Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo 4 - L'incertezza

in #ita6 years ago (edited)

Mia madre, dopo la prima lezione di sax, non disse niente. Capì che avevamo solo chiacchierato, perciò si limitò ad allenare l’espressione preoccupata, che di li a poco avrebbe indossato quotidianamente.

La seconda lezione, però, produsse un suono. E venne percepito distintamente nelle stanze adiacenti.
Attese impazientemente che lo scooter del maestro lasciasse il vialetto, e lasciò che le parole uscirono dalla sua bocca più velocemente di quanto i suoi pensieri riuscissero a elaborare:
-“ora che ci sei, perché non continui a suonare? Non riiniziamo come con Graziano, perché questo maestro costa il doppio”.

-“mà, io vado al campo”- le dissi, trattenendomi dall’usare un linguaggio più colorito. E andai ad allenarmi.


Gli esercizi di teoria, per quelli che iniziano a studiare musica, sono di una noia mortale.
Gli esercizi di tecnica, per quelli che iniziano a studiare musica, sono di una noia mortale.
Gli esercizi di respirazione, per quelli che iniziano a studiare uno strumento a fiato, sono di una noia mortale anche per uno che già è resuscitato un paio di volte.

La serietà con cui avrei dovuto impegnarmi, per cercare solamente di far emettere un suono al mostro dorato, era seconda nella mia scala di difficoltà solo a quella dei Religiosi. Di quelli veri, i Credenti. Di qualsiasi Religione si tratti.

book-3192019_1920.jpg
immagine CC0 creative commons
Un Testimone di Geova, deve amare davvero tantissimo la sua Fede, per fingersi un venditore di Folletto la domenica mattina e girare per le case, piazzando un depliant nelle mani di un malcapitato, che con gli occhi ancora appiccicati dal sonno apre la porta cercando di mettere a fuoco la sagoma che si intravede, immersa nella luce invadente del sole. E dopo questa violenza, cercare di convincere lo stesso malcapitato, che questo comportamento sia uno stile di vita talmente invidiabile, da necessitare di essere divulgato.

chungnam-2282612_1920.jpg
immagine CC0 creative commons
Un Buddhista deve essere davvero molto devoto alla sua Fede, per rimanere li, a riflettere su qualcosa, per una quantità di tempo illimitata. Dal mio punto di vista un Buddhista ha un sacco di problemi irrisolvibili, perché se fossero problemi meno seri, ci vorrebbe molto meno e potrebbe dedicarsi anche a qualcos’altro. E sempre dal mio modesto punto di vista, se ci vuole tutto quel tempo per cercare una soluzione a quel problema, probabilmente non c'è soluzione.
D’accordo. Tutto ha una soluzione.
Ma non è detto che tutti siano in grado di trovarla, no? Meditateci, Buddhisti.

minaret-3189987_1920.jpg
immagine CC0 creative commons
Un Musulmano, dimostra una forza di volontà invidiabile, per un mese intero, in un periodo dell’anno dove i quaranta gradi all’ombra sono realtà pure sul Cervino, a non mangiare e bere dall’alba al tramonto. E per un livello di difficoltà maggiore, quel periodo coincide stranamente con i giorni dell’anno in cui l’alba arriva prestissimo, e il tramonto tardissimo.
Grande stima per voi. Io purtroppo sono abituato ad almeno due pasti al giorno, e sei o sette spuntini. Se esco la sera, diventano otto o nove.

cemetery-1169701_1920.jpg
immagine CC0 creative commons
Ma anche il Cattolicesimo, quello più di moda dalle nostre parti, ha i propri Ultras. Non hanno sciarpette colorate, non hanno bandiere, ma un sacco di Crocifissi, Rosari e simboli Sacri.
Neocatecumenali.
Loro, praticano il sesso esclusivamente se destinato alla riproduzione.
E’ una descrizione semplicistica, sicuramente sono molto di più di questo, ma la prima volta che ho sentito una cosa del genere, ho avuto molta paura e non ho voluto sapere niente di più.
Mi sono messo le mani alle orecchie e ho iniziato a urlare: -“ulahlahlahlahlahlahlah”-

Ci vuole troppo impegno ad essere un Religioso serio. Io sono uno di quelli della Domenica, una volta ogni tanto.
Eppure anche queste espressioni, a mio modo di vedere estreme, di credere in qualcosa, non sono niente rispetto a quello che avrei dovuto passare.
La meditazione prima o poi finisce, il Ramadan pure, i Neocatecumenali evidentemente si divertono in altro modo, i Testimoni di Geova avranno bisogno di fare amicizia, e sanno che la domenica mattina trovano tutti a casa.

