Tre per zero è uguale a tre, Capitolo VIII, Libro I - I conti non tornano

in #ita6 years ago (edited)

Garrincha è sempre più dubbioso. Chi è il professore?
Le teorie dello stesso proseguono sempre più bislacche, all'apparenza.

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CAPITOLO VIII: I CONTI NON TORNANO

Nei giorni successivi Garrincha rimase più silenzioso del solito. Continuava a vedersi con Bianca, con cui era ufficialmente fidanzato alla maniera dei diciassettenni, che significava fedeltà assoluta, ma aspettare mesi e mesi per fare certe cose; continuava ad andare alla sala giochi, a cazzeggiare e a fare il coglione come ben gli riusciva, ma in classe il professore cercava sempre di stuzzicarlo, per quanto lui evitasse ogni commento superflou.

Ed era proprio questo che faceva pensare Garrincha. Perché un professore, quel professore, era così pronto a stuzzicarlo parlando sempre del discorso temporale, dei rischi della fisica. Perché?
Ma non era solo questo. Il giovane, che tutto era fuorché un cretino, lungi da me sostenerlo in quanto offensivo per tutti direi, notava sempre di più come ogni battuta o riferimento del professore fosse indirizzato a spiegare al ragazzo quali fossero i problemi spazio-temporali, e come andassero evitati. Il professore se da una parte lo invitava a non addentrarsi in campi proibiti, dall’altro gli forniva le chiavi per evitare errori, cosicché le lezioni andavano ben oltre il programma, e non tenevano conto degli altri alunni.
A tutto questo si aggiungeva poi il fatto che il professore continuava a dispensare consigli e previsioni, sempre velate, ma che poi si rivelavano veritiere. Soprattutto sapeva quasi sempre quando Garrincha si incontrava con Bianca, augurandogli di passare una buona giornata in dolce compagnia.
Questa sua insistenza, questo suo modo di porsi, la sua preveggenza, ed un viso troppo familiare lo mettevano in allerta.
Il professore infatti, nonostante una foltissima barba, un paio di occhiali semiscuri che portava ogni giorno ed i capelli mediamente lunghi, aveva una somiglianza a qualcosa o qualcuno che da una parte induceva il giovane a fidarsi di lui, dall’altra a non farlo.
La stessa voce era ingannevolmente simile a qualcosa. Ma i modi, ecco quelli no. Era urtante, saccente, così distaccato dal mondo da farlo sembrare fuori dalle sue leggi, e si potrebbe dire che in qualche modo lo fosse. Ogni giorno una battuta, ogni giorno un continuo riferimento al futuro. Ogni giorno. Il professore era insistente e Garrincha non si spiegava quale fosse la motivazione che lo rendesse così ripetitivo e pedante. Un soggetto dotato di tale intelligenza, come non negarlo, poteva mai non accorgersi di tale atteggiamento? Secondo il giovane i conti non tornavano.
Ma il giorno in cui tutto raggiunse l’apice del paradossale fu quando il professore sostenne che tre per zero era uguale a tre. Quello fu il giorno in cui Garrincha rimase del tutto allucinato dall’atteggiamento del suo rivale.

Questi infatti, imperterrito, continuava a chiamare i ragazzi della classe con degli appellativi, che lui, da gentiluomo dotto amava definire “epiteti”: giovanotto, capellone, ragazzo, ehi tu e via dicendo. Aveva ammaestrato anche la “fracassa” a non fracassargli i coglioni, chiamandola “milady”. Una mattina però addirittura iniziò a chiamare le persone per numero, in base alla posizione sul registro di classe. Garrincha era il numero 7 ad esempio, Jordan il 6. Scintilla il 2.

“Oggi vi chiamerò tutti per numero, perché carissimi è importante capire il valore di un numero, capire il significato dei termini. Perché è importante poter dare un nome ad una cosa, ma più importante è prima capirne il significato. Questo eviterà che altri cadano in errore per la vostra ignoranza, non credete miei cari?»

Questo era stato il fantastico esordio del professore, il quale gongolava nel vedere tutti in uno stato di shock. Io me la godevo quella scena, si ero lì. Da una parte me la godevo, ma dall’altra sarebbe più corretto dire che avrei dovuto essere anche un pò sconvolto dalla cosa. Ma non sono un tipo così corretto in fondo.
Garrincha continuava nel suo mutismo, nell’evitare uno scontro che però non avrebbe potuto a lungo schivare.

«Dunque, qualcuno mi sa dire cosa significa “moltiplicare”? chiese il professore. «Nessuno me lo sa dire?»

«Moltiplicare significa prendere un numero e sommarlo tante volte quanto previsto, può essere?» disse la Fracassa.

