"Una storia al giorno". Puntata n.1: "Per fare un albero"steemCreated with Sketch.

in #ita7 years ago


(foto da www.incisionilasermercuri.it)

INTRODUZIONE

Oggi voglio iniziare una nuova rubrica, "Una storia al giorno", un piccolo progetto che iniziai tempo fa per dare ai genitori la possibilità di raccontare delle favole ai loro bambini o per dare ai ragazzi dei racconti brevi con cui iniziare a sviluppare il proprio senso critico. Le storie sono apparentemente semplici storie, ma in realtà hanno un significato recondito che andrò a spiegare a fine storia in maniera molto breve. La prima che vi propongo ha come target ragazzi del liceo o delle medie, è un pò colorita proprio per dare un pò di pepe al tutto, ed è abbastanza corta da non richiedere chissà quale attenzione. Buona lettura!


(foto da www.livingdeco.it)

PER FARE UN ALBERO

Sono un albero.
Eh si, gli alberi parlano, che ti fa strano?
E che pensi che passo il tempo solo a fare le foglie verdi o a farmi fare la pipì addosso dai cani?
Oppure a farmi sfregiare dai fidanzatini, dio quanto li odio i fidanzatini che mi tatuano addosso promesse che non manterranno mai, o quasi.
Dicevo, sono un albero, un pioppo per la precisione, nato e cresciuto a Roma, villa ada.
Bella villa ada, con quell’odore di erba bruciata, cannabis dico è. Drogati e assassini.
Dicevo, forse ci conosciamo. Forse vi siete poggiati a me leggendo un libro, o forse magari avete fatto un riposino all’ombra dei miei lunghi rami. Mi ricordo tutti voi, mi fate molta compagnia ed è un dispiacere quando ve ne andate. In fondo sono un albero, e se vi provassi a parlare scappereste tutti.
Eppure un giorno qualcuno non è scappato.
Era un giorno ventoso e pioveva forte. Troppo forte. Tremavo anche io, grande e grosso, tremavo di paura, pensavo potessi venire portato via dalle forze di mamma natura. Stavo quasi per cedere, quando vidi da lontano una bambina correre verso di me, fino a mettersi al riparo dietro al mio tronco.
Era tutta fradicia, i capelli sugli occhi, e le mani strette attorno ad un libro, carta, alberi, si è doloroso anche questo. Però lo difendeva dal vento, come fosse uno scrigno, anzi meglio, un bambino.
Non ho mai capito se piangesse o se era la pioggia, ma ad un certo punto iniziò a parlarmi.
“Speriamo che resisti, che senza di te a casa non so se ci riesco a tornare”.
“A me dici?” pensai tra me e me, mentre il vento soffiava sempre più forte.
“Ma secondo me ce la fai, sei forte e grande, io credo in te”.
“Oddio e ora? Questa mi parla!” continuai a ragionare nel mio tronco. “Che faccio gli parlo? E se scappa?”
Nel frattempo si rannicchiò, ginocchia al petto, e libro ancora più stretto a lei. Ed io ero il suo unico riparo.
La pioggia non cessava di battere sul mio tronco. Ero stanco. Molto stanco. Quasi sul punto di cedere, quando la ragazza si alzò e disse “forse è il caso che provo a scappare via di corsa, se rimango qui rischio che mi cade addosso pure l’albero”.
Era sul punto di fare uno scatto per trovare un nuovo riparo quando presi coraggio:
“Ferma ti prego!”
La ragazza rimase immobile. Mi guardò con gli occhi più sgranati che avevo mai visto.
“Ferma ti prego, non mi lasciare solo” dissi.
Lei ancora senza parole mi guardava spaventata.
“Non avere paura, sono solo un albero che ti sta parlando”
“Un albero che ti sta parlando”, ma come cavolo me ne ero uscito eppure lei si mise a ridere.
“haahahahahahah, e ti sembra normale?”
“Beh si, almeno per me” risposi
“ Ne ho viste tante di cose strane, ma un albero che parla è nuova” disse con il vento sempre più forte. “però ora devo andare via, il vento è sempre più forte!”
“Ti prego rimani, ho paura” dissi io.
“ Di cosa?”
“Di volare via.”
“Tu non puoi volare via, sei grande e grosso.”
“Ma se prima hai detto che secondo te non ce la faccio”
“Ma era un modo di dire, guarda che tronco che hai, neanche riesco ad abbracciarlo tutto” disse mentre provò a farlo. E quando lo fece sentii il suo calore. Il suo battito. Era la prima volta che qualcuno mi parlava ma soprattutto la prima volta che mi abbracciava ed era bellissimo.
“Visto? Non ci riesco.”
“Ti prego bambina, provaci di nuovo”
“Ma hai visto che non ci riesco”
Aveva ragione, ma volevo un altro abbraccio.
“Se vuoi però ti aiuto”
“A fare cosa?” chiesi.
“A non avere paura” e mi abbracciò forte. “Ora ti tengo io, vedi che il vento non ti porterà via.”
Sapevo che il vento non avrebbe battuto ciglio di fronte a quei pochi chilogrammi di zavorra in più. Ma avevo un motivo per non dargliela vinta, uno in più.
La bambina mi strinse sempre più forte, non prima di aver nascosto il libro sotto la sua maglietta. Ed io iniziai a stringere sempre di più le mie radici. Il vento soffiava, e noi non ci spostavamo di un centrimetro.
La pioggia picchiava su di me, ma ormai non la sentivo più. La bambina mi dava calore e forza, ed io non avrei permesso a niente e nessuno di togliermi da quell’abbraccio.
Passammo due ore così. Alla fine lei si addormentò quando si accorse che il vento ormai aveva rinunciato a buttarmi giù.
Si accasciò per terra, ed il libro scivolò fuori dalla maglietta, finendo su suo grembo, mentre il suo corpo era ormai adagiato tra le mie radici.
Cercai di leggere il titolo .“Per fare un albero”. Parlava di me.
La mattina dopo la bambina si svegliò. Prese il suo libro e andò via.
“Non mi ha salutato, forse pensa di aver sognato” dissi tristemente tra me e me.
Ed invece dopo due giorni si presentò da me, con il libro in mano, e con due signori, un uomo ed una donna, con lei.
“Mamma, papà, lui è l’albero di cui vi ho parlato”.
“E’ bellissimo tesoro” fecero all’unisono. “ Però vedi che non parla?”
“Vi dico che parla!”
“Amore ti sei sognata tutto quando ti sei persa, forse la paura, ora andiamo a casa e lasciamolo in pace”
Volevo aggiungere qualcosa, ma non potevo parlare. C’era troppa gente intorno a noi, avrei spaventato tutti e chissà cosa ne avrebbero fatto di me.
“Va bene papà” disse la bambina rassegnata.
Stava di nuovo andando via, e forse non l’avrei rivista più. Poi disse:
“Un attimo papà” e corse da me per abbracciarmi.
“Sono dei zucconi, ma io lo so che parli, passo più tardi che ti voglio raccontare il libro che ti sto leggendo”.
E corse via.
Dicevo sono un albero.
Un albero che parla. Sempre con la stessa bambina, o dovrei dire ragazzotta. E’ cresciuta un po’, e con pazienza è diventata forte ed intelligente.
Mi ha fatto conoscere tanti suoi amici, e anche qualche ragazzo più speciale.
Qualche volta è venuta a piangere, altre con il sorriso sulle labbra.
Oggi è qui sotto che legge il suo libro alla sua piccola di pochi anni. Le ha appena chiesto “mamma come posso fare per fare anche io dei bambini”.
Lei mi ha guardato. E ha risposto:
“E’ un po’ come si fa per fare un albero”.


