Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). L'infanzia pt.1

in #ita7 years ago (edited)

L’anno 1987 per il piccolo paese da cui provengo non è stata un’annata molto particolare, non ci sono stati avvenimenti significativi nè tantomeno catastrofi naturali, a differenza dell’anno precedente in cui si verificò un’abbondante nevicata che per una località posta praticamente a livello del mare è una cosa assai rara. Non è necessario però che ci siano avvenimenti socialmente rilevanti per far diventare un anno o semplicemente un periodo importante per una persona, e per me, l’anno 1987, fu davvero importante.
La casa dei miei genitori, situata in una zona abbastanza tranquilla, era un posto molto caloroso dove vivere. Io, l’ultimo di tre fratelli, nato a distanza di 11 anni dal più giovane, ero la mascotte di casa, sempre vispo e allegro e pronto a far guai….del resto da un bambino di 6 anni cosa ci si può aspettare? Mi lanciavo con la mia bicicletta di seconda o terza mano per il vialetto di casa come un missile, e quando incontravo la piccola gradinata del portone di ingresso, mi divertiva da morire saltare sul gradino più basso e percorrerlo in lungo, come se fosse il ponticello in legno pericolante di un fiume sospeso su di un torrente pieno di coccodrilli e bestie feroci.
Quante rovinose cadute ho rischiato e quante purtroppo non sono riuscito ad evitare lungo quel minuscolo vialetto che mi sembrava un’autostrada: ne porto ancora oggi addosso le cicatrici sulle ginocchia, e devo dire che ne vado molto fiero, le reputo le mie medaglie d’oro al valore per il notevole sprezzo del pericolo.
Era molto semplice divertirsi a casa mia, o forse ero io che mi divertivo molto più semplicemente. Mi bastava la mia bici, il mio pallone di cuoio tutto rotto o il mio modellino di aeroplano – caccia F15 interamente montato e dipinto da me: bellissimo! – per essere il bambino più appagato del mondo.


[immagine di libero utilizzo da pixabay]

I miei fratelli si chiamano Massimo e Fabio, ed hanno rispettivamente 13 e 11 anni più di me. Facendo un paio di semplici calcoli, quando io avevo 6 anni Massimo ne aveva 19 e Fabio 17: adolescenti in piena tempesta ormonale che non avevano nessuna intenzione di perdere tempo con un mocciosetto che voleva giocare a nascondino.
Non significa che loro non siano stati presenti negli anni della mia infanzia o che io non li abbia presi come punto di riferimento, ma ovviamente essendo Massimo lavoratore e Fabio studente, si dedicavano a me solo nei momenti liberi che avevano, ed io ero felicissimo così: me li godevo quando potevano e per il resto della giornata mi tenevo impegnato sfruttando semplicemete la mia fantasia. Essenzialmente ero un figlio unico con due fratelli, avrei scoperto solo qualche anno più tardi che ero invece si un figlio unico, ma con tre padri!

I ritmi di Massimo e Fabio erano diametralmente opposti e ho vaghi ricordi: Massimo si alzava prestissimo, rincasava stremato e la sera crollava davanti alla tv, ma solo dopo aver deciso quale programma vedere ed avere sequestrato il telecomando, così che Fabio era costretto a vedere un programma che non gli destava il minimo interesse anche se il fratello già dopo 10 minuti dormiva rumorosamente. Questo provocava le ire di Fabio, che borbottando cercava di riprendersi il telecomando, con conseguente risveglio di Massimo che lo ammoniva farfugliando: “Smettila, sto guardando”.
Come facevano a fare la stessa scenetta tutte le sere non l’ho mai capito, come non ho nemmeno mai capito se Massimo stesse davvero guardando, mentre dormiva, i programmi che sceglieva, se a Fabio interessasse davvero cambiare canale o se era semplicemente una questione di principio. Fatto sta che a me i miei fratelli così diversi piacevano, ed ero felice di essere loro fratello. E poi pensandoci entrambi avevano un punto in comune, oltre all'ovvio fatto di essere fratelli: erano tutti e due musicisti!
Oddio, forse musicisti all’epoca era una parola un tantino azzardata, specialmente per quanto riguarda Massimo, ma tutti e due suonavano la fisarmonica e Fabio si dilettava addirittura anche con la tastiera (e parlando del 1987 stiamo dicendo che era un tipo davvero al passo con i tempi!). Questa passione però è una finzione: in realtà da quello che mi ricordo nessuno dei due aveva mai scelto o sognato la carriera del musicista o della rockstar, ma sembrerebbe che la forte influenza del signor Aldo, il capostipite della nostra famiglia (si, nostro padre insomma), avesse portato i miei fratelloni ad imbracciare il loro primo strumento.
Praticamente il nostro paparino, affascinato dal soave suono della fisarmonica, e dalla compagnia che questa teneva nelle serate in cui tutto il vicinato si riuniva per assaggiare il vino novello prodotto da tal dei tali, decise per tutti e due che prendessero lezioni di musica. Credo che i miei fratelli gli abbiano dato immense soddisfazioni, perchè la stessa tattica qualche anno più tardi fu usata anche con me.

