Tre per zero è uguale a tre - Libro I - Capitolo III

in #ita6 years ago (edited)

TRE PER ZERO E' UGUALE A TRE

CAPITOLO III - LA MATTINA

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«Ci sono due categorie di libri: quelli che ti leggi sulla tazza del cesso, e quelli che non leggi sulla tazza del cesso» pensava Garrincha nel bagno di casa, mentre teneva sulle gambe “Il giocatore” di Dostoevskij.

«Questo è uno da tazza del cesso» continuò tra se e se.

Che poi il giovane non lo intendeva in senso esclusivamente negativo, perchè anche tra i libri da leggere sulla tazza del gabinetto Garrincha sapeva distinguere due ulteriori sottocategorie, quelli da meditazione e quelli da lettura fugace, in base anche alla velocità di liberazione che il momento richiedeva. Diciamo che però in generale il bagno era la dimora dei libri più ostici che aveva, in un senso o nell’altro.

«Questo però non è male, anche se forse un pò lento» pensò a fine seduta, guardando la copertina.

Aveva sentito così tante volte parlare di quell’autore, che aveva pensato che leggendolo avrebbe acquisito un non so che di dotto ed erudito. Ed invece era soltanto un ragazzino su una tazza del water.

Soleva iniziare così le sue giornate il buon Garrincha, liberandosi di un fardello che rischiava di farsi sentire durante le ore di scuola, quando l’unico bagno accessibile è quello dei maschi, che sono famosi per avere una pessima mira ed un’alquanto pessima igiene a quell’età, perlopiù.
Di solito tale rito, se correttamente espletato, era indice di una giornata che iniziava con il piede giusto, eppure il giorno precedente era stato pieno di sorprese che andavano ancora metabolizzate del tutto.
Così il giovane, completate le procedure suddette, uscì piuttosto in orario da casa, prese il solito autobus e lo vidi arrivare all’incrocio che lo separava dalla scuola all’incirca alle sette e quaranta, un ora prima dell’inizio delle lezioni. Poi, anzichè attraversare la strada per raggiungere il portone di ingresso, deviò e si diresse in direzione opposta, più precisamente nella sala giochi presente di fronte al lato lungo dell’istituto.
Lo osservavo da lontano mentre con quella camminata così ostentata, ricopiata dal video di “Bitter Sweet Symphony” dei Verve, salutava il giornalaio, che era il proprietario della sala stessa, per poi sparirvi dentro.

Il giovane era drogato di videogiochi fin da piccolo. Gli regalarono il primo computer a 5 anni ed instaurò subito un bel rapporto con lo schermo nero e verde dell’epoca. Non un commodore o un amiga, ma proprio un personal computer, un Olivetti Prodest per la precisione. Imparò in poco tempo a copiare dischetti, smontare i componenti e ad usare i comandi di MsDos. Ma la passione per i videogiochi era sempre il motivo principale per cui si sedeva davanti allo schermo. Per cui, per uno come Garrincha, essersi trovato un tale posto proprio di fronte a scuola gli era sembrato fin da subito un segno del destino. Capitava spesso che passasse un paio di ore in quella sala fin dal primo mattino; se una partita lo prendeva nel verso giusto era capace di saltare anche la prima ora di lezione pur di completarla. A volte i compagni, nel caso fossero arrivati a scuola in anticipo, andavano anche loro in sala, sapendo di trovarlo sicuramente lì.

Quella mattina però non si mise a giocare, piuttosto aveva bisogno di metabolizzare il giorno precedente e la sua singolarità, perchè Garrincha non era un ragazzo capace di farsi scivolare le cose di dosso. Era più una carta moschicida verrebbe da dire, uno di quelli che deve riempirsi di pippe mentali fino a che è sfinito. E lo stesso vale per quelle non mentali.
Per cui arrivato in sala anziché mettersi a giocare come al solito, si sedette su uno sgabello a rimurginare, nell’attesa che arrivasse qualcuno dei suoi compagni a fargli compagnia. Il primo che si presentò fu “er Cina”, chiamato così per il suo taglio di occhi un pò orientale, anche se di cinese non aveva manco le scarpe.

“A Garrincha già qua? Com’è non giochi?”

“Ciao Cina, eh niente non c’ho gli spicci e non mi va di cambiarli”

“Ma se so du passi per cambiare i soldi! Ce sta l’edicola accanto!”

“E me pesa fa pure i due passi stamattina! Gioca e non rompe dai.”

“Vabbò, te sei mezzo scemo comunque” concluse il Cina mettendosi a giocare a “Metal Slug”, il videogioco del momento.

