Quando tuo padre è un latinista.

in #ita7 years ago (edited)

Avevo 14 anni, e le medie erano finite.
E nonostante i tre mesi di ferie, la domanda in casa era sempre la stessa: "che liceo vuoi prendere?"
Che liceo voglio prendere?
Boh, dicevo tra me e me.
Ero un ottimo studente, ma alla fine per me era tutto uguale. Bastava finirle queste scuole.
"Mattè, tu puoi scegliere qualsiasi cosa, ma sappi che se fai il Classico, io posso aiutarti, il latino è una seconda lingua". Queste furono le parole di mio padre. Cacchio con che convinzione poi le disse!
Mi guardava con quel suo sguardo fiero e colto, nascosto dai suoi baffi stile Magnum Pi.
Risuonavano a rallentatore quella frase, mentre uno strale di meteore faceva luccicare i suoi capelli grigi.
"Minchia che padre che ho."
E fu quella frase a farmi decidere di fare il Classico.

IL PRIMO GIORNO NON SI SCORDA MAI

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Iniziò così la mia avventura nel liceo.
Primo in basso a sinistra. In una classe di tredici alunni. Si tredici. Di cui due ripetenti. Istituto di preti.
Fa ridere già così lo so.
Il primo giorno fu abbastanza traumatico, perchè i professori erano dei gran bastardi, tranne quello di latino e greco.
Lui era un cultore nazista degli accenti.
"Matteo Madafferi chi è?"
"Io professore!"
Ecco, Madafferi. Non Madaferri. Non Madafferri. Non Maddafferi.
MA DA FFE RI.
Accento sulla seconda A.
"Ma si legge Madàfferi oppure Màdafferi, oppure forse Madafferì?" chiese il nazista.
"Professore la prima"
"Ma ne è sicuro? Perchè la metrica potrebbe indicare una lettura diversa".
"Ci chiamano così da sicuro quattro generazioni, poi faccia lei".
"E allora dovrebbe correggere l'accentazione" concluse stizzito lui.
"Ma sti cazzi degli accenti, mi chiamo così!" pensai tra me e me.
Ma i problemi erano appena iniziati.

CHE CE FREGA DEL LATINO NOI C'AVEMO TOTTI GOL!

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In alto a destra, eccomi di nuovo.
Canotta della salute, salutavo così tutta la mia secchionaggine.
I pluriripetenti e gli scarponi di scuola mi avevano trasformato in pochi giorni in un brutale terzinaccio da calcetto.
Era appena passato un mese, e del ragazzo coscenzioso tutto casa e chiesa di pochi giorni prima era rimasto solo il nome, senza accento.
Nel frattempo il professore continuava a spiegare e spiegare latino e greco, e io non mi preoccupavo più di tanto, tanto erano tutte chiacchiere, e mi sembrava davvero una gran cavolata.
Finché arrivo quel giorno.
"Bene ragazzi, per venerdì farete tutta questa breve versione, è semplice non vi preoccupate".
Versione?
"Si, devi tradurre." mi disse con aria annoiata uno dei miei compagni che stava ripetendo il quarto ginnasio.
Tradurre? Chi cazzo ha mai parlato di tradurre!!!!!!
Era il panico totale.
"Ma ehi, fermi tutti! Io ho PAPA'!!!!"

SUPERPAPA' IN AZIONE!


(foto da deviantart.net)

