Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo secondo - la vanità

in #ita7 years ago (edited)

Lo studio procedeva sempre allo stesso modo, stesse cose noiose tutti i giorni, pregando che l’ora finisse subito. Altre due o tre lezioni con il maestro Graziano, non aggiunsero nulla di nuovo.

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Seconda elementare: si riparte!
Chiunque ami la scuola, la notte prima del rientro tra i banchi non dorme per l’emozione di riiniziare a studiare. Chiunque odi la scuola, la stessa notte non dorme per l’emozione di rincontrare amici che non vede da mesi.
Non importa se ami o odi la scuola, ma quando sei bambino il giorno prima di rientrarci non dormi.
Io non dormii, la motivazione non è fondamentale.
Durante il primo giorno di scuola alle elementari si racconta che cosa è successo durante l’estate, e i racconti erano giusto un po’ gonfiati. Si passava da chi aveva passato i mesi estivi a ristrutturare casa, ed era passato da avere quaranta metri quadri senza giardino ad una villa con piscina e campo da tennis privato, a chi era stato in paesi talmente tanto lontani da avere bisogno della Delorean di “Ritorno al futuro” per andare e tornare in tempo per il rientro a scuola (aggiungiamoci che il primo Ritorno al futuro era un cult proprio di quel periodo…e noi pensavamo che non fosse fantascienza, ma che quell’auto esistesse realmente e che anzi, da li a poco, ognuno di noi ne avrebbe avuta una. I più fantasiosi raccontavano di averla già!).
I compagni erano gli stessi, e con ognuno di loro c’era un rapporto speciale, nel bene o nel male.
Vanessa, che non vedevo da tre mesi, per me era ancora più bella. Secondo me, e secondo tutti. Era lei, infatti, la più bella della classe, contrastata solo da Tiziana che riscuoteva un buon numero di preferenze. Vanessa aveva l’unanimità, Tiziana aveva del potenziale. Io ero un bambino di sani principi, Tiziana mi piaceva, ma ero innamorato di un’altra. Mi dispiace.

Non credo molto nel destino. Credo che ognuno di noi cerchi conforto in qualcosa di più grande, che possa aiutare in alcuni momenti, principalmente dal punto di vista psicologico.
Alcuni lo chiamano destino, alcuni Dio, alcuni fortuna. Ognuno si rifugia in ciò che gli fa più comodo.
Io voglio pensare che è l’ennesima strana coincidenza, per cui negli stessi giorni in cui sto ricostruendo la mia storia e rendendola pubblica, sia partita, dalla mente del volenteroso di turno, l’idea della reunion delle elementari. Sto risentendo, perciò, racconti che la mia mente aveva rimosso, e conoscere i bambini che eravamo, ormai uomini e donne con tante storie da raccontare, fa un certo effetto.

Il mio ruolo all’interno della classe, ma in generale degli agglomerati di persone, non è mai stato di leadership. Non sono stato mai eletto, né mi sono mai sentito, il più bello, il più figo, il più interessante o il più intelligente. Non ho mai avuto episodi di bullismo vero e proprio, avevo amici simpatici e amici antipatici. Roba da bambini, funziona così, e fin quando è così lo reputo anche sano, serve a diventare grandi.
Un’infanzia fortunata, a sentire ciò che sento oggi.
Questo non vuol dire però, che avendone l’occasione, non mi piacesse vantarmi di qualcosa, o sentirmi in qualche modo speciale. A chi non piace?
E mi resi conto di avere una nuovissima freccia al mio arco, una cosa che avrebbe potuto farmi apparire “cool” (allora si diceva ancora figo). Mentre nessun bambino aveva praticamente hobby riconosciuti, con scadenze prefissate e impegni improrogabili, io avevo iniziato a studiare musica. Lo dovevo fare tutti i giorni, avevo un maestro a cui rendere conto, e i miei genitori lo pagavano molto.
Gli altri si limitavano a cercare di organizzare una partita di calcio di fortuna. Io invece avevo iniziato a studiare musica, e avevo pure un computer. E non il “Commodore 64” a cassette, con quei giochini sfigati: io avevo la Ferrari della Commodore, l’“Amiga 500”. I miei coetanei giocavano a “Space Invaders”, io avevo la cloche che mi consentiva di azzeccare gli special a “Street Fighter”. Solo al bar si poteva fare di meglio.
Bene, avere un fratello maggiore appassionato di elettronica aveva avuto il suo primo punto a favore, l’Amiga era tutto merito di Fabio.
Anche se non ero il più bello e il più interessante, perciò, queste argomentazioni potevano risultare utili nelle competizioni infantili. E di competizioni, quando si è bimbi, oh! Se se ne fanno!
Mi vantavo di una cosa che non sapevo ancora fare, che odiavo dover fare, e che avevo iniziato da poche settimane, ma quel nuovo punto di vista mi rese la pillola meno amara.
Iniziai a parlare sempre più frequentemente del mio amore per la musica e della dedizione con cui dovevo applicarmi quotidianamente per poter ottenere risultati soddisfacenti in breve tempo.
Sono sincero: non gliene fregava niente a nessuno di ascoltare quella storiella, nessun bambino mi ha mai guardato stupito, e nessuna bambina mi è mai saltata al collo per quel motivo. Vanessa ha continuato a ignorarmi, così come tutte le altre bambine della classe. Ma bastava la soddisfazione, la vanità con cui dicevo quelle cose. Sono nate tra quei banchi, in quei cortili, e confrontandomi con quei bambini. Con quelli simpatici e con quelli antipatici.
La vanità di saper fare qualcosa di più mi faceva sentire migliore, superiore agli altri.
E ogni bimbo vuole essere migliore di un altro: l’umiltà si impara con l’esperienza, non di certo alle elementari!
Quella vanità, quella sensazione gratificante, sarebbe diventata il carburante di una vita intera.

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Le competioni fra bambini me la ricordo ancora. Tu avevi la musica io avevo lo sport (a 5 anni facevo già 4allenamenti a settimana). In effetti quell'ambito dove sempre di più riuscivo ha formato il mio carattere consentendomi di relazionarmi meglio con gli altri. In fondo in qualche cosa già ero capace - nelle altre potevo permettermi di sbagliare👍

Ammazza,pure te avevi un bel da fare vedo....

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