Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo secondo - Mia madre
Il mio equipaggiamento, dopo le ormai numerose due lezioni di musica era sconcertante.
Avevo il mio primo libro di solfeggio, il mio primo metodo per pianoforte, un metronomo, uno sgabello da pianista, un pentagramma, una matita nuova ed un’utilissima gomma per cancellare. Non mi mancava niente.
I patti erano che ci sarebbe stata una lezione di musica ogni settimana di un’ora, e che io mi sarei impegnato quotidianamente per un’ora nello studio. Solfeggio, scrittura, e indice sulle note della tastiera; un’ora di più o meno tutto.
Nel mio vocabolario attuale, un patto è definito come un accordo tra due parti, che avendo discusso su qualcosa siano giunti a una definizione degli interessi conveniente ad entrambi. I miei avevano deciso luoghi modi e tempi, si può definire ugualmente patto?
Dal giorno successivo la mia seconda lezione di musica, fu coniata l’espressione che sarebbe diventata la mia principale fonte di stress, ansia, e tutte queste cose psicologiche negative, fino alla maggiore età. Dal mio punto di vista, in confronto, lo stillicidio è un atto di generosità, perché mette fine alle sofferenze molto più velocemente.
“Vai a suonare. Devi studiare perché noi il maestro lo paghiamo, e tu non fai niente”
Pronunciata da mia madre con un tono ottenuto da un cocktail di ansia, rabbia e preoccupazione, sapientemente misceltate fra loro.
Sempre, tutti i giorni, continuamente, fino a che non mi vedeva sparire verso la stanza della musica, e al mio ritorno c’era il rituale conclusivo, come la fatality in Mortal Combat:
“Quanto hai studiato? Sei sicuro? Perché io non ho sentito niente”
Cercavo di ignorarla, perché ero un bambino. Ma a voi, la stessa cosa, ripetuta nello stesso modo, per diversi anni, che effetto farebbe?
Ma era mia madre.
Mia madre, che donna. Ah se fossi riuscito ad apprezzarla allora quanto l’apprezzo oggi!
Una donna d’altri tempi sotto tutti i punti di vista. Per il suo modo di pensare, per il suo modo di comportarsi, per le sue azioni, per il modo di guardare al passato e di pensare al futuro. E per l’età.
E si, perché essendo l’ultimo dei famosi tre fratelli, ed essendo nato con un bel po’ di ritardo, mia madre non era più giovanissima. Il paragone lo facevo con le mamme dei miei compagni di scuola, tutte giovani e aitanti, mentre mia mamma – che aveva forze ed energie da vendere – aveva già sulle spalle le preoccupazioni e le responsabilità di figli adulti e la nuova sfida di una piccola peste in giro per casa.
Il suo aspetto pacioso, con le guanciotte rosse, cicciottella e bassottella, incarnava perfettamente la definizione della mamma. Il suo temperamento invece incarnava più il lupo grigio siberiano.
Mia madre era un vero uomo di casa, una persona tutta d’un pezzo, che gestiva l’economia, la pulizia, la fattoria, e la prateria (il piccolo terreno coltivato di cui disponevamo, ma la rima ci stava tutta).
Era lei, senza una laurea, ma praticamente senza istruzione, a fare il revisore contabile di famiglia. Guadagni e spese passavano per le sue mani, ottimizzando tutto. E così:
- I capelli me li tagliava lei, ogni paio d’anni, quando anche secondo il suo parere erano abbastanza lunghi. -Qui ci sarebbe da scrivere un altro libro, perché scrivendo questo sto facendo riaffiorare i miei ricordi, e mi sto rendendo conto di quanti traumi abbia subito. Ne parlerò col mio psicanalista- n.d.a.