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[immagine di libero utilizzo da pixabay]

Non ricordo i dettagli della faccenda, ma una mattina appena sveglio scesi giù nella nostra dependance – chiamiamola così – e trovai un misterioso oggetto in garage coperto da una tovaglia bianca.
Quel mostro con le antenne gigante rispetto alla mia statura mi incuriosì parecchio, specialmente perchè vedevo spuntare pezzi di ferro ovunque, uno sgabello fuori dal telo e un paio di strane bacchette di legno in terra.
Senza pormi problemi di sorta sullo sbirciare tolsi la maschera al mostro e quella che vidi fu una batteria: quella cosa che io vedevo sbattere in televisione da persone che si contorcevano come forsennati, e che all’apparenza si divertivano da morire!
Spieghiamo: non è che in casa mia apparissero cose dalla notte al giorno, o che fossimo una famiglia così in blue jeans da farci regali e sorprese. Nè tanomeno Babbo Natale arrivava così senza avvisare, anche perchè la maggior parte delle volte per me non era arrivato nemmeno quando era atteso. No, più semplicemente Fabio con la musica ci lavoricchiava, faceva delle seratine, da solo o con dei gruppetti, e spesso capitava che rincasavano a notte fonda e magari lasciavano tutto da una parte per poi pensarci a mente fresca il giorno successivo. Quel giorno accadde proprio quello, il suo batterista non sarebbe stato a casa per qualche giorno, non gli andava di riportare tutto indietro e la lasciò in deposito da noi.
Maledetto.

“Ok” – pensai con voce alla "senti chi parla" – “queste sono le bacchette, io mi siedo da quest’altra parte” e iniziai a menare….Picchiavo, menavo, cercavo un ritmo che non esisteva, e mi contorcevo, imitavo quelli che vedevo in tv senza sapere nemmeno cosa stessi facendo. Suonavo.
La mia famiglia si accorse ben presto che ero sveglio, e richiamati dal baccano che stavo creando organizzarono la processione verso il garage. Mi guardavano, e ridevano soddisfatti e orgogliosi del loro bambino piccolino che si stava divertendo. E ve lo posso assicurare, sono passati 30 anni ma ricordo perfettamente quei secondi, mi stavo divertendo: non mi sono mai divertito tanto e ho rincorso lo stesso divertimento tutta la vita.
Mio padre, in quel momento, facendo dei ragionamenti di qualche tipo, si riempì di orgoglio guardandomi suonare. Mi guardava con gli occhioni pronti ad esplodere di lacrime per la commozione, ma questo lo immaginavo perchè mio padre nella gioia e nel dolore ha sempre la stessa faccia, non lascerebbe trapelare un'emozione nemmeno se vincesse alla lotteria.
Era riuscito a trasmettere la passione per la fisarmonica agli altri due figli ed ora vedeva che un altro componente della famiglia, insospettabilemente, era attratto dalla musica: Carte, settebello e primiera!
I suoi occhi parlavano chiaro, aveva capito quale sarebbe stata da quel giorno la mia strada, il mio talento. I suoi occhi lasciarono trasparire timidamente ciò che la sua mente stava gridando a gran voce: “Piccolo mio, diventerai un grande pianista!”

Il giorno dopo, il maestro Graziano - già noto alla mia famiglia per aver istruito i miei fratelli con la fisarmonica, e investito di totale fiducia sull'insegnamento di qualsiasi altro strumento di ogni tipo - era stato convocato a casa mia per decidere i giorni in cui avremmo iniziato lo studio del pianoforte.

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Che bel post

Che emozione grande dev'essere per un padre vedere un suo figlio travolto dalla stessa passione che sente per la musica...

Adesso sono padre anche io e confesso che non vedo l'ora di poter trasmettere delle emozioni a mio figlio!

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