Era il momento di giocarsi il Jolly.
Tornato a casa dissi cercai disperatamente mio padre, che come al solito era sul divano a riposare. In canotta e mutande.
"Papà ti prego dammi una mano, mi hanno dato una versione da tradurre".
Alla parole "versione" mio padre si girò, con una calma olimpica, ma anche con una estrema decisione, quasi a dire "chi ha osato dare una versione a mio figlio????!!!!?!?!?!?!?!?!"
Non si alzò neanche, mi guardò negli occhi e disse: "Dove è?"
"Qui papà." E gli porsi la maledetta.
Mio padre la prese. La guardò fissa nelle lettere degli occhi. Musichetta di Sergio Leone. Poi disse: "Tutta qui? La traduco pure senza vocabolario".
"La traduco pure senza vocabolario". Altro che Iron man, mio padre era stato più deciso di Superman con la faccia di Brad Pitt che provava a rimorchiarsi Malgioglio. Sempre in canotta e mutande.
E così fece.
"Allora... Si... Così... Si.. Catullo, certamente.... Ah anche un passato ci hanno messo... Si... Ok finito".
2,43 minuti netti, e la versione era finita.
"MINCHIA, UN CAZZO DI LATINISTA HO IN CASA!" pensai tra me e me.
"Grazie papone, sei uno scienziato!"
"Figurati Matteo, presentati la prossima volta con cose più complesse. Dai Gesuiti si che mi davano traduzioni serie".
"Siiiii, pure i Gesuiti, siiiii" continuavo a dirmi esaltato da cotanta dottaggine, dott... Insomma conoscenza.

" E ora a noi due, prof nazilatinista".

LA RESA DEI CONTI

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Mi sentivo come Clint Eastwood (ma che ovale di faccia ha? La mia non entra... Mah!)
Entrai in classe con il viso disteso e pieno di me.
Gli altri erano con i nervi a pezzi.
Parlottavano cercando di chiarirsi quale fosse la traduzione più corretta.
Io no.
Io avevo PAPA'.
Entrò poco dopo il professore.
E io lo sfidavo con lo sguardo. Lui non mi cagava di striscio, ma io lo sfidavo con lo sguardo.
(Musichetta sempre di Sergio Leone, non dimenticatela...)
Lui prese la sedia e si sedette. Io lo fissavo. Lo studiavo.
Aprì il libro.
E disse "qualche volontario per tradurre la versione?"
Ci fu il silenzio.
Poi mi alzai.
"Io professore."
"Ah, Madafferì?"
"No, Madàfferi".
"Ah vero. Vieni pure".
Andai lento alla cattedra, mentre scorrevo gli sguardi attoniti dei miei compagni, quasi in ginocchio e con gli occhi grati per tale occasione di salvezza.
Arrivai alla cattedra.
E il professore mi disse: "Vai inizia a leggere Matteo".
Iniziai.
La versione filava liscia. Minchia che traduzione della madonna che aveva fatto papà. Era tutto così scorrevole, perfetto, così estremamente...
"Assurdo!"
"Eh?"
"Madafferi questa traduzione ha dell'assurdo!"
"Ma professore che..."
"Non c'entra nulla quello che dice con quello che è scritto!"
"Ma come..."
"Ma neanche i nomi! Lesbo non è una regione dell'Africa e poi non è neanche Lesbo, ma Lesbia! Catullo non attraversava la regione della Lesbia!"
"Ma, ma ma mio pa..."
"Madafferì questo è un tre"
"Madàfferi professore!"
"Tre e vai a posto!".

Tornai a posto. Poi però tornai a casa.
Mio padre appena entrato corse da me e mi disse: "Allora Matteo, che voto hai preso?", con un sorriso ammiccante niente male.
"Papà ho preso tre. Anzi abbiamo preso tre."
"Ma non è possibile!"
"Vallo a dire al professore!" e andai in camera mia.

Fu la prima e ultima volta che chiesi aiuto a mio padre per latino.
Ma poco sarebbe cambiato.

Dal tre passai al cinque.
Il cinque divenne sette solo nel momento in cui venne un professore mezzo sordo, che per non ammettere la sua sordità metteva a tutti sette.

Oggi racconto spesso questa storia.
Ed è una delle più belle che ho.
Una cosa ho imparato da quella traduzione, anzi più di una.

Primo: se vuoi fare una cosa bene, falla da solo.
Secondo: un padre cercherà sempre di aiutare un figlio, anche se non sa di cosa stia parlando.
Terzo: se latino e greco sono lingue morte, un motivo ci sarà!

ps: il latino non è una lingua morta. Lo so.

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😂😂 grande il papà che non capiva una mazza ma ti ha aiutato comunque 😆. Però dai alla fine sei arrivato ad un 7.

è ancora convinto che lui la versione l'ha fatta giusta

Continua a farcelo credere allora... belli i nostri papà 💙

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