Me li sistemava facendomi una orrenda riga laterale con il pettine. Essendo ricciolone, cosa succedeva: la parte pettinata, secondo il mio slang "spicciata", nei pressi della riga e del cuoio capelluto, si appiattiva, si allisciava e si plasmava alla forma del cranio. Alle punte, per altri lunghissimi centimetri i miei ricci indiavolati si notavano ancora di più, ma essendo stati pettinati perdevano la loro forma, si cotonavano, lasciandomi assomigliare a un mix tra uno dei cugini di campagna e un cane arruffato.
Lei era molto soddisfatta di quell'acconciatura, mentre a me fortunatamente non interessava, anzi odiavo che mi mettesse le mani in testa. Per me erano solo capelli in un modo o nell’altro, non passavo le ore davanti allo specchio per vedere se mi piacessi.
Mi mandava a scuola in quel modo e tutti mi prendevano in giro dandomi del capellone. Ricordo chiaramente il disprezzo di una maestra già anziana, e ormai stremata da anni di insegnamento a piccole belve, quando una mattina mi disse: -“ti do io 3.000 lire basta che ti vai a tagliare quei capelli” -.
La cosa buffa, è che quando da adolescente decisi per la prima volta che avrei portato i capelli lunghi, i miei genitori non erano d’accordo e ci scontrammo spesso. Mi dicevano che i drogati portavano i capelli lunghi, non i ragazzi per bene.
E allora da piccolo perché mi facevano portare i capelli lunghi? Avranno forse scoperto che a sei anni mi drogavo? Speriamo di no… - Il mio vestiario era rigorosamente al 90 per cento riciclato. Capi di alta classe, provenienti da fratelli, cugini, e amici di famiglia con figli ormai grandi. Tutte cose all’ultimo grido, chiaramente. E in condizioni pari al nuovo, se il termine di paragone è lo straccio per pulire per terra. La frase ricorrente della mia brava mamma era: -“tanto cresci, li metti solo qualche volta e poi li diamo a qualcun altro”-.
Le aspettative e la realtà sono sempre due cose diverse. Io non sono cresciuto tanto, e i vestiti addosso a me non hanno avuto vita felice, tra fango, ghiaia, pallone, bici e quant'altro. Poveri straccetti! - La spesa a casa si faceva, spesso, non mancava mai niente. Rigorosamente però i prodotti dovevano essere in offerta, e prima di procedere all’acquisto doveva essere stata verificata la convenienza verificando il prezzo nei tre supermercati facilmente raggiungibili da casa, al fine di poter scegliere in maniera accurata e senza pericolo di errore il prodotto a qualità/prezzo più conveniente. E' doveroso aggiungere che il bene doveva essere solo ed esclusivamente di prima o massimo seconda necessità. Niente vizi inutili, la nutella era un regalo che veniva concesso ogni tanto, e io per festeggiare la mangiavo tutta col cucchiaio direttamente dal barattolo.
Ecco una nota dolente che mia madre si trovava ad ascoltare spesso, la mia golosità.
Per quella ero e sono incontrollabile! Già da piccolissimo, era evidente che qualcosa non quadrava: non mangiavo niente di salutare, ma già solo farmi mangiare era una cosa complicata. La merenda poi, questa sconosciuta. Non volevo niente, a meno che non fosse accompagnato dalla nutella. Per farmi mangiare lo yogurt, erano arrivati a mettere un pochino di cioccolata nel fondo del cucchiaino, così che per mangiarla avrei dovuto prendere anche lo yogurt.
Quando mia mamma acquistava qualche dolciume, magari in previsione di qualche occasione speciale, io me lo sentivo. Sentivo nell’aria che mi nascondeva qualcosa, da quel suo modo di rispondere al mio “Mamma mi compri la cioccolata?” Il suo “no” era falso, era un no che intendeva dire “non te la compro perché c’è già, ma non te lo posso dire, altrimenti la finisci e la devo ricomprare”.
Quel “no” mi insospettiva, perciò nei momenti di quiete, girovagavo per casa e aprivo TUTTO. Ho aperto gli sportelli di ogni singolo mobile, ho aperto tutte le scatole contenute in essi, e ho ritrovato qualsiasi cosa. Tanti degli oggetti da me rinvenuti potrebbero stare in un museo.