(foto da http://static.panorama.it/)

SIGNIFICATO (e potete anche non leggerlo e interpretare il tutto come volete)

Questa storia parla di un pò di cose.
Della forza di un abbraccio sincero. Della bellezza di un amicizia. Della fiducia.
Parla del rispetto per la natura e delle cose che si hanno. Parla della delicatezza e del modo di porsi con gli altri.
Parla di empatia. Non voglio spiegare meticolosamente tutto, ma è chiaro come l'albero rispecchi un qualcuno che vorrebbe solo essere ascoltato e che ha bisogno di un pò di amore per dimostrare la sua forza. Bullismo, chiusura in se stessi, ed ogni altra forma di soppressione del diverso, sono contenuti in questo racconto, dove un albero (simbolo della solitudine) non può parlare con nessuno perché tutti scapperebbero via (la incredulità nel credere che il diverso abbia cose interessanti da dire). Un albero che però riesce a dimostrare la sua forza quando qualcuno crede in lui.
Mi fermo qui, perché il succo del racconto è racchiuso nella dolcezza di un gesto e nella capacità di quel gesto di avviare un percorso interiore negli altri. Un abbraccio donato a chi ne ha davvero bisogno può smuovere più di quanto pensiamo.

"I sorrisi non li pagate. E a quanto pare non fanno male a nessuno, per cui sorridete, pure a costo di sembrare scemi. Sorridete"

(frase dell'autore, che è un pò scemo)

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To be continued, I hope. Bello, davvero.

progetto molto interessante, e racconto delicatissimo, bravo!

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