Mentre vedevo Garrincha che faceva finta di seguire la partita del compagno, ne giunsero altri nei minuti successivi. Ora poco importa dirvi chi entrava, chi usciva, non ha una valenza nella storia. La questione era che c’era chi giocava e chi guardava gli altri giocare, ma nessuno era preoccupato quanto quel giovane in piena elucubrazione mentale. Perché man mano che arrivava l’ora della campanella, non si trattava più di farsi scivolare la giornata precedente e di metabolizzarla, ma di doversi rapportare di nuovo con il nuovo professore. Già, perchè le prime due ore erano proprio con lui.
In realtà, nonostante tutto, Garrincha al professore ci pensava, ma non più di tanto. Cioè capiamoci, ci pensava, ma a quell’età il problema principale di ogni ragazzo è il sesso, sopratutto la mancanza di sesso. Ed il giovane aveva la chiara possibilità di interrompere il suo personale digiuno sessuale che si portava dalla nascita, visto che per una volta una ragazza che se lo filava decentemente, e che non era cessa, l’aveva trovata.

«Ok, ora faccio il carino e le mando il buongiorno…» era quello che Garrincha pensava mentre “er Cina” picchiava i pugni sul vetro del cabinato di Metal Slug.

Probabilmente il giovane infogliato aveva ragione: il momento migliore per spendere il primo dei tre sms che si poteva permettere a giornata era di prima mattina, mandando un semplice “buongiorno” che significava “ti penso”, ma non lo diceva in maniera esplicita. Il problema era che il ragazzo, nonostante volesse mandare un semplice buongiorno, aveva in testa una serie di frasi bislacche e melense che avrebbero potuto allontanare anche la più amorevole delle ragazze. “Buongiorno principessa” e “un buon giorno dal tuo principe” erano più o meno il livello di banalità poetica che si poteva permettere il ragazzo, che nel frattempo era arrivato a cancellare per la tredicesima volta il messaggio appena formato sullo schermo del cellulare. E riscrivere ogni volta quei sessanta caratteri, senza un compositore automatico od uno schermo touch, senza contare il fonografo digitale, era ardua come impresa.
Perché per chi non lo sapesse con un bosch datato, ma come anche con tutti i cellulari nati nei primi anni duemila, comporre un sms era possibile soltanto pigiando uno dei nove tasti numerici presenti sulla tastiera del cellulare. Ad ognuno erano assegnate tre lettere, ad esempio al tasto con il numero 1 corrispondevano le lettere A, B, C; al tasto numero 2 D, E, F, e via dicendo.
Scrivere un semplice CIAO significava premere tre volte il tasto con il numero 1, tre volte il tasto con il numero tre, una volta il tasto con il numero uno e una volta il tasto con il numero sei, almeno su quel modello.
Mandare un messaggio quindi non solo non era gratis, ma era pure impegnativo. Eppure almeno questo lo rendeva in qualche modo speciale. Per risparmiare, molti si facevano solo degli squilli. Si degli squilli. Brevissimi, per evitare che qualcuno rispondesse, e con il solo scopo di dire “ti sto pensando”. I ragazzi innamorati sono davvero qualcosa di eccezionale, pensai mentre continuavo a gustarmi la disperazione di Garrincha, che ancora era chino su quel pezzo di antiquariato.

“No, così non va, mi prende per un ritardato…” pensò tra se e se.

“V’ammazzo tutti, figli di puttana” intanto recitava il Cina mentre faceva fuori vagonate di nemici a Metal Slug.

“A Cina mica stai in guerra! Abbassa il volume!” rispose il ragazzo.

“Aò e nun rompe…” replicò l’altro.

“Non ve se può lascià soli manco un attimo che state a litigà” fece una voce da fuori. Era un altro compagno di classe, un certo “Scintilla”, chiamato così per via della non eccezionale brillantezza che a volte mostrava, pur eccellendo in altre questioni come donne e calcio. “Cina mo te faccio vede io come se gioca” disse infilando 500 lire nella fessura del cassone videoludico.

