Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). L'infanzia pt.2

in #ita7 years ago

Il maestro Graziano era una brava persona, si vedeva. Uomo di mezza età, non molto alto e abbastanza in carne, capelli brizzolati ricci abbastanza corti e con un’immancabile coppola sopra un montgomery blue. Non so d’estate come si vestisse, perché l’immagine che ho di lui è questa per tutte e quattro le stagioni.
Il maestro Graziano aveva una cattedra alle scuole del mio paese, e ovviamente non insegnava musica ma educazione tecnica. La musica era una sua passione, che cercava di trasmettere ai suoi allievi in classe, ai suoi parenti, conoscenti, insomma a chiunque. Era una sorta di moderno Socrate, ma se avesse un diploma al Conservatorio,o qualcosa di simile non è dato saperlo, e di sicuro in quegli anni e in quel determinato frangente non era importante.
Lui era il prescelto e la stima nei suoi confronti era indiscussa.
Il suo strumento principale era il violino, ma insegnava principalmente la fisarmonica, perché negli anni 80 e dalle mie parti pagava molto di più sia a livello di lezioni che a livello di quelle che chiamiamo “marchette”. Ovviamente se si trattava di dover suonare chitarra, mandolino, o qualsiasi altra cosa emettesse un suono lui non solo era capace, poteva addirittura insegnarlo ad altri! La sua intraprendenza era comunque encomiabile: era infatti il leader di un’orchestrina di sole fisarmoniche, la fisorchestra, con cui andava in giro per feste e manifestazioni, proponendo i pezzi classici del liscio riadattato per gli strumenti che aveva a disposizione. Anche i miei fratelli ogni tanto avevano fatto parte dell’organico, perché Graziano, come un rispettabile allenatore che effettua il turn over per far giocare tutti, dava a tutti i suoi allievi vecchi e nuovi un piccolo spazietto nell’orchestra prima o poi.
Io, in ogni caso, stavo per entrare a far parte della sua scuderia.

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[primi passi col pianoforte, immagine di libero utilizzo da pixabay]

Il maestro, da buon commerciante, tentò di dissuadere i miei dall’iscrivermi al corso di pianoforte a favore della fisarmonica, ma avendo già due figli esperti fisarmonicisti decisero di variare un po’ e virare su suoni più dolci e studi aulici.
Pianoforte fu.
Breve parentesi: non che la mia opinione dell’epoca avesse chissà quali solide basi e per carità, il maestro era estremamente simpatico con quella sua aria buffa e sempre rilassata, ma io non è che riponevo molta fiducia in lui. Il fatto che fosse polistrumentista, che fosse un insegnante a scuola, che insegnava di tutto un po’, era motivo di grandi dubbi. Ma soprattutto, i risultati che aveva ottenuto con i miei fratelli non erano questa gran garanzia! A tutto questo va aggiunto che la mia mente, il mio cuore, e tutta la mia attenzione erano rivolti a quella meravigliosa e luccicante batteria che mi aspettava in garage.
L’avevo conosciuta poche ore prima e già non potevo più farne a meno. Mi stavo innamorando perdutamente: avevo avuto la mia prima cotta, stavo per avere la prima delusione d’amore e l’oggetto del desideri non era una bambina della mia età, ma una serie di tamburi! Chiusa parentesi.
Il pianoforte, per me, era uno strumento di una tristezza estrema, anche dal punto di vista estetico. Diciamocelo!
La batteria era colorata, i piatti in ottone, le aste di acciaio, e i legni rosso metallizzato. Wow!
Il pianoforte è nero, con i tasti bianchi e … neri. Che fantasia! Nessuno si è mai posto il problema di renderlo un pochino più moderno? Basterebbe dare qualche tocco di colore qua e la, togliere un pochino di rigore stilistico, e almeno l’approccio psicologico con lo strumento sarebbe meno traumatico.

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[vogliamo il pianoforte colorato! immagine di libero utilizzo da pixabay]

Evidentemente questa noia cromatica non è mai stato un problema per nessuno, ma tanto che importanza aveva? Graziano e i miei genitori erano ormai ai dettagli dell’accordo per la formazione del nuovo Ludovico Van, e in silenzio io osservavo il mio destino che si compieva.

Con un sorriso di soddisfazione ed una calorosa stretta di mano, le due parti si congedarono essendosi accordate sui seguenti punti:

  • Le lezioni sarebbero durate massimo un’ora il lunedi sera dalle 20 alle 21.

  • La lezione si sarebbe tenuta esclusivamente presso il mio domicilio, pertanto qualsiasi contrattempo o problema sarebbe potuto dipendere solo dall'indisponibilità del maestro, o da catastrofi naturali, o da eventi distruttivi nella mia abitazione, o da una combinazione di queste.

  • Nell’ora di lezione era inclusa la teoria musicale e il solfeggio.

  • Il compenso mensile era di lire 40.000, pagabili in comode rate da lire 10.000 a lezione. Più che altro perchè il maestro non era in grado di garantire tutte tutte, ma proprio tutte le lezioni.

  • Avendo un maestro a domicilio, frasi del tipo: “Sono andato benissimo oggi a lezione”, non avrebbero avuto credibilità perchè tutta la mia famiglia era nella stanza affianco, ed ascoltava in diretta.

  • Il mio futuro era totalmente nelle mani di quell’uomo.

  • Ah. Il pianoforte non ce l’avevamo e non avevamo intenzione di comprarlo, per il momento sarebbe andata benissimo la tastiera elettronica di Fabio.

A poche ore dal mio primo approccio alla musica (sebbene di tipo percussivo),avevo dentro casa un maestro pronto ad illuminarmi sui segreti delle sette note: non posso certo dire che la mia famiglia mi abbia fatto mancare qualcosa! Dovrei ritenermi un bambino fortunato, avendo ottenuto immediatamente qualcosa della stessa tipologia di un grande desiderio, ma diametralmente opposta a quella del desiderio stesso. Un paradosso filosofico, non privo di perplessità.
Da li a un paio di giorni avrei inizato a trovarmi in mano libri con dei simboli stranissimi, che avrei dovuto interpretare in tempo reale e tradurre su una tastiera praticamente tutta uguale dove i rettangolini bianchi e quelli neri non erano messi a casaccio, ma ognuno rappresentava una cosa diversa, seppure qualcuno era uguale all’altro. Cosa?

Senza essere interpellato, stavo per iniziare a studiare il pianoforte, avevo un maestro a domicilio, era lo stesso che aveva istruito i miei fratelli dieci anni prima, ed perciò avevamo già i libri di teoria. Perfetto!
I miei mi avevano appioppato una bella fregatura, ma io non potevo ancora rendermene conto.
Il maestro Graziano mi diede appuntamento al lunedi successivo, e andò via.
Io mi riaccomodai sullo sgabello in garage, tolsi il telo, presi le bacchette e riiniziai a picchiare sulla batteria.
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[il mio stato d'animo, immagine di libero utilizzo da pixabay]

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Bellissimo racconto, coinvolgente ed emozionante, complimenti. Non vedo l'ora di leggere il prosieguo.

grazie sara! sei a pagina 3 di 3.500, sei sicura di voler continuare? :D

Se son fatti così, sì certo 😁.

ci proviamo dai!

In attessa di prossime puntate!

Arrivano arrivano

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