«Si può essere. La definizione di moltiplicazione è “operazione elementare tra due numeri detti fattori, che consente di ottenere un risultato pari alla somma di tanti addendi uguali al primo quante sono le unità del secondo”. Detta così sembra complicato, enunciata come la vostra cara numero 9 ha fatto sembra molto semplice. Ma la questione è che la moltiplicazione è valida solo a certe condizioni. Che a voi non hanno mai spiegato. O forse signorina 9 lei ne è a conoscenza?»

«Professore purtroppo no, mi scusi.»

«Non si deve scusare, perché è l’ignoranza che genera ignoranza ad essere colpevole. Vi avevo detto che dare un nome ad una cosa è importante, altrimenti potrebbe ingenerare grossolani errori, sono lieto lei ne sia consapevole. Torniamo alla moltiplicazione. Cari numeri miei, se vi chiedessi quanto fa 3 per zero, voi cosa mi rispondereste?»

Scintilla accettò la provocazione e rispose immediatamente «zero! Ma è ovvio!»

«Quindi se il suo compagno, il signor numero tre venisse moltiplicato per nessuna volta, lui sparirebbe o addirittura non esisterebbe?»

Scintilla rimase immobile.

«Dalla sua espressione noto uno stupore non comune. Cerco di spiegarle meglio la questione, credo le gioverà. La moltiplicazione come potete ben capire è valida a patto che ci sia un qualcosa da moltiplicare. Ma sopratutto non è valida per le cose reali. Almeno non sempre. Dire che una mela moltiplicata per nessun numero fa nessuna mela è errato, perché quella mela esiste. Sarebbe già maggiormente corretto dire che zero per tre fa zero. In questo caso diremmo che nessuna mela, anche se moltiplicata tre volte, non creerà nessuna mela, ora è più chiaro?»

Garrincha stavolta intervenì. Non tanto perché gli andasse, quanto per curiosità.

«Professore secondo me lei dice una cosa vera. Ma io penso che ogni cosa fuori contesto perda efficacia. Lei stesso, dicendo cose di questo tipo in mezzo ad una piazza, verrebbe preso per matto».

«Giovinotto, la pazzia è la più solida delle virtù. Perché non ci abbandona mai, ed il giorno che ci abbandona è la prova che abbiamo fallito nella nostra unicità. Ad ogni modo rispondendo alla sua domanda, io non sono andato fuori contesto, come lei direbbe. Io parlo di matematica nella matematica. Il problema è di termini, di specificità nella esposizione. Se lei mi viene a dire che un numero, dato per certo ed esistente, ripetuto per nessuna volta debba sparire nel nulla, ed io accettassi questa sua affermazione, io di contro potrei dire che un numero dato per esistente, in realtà non lo è finché non sia frutto di un risultato, finché non sia il prodotto di una operazione. O potrei dire che esiste come non esiste. La questione mio caro è che i raggi del sole tu non li puoi vedere, eppure li senti. Senti il calore. Ora se tu decidi di chiuderti in casa per non subirli, o se decidi di moltiplicarne la forza con una lente di ingrandimento, sempre degli stessi raggi stiamo parlando. E allora perché un numero dovrebbe sparire se sommato per nessuna volta? E’ un errore. Corretto invece è dire l’opposto, ovvero che nessun numero, ovvero zero, moltiplicato per tre volte, è sempre zero.»

«Potrebbe anche avere un senso, ma non ne capisco la motivazione della spiegazione» rispose il giovane.

«E’ semplice giovinotto!» rispose lui con un sorriso beffardo, ma privo di bastardaggine nuda e cruda. «Le tornerà utile sapere che questo principio, applicato alla materia, è validissimo. Le ricorderà che non potrà far sparire atomi semplicemente moltiplicandoli per zero, mentre non potrà generare atomi senza metterne sul piatto qualcuno. Si fidi, potrebbe salvarle la vita, e lei lo sa come ogni mio consiglio è sempre stato utile ai suoi fini. O mi sbaglio capellone?»

Mezza classe sghignazzò, avrei voluto farlo anche io, ma sarebbe stato eccessivo vista la situazione. Garrincha accennò un gesto quasi affermativo. Poi si rimise con la schiena al muro e la cuffia del walkman nelle orecchie. Ma non stava ascoltando nulla. Faceva finta. Si era messo a pensare di nuovo a chi potesse realmente essere quel personaggio uscito da un libro di Lewis Carrol di cui non sapeva nemmeno il nome ed il cognome, ma che era ad un passo da convincerlo delle sue parole. Un passo che però non si sarebbe mai verificato.

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