A vedere da lontano tutta questa scenetta veniva da pensare che Garrincha fosse il leader di quel gruppo di ragazzini. In realtà, nonostante ne avesse le stigmate, il giovane era il più classico degli outsider: bonaccione, goffo, simpatico, imbranato. Un pò sfigato ecco, almeno agli occhi dei pari età, considerato che essere fico significava essere un pò stronzo, con i capelli pieni di gel e poter raccontare di essere arrivato almeno in seconda base con una ragazza.
Garrincha non era per niente stronzo, per quanto ci provasse, era pieno di capelli che non ne volevano sapere di pettinarsi, e riguardo la seconda base c’era ancora parecchia strada da fare, per quanto almeno la prima l’aveva raggiunta. Ma all’epoca tra la prima e la seconda base c’erano un abisso di sms da inviare, e di quelli giusti, per cui era fondamentale concentrarsi per inviare il benedetto “buongiorno” a quella ragazza.
Ragazza che da ora chiameremo Bianca, non perchè si chiamasse bianca, ma perchè era proprio bianca, di carnagione intendo. Avrei potuto chiamarla mozzarella, fantasmina, varechina, scolorella. La chiamerò Bianca per galanteria. Con un pò di dispiacere, perchè scolorella era il mio soprannome preferito.
Per cui Garrincha era lì, concentrato su quello schermo, scrivendo e cancellando, scrivendo e cancellando, rileggendo quei 60 caratteri che gli avrebbero totalmente cambiato la vita, almeno dal suo punto di vista. «Metto un sorrisino e un buongiorno?»; «Faccio un complimento dai»; «meglio di no, poi sembra che mi piace troppo».
Era così concentrato su quello schermo che intorno gli altri strillavano e prendevano a mazzate i videogiochi e lui non si rendeva conto di nulla. Così come non si accorse che il buon Scintilla lo stava fissando da un pò, prima di decidere di strappargli il cellulare dalle mani, approfittando della fine di un livello del gioco.

«E basta co sto cellulare! Ma che ce pensi e ce pensi, tanto non te la da! Tiè!» e inviò il messaggio così come era.

«Sei proprio un coglione, porco cazzo!» fece riprendendosi il cellulare e spingendo Scintilla indietro, che intanto se la rideva.

«Ma finiscila Garrì! T’ho fatto un favore che stavi impazzendo, non te sei visto come stavi?» aggiunse tra un risata ed un altra.

«Stai zitto! Cazzo, come si fa a vedere se è partito per davvero o no? Sto sempre senza un cazzo di credito e vuoi vedere che oggi invece è tutto ok?» Ma mentre parlava il Bosch si accese, e apparse l’icona di un messaggio.
Era quello di Bianca.

«Bianca. E’ bianca!» disse terrorizzato. «Scintilla se mi ha mandato a cagare sei morto!!!» proseguì mentre quello se la rideva con gli altri. Garrincha aspettò due secondi, poi decise di visualizzare prima il messaggio inviato, almeno per capire che messaggio era partito.

“Buongiorno :-) spero tu abbia una bellissima giornata, ancora meglio di quella di ieri, anche se”. Il messaggio era rimasto così, troncato a metà, sul più bello.

«Scintì, cioè hai mandato il messaggio a cazzo così!?» disse il giovane.

«Ma siiii, fa più effetto…»rispose l’altro ridendo.

Garrincha stava nero. Il rischio di aver compromesso tutto era alto, altissimo. Ed il tutto perchè aveva un amico imbecille. Preso dallo sconforto aprì la casella di messaggi ricevuti, e aprì quello di Bianca senza troppe speranze.

«Grazie! Anche se meglio di ieri è difficile, sono d’accordo! Un bacio».

“Anche se meglio di ieri è difficile”…. Garrincha rilesse la frase un numero imprecisato di volte. Guardandolo da lontano potevo solo notare come si fosse imbambolato per circa un minuto su quel cellulare. Mentre il sorriso si allargava fino alle orecchie, prima di esplodere in un salto liberatorio.

«Leggi cazzone! Leggi!!!!!» disse rivolgendosi a Scintilla, e poi a tutti gli altri. Ribolliva il ragazzo, ribolliva come un Geyser Islandese, saltando da un amico ad un altro mostrando quel messaggio tanto insperato quanto delizioso.La giornata aveva preso decisamente una piega diversa. Ed io divertito mi avviavo a salire le scale della scuola. Garrincha se lo era dimenticato, ma a breve avrebbe di nuovo rivisto il professore, il quale non vedeva l’ora di ritrovarselo davanti.

Sort:  

La seconda parte mi era sfuggita quindi l'ho letta adesso assieme a questa... Ti dirò che mi sono piaciute tutte e due più della prima, soprattutto la seconda :)

Vedrai piano piano che si dipana tutto, dirai "che minchia si sta inventando questo?"
Il primo libro è il più semplice di tutti considera. :-D
Grazie!

Molto bello..gli squilli erano bellissimi davvero.
Io tifo per Garrincha! Aspetto impaziente il prossimo capitolo.
Bravo 😘

Grazie! Tifa Tifa, che punti sul cavallo buono!

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