Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). I primi approcci pt.1

in #ita7 years ago

I miei genitori si erano guardati bene dal comprare un pianoforte nuovo. Si erano guardati bene dal comprare un pianoforte in generale. Potendo contare su ben due figli musicisti, uno dei quali più attivo e curioso, avevano acquistato nel corso degli anni precedenti una quantità ragguardevole di strumenti musicali. In quel momento dentro casa, nella camera che avrebbe dovuto essere la sala da pranzo, erano immagazzinati i seguenti strumenti:

  • 1 tastiera elettronica modello Korg Ds-8
  • 1 tastiera elettronica modello Korg poly800
  • 2 fisarmoniche, di cui una super moderna e personalizzata. Fabio se l’era fatta costruire da Borsini, noto artigiano marchigiano, con tanto di impianto Midi. Questa, per chi non lo sapesse, è un’interfaccia per permettere a qualcosa di essere collegato a qualcos’altro, e utilizzare il qualcos’altro per far suonare il qualcosa come il qualcos’altro. Come l’USB, ma dieci anni prima
  • 1 tromba
  • 1 sax contralto
  • 1 chitarra classica
  • Impianto voce casse passive + mixer valvolare amplificato
  • diversi microfoni

E si, casa nostra le cose o si fanno in grande, in enorme, o non si fanno affatto.
Ogni strumento aveva a corredo i propri accessori, quindi c’erano in giro montagne di cavi, cavalletti, astucci, custodie, aste, e chi più ne ha più ne metta.
Volendo dilettarsi a suonare qualcosa non mancavano certo le alternative, c’era di tutto: e come nel famoso magazzino Londinese vendono tutto tranne gli elefanti, a casa mia c'era tutto tranne la batteria.
Poco importava, stavo per sedermi di nuovo su uno sgabello, di legno nero, a tre piedi e con la seduta in finta pelle imbottita. Sebbene fosse uno sgabello come quello su cui mi sedevo fino a qualche ora prima, era totalmente diverso: era uno sgabello da pianoforte.
Dovete sapere, infatti, che i musicisti hanno le loro cose fatte in un certo modo, e sono profondamente razzisti verso ciò che è diverso. Mi spiego.
Un pianista e un batterista cosa hanno in comune? Entrambi per suonare il proprio strumento devono stare seduti, comodi, su di uno sgabello poco ingombrante che li lasci liberi di muovere braccia e gambe.
Entrambi gli sgabelli hanno tre piedi, sono tondi, hanno la seduta imbottita, MA: uno è uno sgabello da pianista (in legno nero laccato, a richiamare il colore più usato per i pianoforti, regolabile in altezza con la seduta a vite), l’altro è uno sgabello da batterista (in acciaio cromato, a richiamare il colore più usato per le meccaniche, regolabile in altezza con la seduta a vite).
I meno attenti potrebbero dire “ehi, sono due sgabelli. Sono come due sedie. Saranno costruite con materiali diversi, ma al loro scopo assolvono allo stesso modo”
E no, cari miei superficialotti. Un batterista su uno sgabello da pianista, e un pianista su uno sgabello da batterista non sapranno suonare!
Lo guarderanno con profondo ribrezzo e lo utilizzeranno esclusivamente sotto costrizione. In questo ultimo caso, poi,il loro rendimento sarà al 20%. Si sentiranno spaesati come un gatto a cui hanno tagliato i baffi. Vedrete il pianista che si sente cadere, instabile, e il batterista che sembra l’abbiano ingessato. E per quanto la cosa possa sembrare assurda e faccia ridere, è esattamente quello che succede. Perché il batterista ha uno sgabello che è fatto in un modo e il pianista il suo che è totalmente diverso. Punto.
Lo stesso paragone lo vedremo su tutte le altre categorie, perché per quanto un musicista possa avere età, sesso, religione, estrazione sociale differente, ogni categoria avrà le sue caratteristiche SEMPRE UGUALI. Come i punk.
I punk sono sovversivi, contro il sistema, bla bla bla, e poi fra di loro sono tutti uguali (categoria presa a caso tanto per chiacchierare, non me ne vogliano).

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[immagine di libero utilizzo da flickr]

Sicuramente tra tutte le cianfrusaglie che erano ammucchiate nella stanza da pranzo/sala prove/studio, la tastiera era lo strumento che, dovendo scegliere, mi attirava di più. Andavo nel negozietto di strumenti musicali in centro con Fabio, che acquistava spartiti, corde per la chitarra, accessori per suonare, e spesso si fermava a provare le tastiere, le ultime novità. All’epoca le marche leader del settore erano la Roland, la Korg e la Yamaha. Tutti i tastieristi nei loro discorsi tecnici litigavano su chi avesse la tastiera migliore e più bella, e la disputa aveva lo stesso valore della preferenza tra i Beatles o i Rolling Stones, o il sempreverde tifo dei chitarristi tra Gibson e Fender.
Chiacchiere, niente di più. Tutte le case produttrici avevano ottimi prodotti, e in base alle proprie esigenze si riuscivano a trovare i compromessi con i modelli adatti. Io, comunque, tifavo per quella che diceva Fabio.
Una cosa però, accomunava tutte le tastiere di tutte le marche: il display giallo.
Il display giallo è stato l’interrogativo più grande del ventesimo secolo, perché a conti fatti l’hanno mandato in pensione solo nei primi anni 2000, quando la Ericsson tirò fuori dal cilindro la vera innovazione tecnologia, il T28. Un telefonino ultrasottile, con l’apertura a scatto e il display azzurro/verde! Wow. E chi l’aveva mai visto un display così? E infatti il prezzo di quell’oggettino, era paragonabile al prezzo che ha oggi lo smartphone che ti riconosce anche quando ti fai la barba. Perché il display, di tutti gli apparati elettronici, è stato sempre, solo ed esclusivamente, giallo?

La Korg ds-8, però, già anni prima del T28, aveva il display proprio azzurro/verde. Ed accidenti se non faceva la differenza. Per me poi, attratto soprattutto dai colori e dai particolari, quel display era una calamita.

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[Korg Ds-8 così come appariva a me. Liberamente tratta da vintagesynth.com]

Quel mostro elettronico era di fronte a me, per la prima volta senza Fabio che la suonasse.
Di quella particolare tastiera mi affascinava la forma, mi piaceva ovviamente il display e i suoi tastini, e mi piaceva sentirla suonare, ma non era mai stata mia intenzione o curiosità metterci le mani sopra per scoprire come funzionasse.
Qualcuno di più potente di me aveva però deciso ed io, ragazzino seienne, non avevo potuto far altro che arrendermi e diventare prigioniero del maestro Graziano.

  • “Allora eccoci qua. E così vuoi imparare a suonare il pianoforte?” – mi disse, seduto accanto a me di fronte alla tastiera, per rompere il ghiaccio

  • “E’ ?!??!” – pensai accennando un mezzo “si”, annuendo qua e la.

  • “Da oggi faremo un’oretta di lezione tutti i lunedi, vedrai che ti piacerà. Fra qualche settimana sarai già in grado di suonare San Martino, la conosci San Martino? Quella che fa San Martino campanaro, suoni tu, suoni tu, suona le campane, suona le campane, din don dan, din don dan” -

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Vorrei una foto del maestro

potrei addirittura postare un video. Ma non so se è il caso!

Allo sgabello ero già in deliquio 🤣

sembra un libro comico vero? qualcosa che proprio "nun pò esse"

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