Posate mai usate, bottiglie di vini, liquori, spumanti, e orribili cimeli da matrimonio. Bomboniere, pupazzetti, ceramiche, e altre cose inutili fatte addirittura in Peltro.
Il Peltro, secondo me, nemmeno chi l’ha inventato sa cosa sia. Io, per saperlo ho usato Wikipedia:
Il peltro è una lega composta principalmente di stagno (min. 90%), con l'aggiunta di altri metalli (rame, bismuto e antimonio). Anticamente, secondo la qualità e l'uso previsto, poteva contenere fino al 15% di piombo[1]. Oggi il piombo è stato bandito per la tossicità.
[un bruttissimo oggetto in peltro da pixabay]
Negli anni ottanta se ne faceva un largo uso, come la “spuma”, e come la spuma di colpo è arrivato e di colpo se ne è andato.
In quelle ricerche pomeridiane, spesso trovavo però quello che cercavo. Vasi di nutella, tavolette di cioccolata, pacchi di merendine o di biscotti. Quel cioccolatino o merendina che mi arrivavano ogni tanto come premio mi insospettivano, ce ne dovevano essere delle altre, e le cercavo.
Quando trovavo qualcosa nascosto nel più segreto e impensabile dei luoghi (secondo mia madre), mi sentivo come un pirata, che con una semplice intuzione riusciva a trovare la rotta e poi ad individuare il tesoro. E dovevo continuare a tenerlo lontano da occhi indiscreti.
Prendevo la scatola appena trovata, la aprivo sapientemente, prelevavo quel che mi spettava e poi la lasciavo li. Da sola. Ci tornavo poi più tardi, o il giorno dopo, ancora e ancora fin quando mia madre ritrovava solo la scatola vuota.
La sua faccia a quei ritrovamenti era fantastica: mi odiava perché gliel’avevo fatta anche questa volta, faceva l’arrabbiata, e sbraitava un pochino, ma si capiva che non lo era per niente, anzi, sono sicuro che dentro di sé sorridesse . E penso fosse anche un briciolo orgogliosa di avere una peste così furbetta come figlio, determinato ad ottenere sempre ciò che voleva.
No, oggi sono sicuro che non fosse arrabbiata in quei momenti.
Si arrabbiava sul serio solo quando non studiavo musica durante il giorno, perché “loro il maestro lo pagavano ugualmente”.
In ogni caso, non si è mai arrabbiata tanto quanto si arrabbiò la sera che la investii con il furgone di mio padre.
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Nei dialoghi di tua madre mi sembra di riascoltare la mia XD
Le mamme hanno il loro modo da mamma di dire le cose. Quando sono stufe di parlare hanno gli zoccoli di legno :)
Aahaha mi hai fatto ridere e ricordare tante cose! A casa mia non c'era mai nulla...nel senso che c'era un sacco di roba sana ma niente di "buono" o "sfizioso" tipo merendine, cioccolato, caramelle. Per cui appena c'era, qualcuno se l'accaparrava e non c'era più. E tutto era nascosto, come da te. E pure io, nei miei momenti di voglia di roba buona, cercavo in ogni angolo, aprivo ogni armadio, ogni scatola e quello che trovavo spariva in pochi secondi.
Quindi mi stai dicendo che sei mia sorella e possiamo andare a carramba che sorpresa??? :D
Mi hai fatto sorridere seguendoti nei ricordi domestici. Però voglio sapere il resto: sei diventato musicista?
Segui le puntate, non ti posso certo fare spoiler!! 😉
Scusa, ho scoperto con sgomento che mi ero persa tutte le altre. Perché non ti ho mai votato, ahimè?
Mi sto mettendo in pari e ho le lacrime dal ridere 🤣🤣🤣
Vero?? Perché non mi hai mai votato è?? Adesso per punizione diffondi il verbo, e studia perché ti interrogo!!! 😂