anche Asef sarebbe ricoperto di polvere. E come lui il mio cliente. Quando l’ho visto sollevare il braccio per fermare il mio taxi, non ho potuto fare a meno di notare l’orologio che gli cingeva il polso. Riflettendo il sole, ha emanato un luccichio bello forte, come un faro nel porto.
Salito sul taxi l’ho guardato dallo specchietto retrovisore. E’ un signore sulla settantina.
Le rughe gli segnano il volto. Le orecchie, grandi e dai lobi appesi, assieme ai pochi capelli grigi glielo incorniciano. Quando si è seduto sul sedile posteriore, ha inforcato un paio di occhiali e ha tentato di leggere l’indirizzo scritto sul foglietto che aveva tra le mani. Non parla bene la mia lingua. Arresosi, me lo ha posto con garbo e il suo orologio, di nuovo, ha emanato un luccichio.
La destinazione era la bottega del vecchio Asef.
E’ un luogo che conosco bene, poco distante da casa. Da piccolo mi intrufolavo lì dentro e spiavo il lavoro attento e meticoloso di quell’uomo.
Asef è un calligrafo. Per mestiere, quindi, rende belle le parole scritte. Adoravo guardalo intingere il pennino nell’inchiostro e farlo scivolare sulla carta. Lui, attraverso un paio di occhiali poggiati sulla punta del naso, con occhi esperti già vedeva le strade che l’inchiostro doveva percorrere. Già sapeva cosa quel nero doveva mostrare anche ai nostri di occhi.
Un giorno Asef mi prese sulle ginocchia e, tenendomi la mano ben stretta attorno al pennino, scrisse un nome. Amir. I riccioli della ‘A’ iniziale e della ‘r’ finale, le rotondità della ‘m’ centrale presero subito forma. Mentre percorrevamo il rigo con la punta del pennino, Asef lentamente diceva “Aaaa-mi-r”. L’inchiostro impiegava qualche secondo per penetrare nella carta e la carta, macchiata da quel nero, non era più liscia come all’inizio. Aveva addosso un solco, indelebile. Anche Asef aveva il viso solcato dalle rughe. Come l’inchiostro il tempo lascia segni.
Gli chiesi “Chi è Amir?” Lo sentii sospirare e, con la voce di chi porta il peso della rassegnazione, mi raccontò di giorni lontani e volti sbiaditi. E di un volto in particolare, quello di Amir, suo fratello.
All’età di 13 anni, Asef fu costretto a dirgli addio. La famiglia, poverissima, non era in grado di provvedere anche a lui e, per questo, Amir fu venduto per pochi soldi. Di quel bambino, nella memoria di Asef, era ancorata l’immagine di riccioli neri e sandali impolverati. Ne ricordava la risata scoppiettante e i denti, sporcati dai datteri, durante i giorni di festa. Ricordava le corse attorno alla casa di fango e i sassi tondi che si divertivano a incidere. Su due di questi avevano inciso i loro nomi e se li erano scambiati il giorno in cui Amir era partito.
Da quel pomeriggio di Settembre, di lui non erano rimaste tracce. Solo voci che lo credevano in Occidente. Se solo avesse potuto, Asef sarebbe partito l’indomani di ogni giorno della sua vita, pur di ritrovarlo. Ma il vecchio calligrafo non ha mai avuto occasione di lasciare la sua bottega, né Kabul. Con quel poco che riesce a racimolare a stento ci vive. Così Amir, per lui, non è mai cresciuto. Nella sua mente continuano a esserci solo immagini sbiadite. Un bambino che corre per la strada, un bambino che ride, che piange e delle braccia che se lo portano via.
Guardo dentro.
Il vecchio Asef siede al suo scrittoio con il capo chino. Il cliente mi ringrazia e mi mette qualche spicciolo in mano. La portiera si chiude facendo rumore. Metto i soldi nel cruscotto e con la mano tolgo un po’ della polvere che lo ricopre. Aspetto per partire. Vorrei fare un cenno ad Asef, per salutarlo. Ma lui è impegnato. Il mio cliente, ora suo, gli sta parlando. Mi incuriosisco, continuo a osservare.
Ecco che infila le mani nella valigia e tira fuori un ciottolo tondo e grande quanto un pugno.
Vedo il volto di Asef impietrito. Lo vedo alzarsi, incurante dei fogli che cadono e dell’inchiostro che si rovescia. Stento a crederci. Non può essere.
L’uomo lascia cadere la sua valigia a terra. Poi è tutto un alternarsi di mani sul viso e espressioni incredule.
Vedo quei due vecchietti andarsi incontro e stringersi in un abbraccio composto ma caldo.
Li vedo vecchi. Li vedo bambini. Li vedo fratelli.

IL MESSAGGIO


(foto da cdn.cnn.com)

Questa è Kabul.
Il messaggio è più che chiaro direi.
Pochi ragazzi hanno il coraggio di vedere un telegiornale, di capire cosa succede fuori dal mondo. "C'è la guerra", "la gente è povera", si ma quanto povera? Cosa è una guerra? Quali sono le conseguenze?
Questo non viene detto.
Questa storia vuole sollevare un pò di magone nei ragazzi, e invitarli a scoprire l'orrore di quel mondo.
Per poi decidere, forse, di cambiare qualcosa che non va. Visto che di cose da cambiare ce ne sono.

Sort:  

This post has been ranked within the top 25 most undervalued posts in the first half of Oct 30. We estimate that this post is undervalued by $25.93 as compared to a scenario in which every voter had an equal say.

See the full rankings and details in The Daily Tribune: Oct 30 - Part I. You can also read about some of our methodology, data analysis and technical details in our initial post.

If you are the author and would prefer not to receive these comments, simply reply "Stop" to this comment.

Coin Marketplace

STEEM 0.30
TRX 0.12
JST 0.033
BTC 64534.17
ETH 3150.15
USDT 1.00
SBD 4.01