Quando andai a suonare a Londra. Storia di ordinaria follia (video)

in #ita6 years ago (edited)

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The Ties al Cargo, Londra, prima del concerto

Era il 2016. La mia band, The Ties, era davvero sulla cresta dell'onda, almeno a livello underground.
Era uscito un ep prodotto con i Velvet, eravamo finiti sulle migliori riviste di musica inglesi.
Eravamo stati inclusi nella pagina della Fred Perry come unica band non inglese ad essere considerata parte della musica underground emergente britannica (british subculture).

Eravamo pronti, forse, per il grande salto. Suonare in Inghilterra.
Dico forse perchè fu un parto.
Andiamo per gradi però.

Preparazione

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The Ties durante il live

La nostra etichetta dell'epoca ci disse "organizziamo tutto noi".
In realtà organizzarono solo il live.
Noi dovemmo prenotarci hotel, strumenti, aereo, tutto.
Fortunatamente non era per me la prima volta in cui suonavo all'estero, per cui riuscii, con enorme stress, a organizzare tutto alla perfezione.
Non fosse che però, proprio per quello sforzo, mi presi la febbre nervosa qualche giorno prima del live. Quella febbre a 36,9 totalmente debilitante. Non ero in condizione di prendere un'aereo.
Noi dovevamo partire 4 giorni prima del live, pure per goderci Londra, e allora dissi "ragazzi voi partite, io sposto il volo e vengo prima del live".
"Ok!" mi risposero.
E la cosa sembrava finita lì.
La sera prima di partire i ragazzi si vedono per le ultime prove, mentre io a casa soffrivo.
Alle 23:30 mi chiamano.
"Mattè l'hotel ha disdetto la prenotazione".
Eravamo senza hotel.
Nel panico tutti vengono da me. Io, con la febbre che era nel frattempo salita, alle 00:30, dovevo gestire 4 esauriti disperati.
Alla fine riuscii a trovare una bettola e spostare a tutti il volo. Risparmiando 2 giorni, quei soldi li utilizzavamo per modificare la prenotazione senza andare ancora più sotto.

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Saluti a fine live

Il destino ci remava contro, ma noi eravamo decisi. E partimmo due giorni dopo, la mattina stessa in cui avremmo dovuto suonare.
Io mi ripresi abbastanza. Ero ancora provato, ma quei due giorni di riposo funzionarono.
Così arrivammo a Londra un pò compassati, ma carichi.
Posammo le valigie e andammo al locale, dove trovammo gli strumenti già scaricati. Fantastico.
Solo un problema. Il locale non aveva la batteria.
Iniziammo a chiamare l'etichetta che ci rispose "vedetevela voi".
Parlammo con il proprietario e disse "non c'è, trovatene una".
Alle 17 del 3 settembre 2016, a 5 ore dal live, ci trovammo a girare per Londra per affittarne una.
E la trovammo.
Pagammo il dovuto, e ci incollammo la batteria per due chilometri. Io ero ancora febbricitante e dovetti caricarmi come un mulo per un tragitto tra le strade di Londra che sembrava infinito.
Alle 19 montammo la batteria e finalmente potemmo fare il sound check.
Alle 21 iniziò la serata. Noi eravamo terzi. Il locale, uno dei più famosi per le band indie di Londra, aveva una 50ina di persone al suo interno.
I primi due artisti, appena 18enni, erano eccezionali. Bravissimi.
La cosa mi innervosì, non perchè li invidiassi, ma perchè il livello in Inghilterra è altissimo, e noi eravamo Italiani in terra straniera.
Per superare la questione iniziammo a bere. Appunto per allentare la pressione.

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immagini dal live

Salimmo sul palco nervosi. Ma presto passò. Perchè davanti a noi rimase solo una persona. Si un solo spettatore.
Avevamo fatto un viaggio, speso soldi su soldi, preso la febbre, per uno spettatore.
Salito sul palco, mi girai verso gli altri e dissi:
"Ragazzi, divertiamoci. Spacchiamo tutto, tanto stiamo suonando per noi".
E iniziammo il concerto.

Intero concerto

Questo fu il risultato. Un live della madonna. Suonammo come non mai. E la gente lo capì.
Perchè se all'inizio era uno solo lo spettatore, dopo la prima canzone la gente iniziò ad entrare sempre di più.
Alla fine il locale si riempì. La gente ci seguiva, ci applaudiva, ci sosteneva. Ci amava. Si ci amava.
5 ragazzi italiani erano riusciti a conquistare un pezzetto di Londra.
Finito il live ricevemmo complimenti, richieste di amicizia, informazioni.
Cose che in Italia non capitano mai.
Capimmo perchè Londra è la capitale mondiale della musica.
E ce ne innamorammo.

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Assolo durante il live

Per una notte diventammo rockstar. Ci sentimmo tali.
Poi, come spesso accade, tornati alla realtà quotidiana, il sogno svanì. Troppe aspettative per molti non erano gestibili. Nel momento del salto definitivo, molti pensarono fosse un salto troppo impegnativo.
E il progetto finì lì.
Ma quel live, quell'ora di concerto, rimarrà uno dei ricordi più belli della mia vita.
Il ricordo di un sogno realizzato.
Di un italiano che sognava di conquistare Londra, ed in qualche modo ci riuscì.

Immagini e video sono di mia proprietà

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"quel sogno svanì" è la maledetta frase che uno non vorrebbe mai sentire e che invece sta sempre lì, servita quando meno te l'aspetti

La fortuna dei sognatori è che per quante volte ti risvegli, altrettante tornerai a sognare qualche cosa di diverso che ti piacerà.

"Il ricordo di un sogno realizzato" è la cosa più preziosa che potevate portare indietro. E la pietra su cui costruire nuovi, ambiziosi sogni da realizzare!

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