Io invece no. Io non potevo sottrarmi.
Mi erano stati prescritti esercizi per il giorno, esercizi per la sera. Esercizi per il fisico, esercizi per la mente.

Per diventare un sassofonista, non uno Jedi.

ESERCIZI DELLA SERA
Sdraiarsi a letto, in posizione supina, e posizionare sulla pancia il vocabolario più pesante che avevo in casa. Avevo scelto quello di latino, per mole e perché come lingua mi ricordava la penitenza.
In questa posizione dovevo fare in modo che la mia pancia si gonfiasse e si sgonfiasse. Era come un allenamento in palestra: invece degli addominali facevo pancia, e invece dei pesi usavo il vocabolario.
Spending review e re-use.
Ero shabby chic prima che lo inventassero.

ESERCIZI DEL GIORNO
L’oretta quotidiana di studio pattuita anni prima, si era riproposta con il restyling della formula di mia madre:
-“vai a studiare perché noi il maestro lo paghiamo il doppio di Graziano, e tu non fai niente”. -
Avevo avuto solo qualche mese d'aria: lei, il sommo comandante, era tornata più agguerrita e preoccupata che mai, del lastrico imminente su cui avrei trascinato la mia famiglia.
Gli esercizi di quell’oretta, stavolta, erano il solfeggio, nella sua variante più professionale – cantato – e delle strazianti note lunghe.
Il solfeggio cantato era uguale al solfeggio normale, solo che oltre a dire:
Doooooo
Reeeee
Miiiii
sempre con la stessa intonazione e entusiasmo, dovevo cantarle per come suonavano.
Il mio maestro costoso, stava facendo anche un lavoro a livello psicologico.
“Se, guardando uno spartito, sai solfeggiarlo e sai cantare le note che lo compongono, quando lo suonerai saprai già come fa, e sarà più semplice”

Pick-up these coins, Osho.

Le note lunghe, invece, erano proprio quello che dice la parola. Note suonate fino a morire.
Dooooooooooooooooooo, soffiando nel sax fino a quando non diventavo blu come grande Puffo, e non andavo in crisi d’ossigeno.
Un’ora così. Sempre. Serviva a respirare, diceva. E ovviamente a far suonare quelle come note e non come pernacchie.

Eppure a me, dopo le note lunghe, veniva un forte giramento di testa e mi si appannava la vista. Il saggio maestro, però, aveva la spiegazione a tutto.

“Il tuo corpo è abituato a respirare coi polmoni; se lo fai con il diaframma non è preparato, e l’aria non arriva al cervello. E’ tutto normale non ti preoccupare”.


Andai avanti così.
Scuola/allenamenti di atletica tre volte a settimana/e un’oretta di sesso orale con il sax tutti i giorni. Fino a giugno.

A giugno, il simpatico professore di matematica, tifoso della Ferrari, decise che non ero all’altezza di qualcosa che sapeva solo lui, e mi diede il corso di recupero.
Era la prima volta che nelle scuole superiori venivano introdotti i corsi di recupero.
Fino all’anno precedente, se non eri bravo in una materia si rimandava a settembre. Quell’anno, invece, arrivò la prima riforma scolastica. Se non si era preparati in una materia, si dava il corso di recupero, che non si sapeva in cosa consisteva, dove si sarebbe dovuto tenere, quando, per quanto tempo.
Non si sapeva niente altro se non che “ti hanno dato il corso di recupero”.
Peccato, perché mi ero impegnato, e in tutte le altre materie avevo ottenuto ottimi risultati.

A casa mia, questa notizia fu accolta con la stessa gioia con cui si accoglie la notizia di un licenziamento, di un incidente grave, o di una morte precoce.

Silenzio, sguardi di disprezzo, una delusione nell’aria che si poteva tagliare con il coltello.
Mio padre, quello vero, praticamente non mi rivolse la parola. Era incazzato nero.
I miei padri adottivi – i miei fratelli – contribuirono a enfatizzare l’avvenimento, facendolo percepire come un fallimento che a confronto, la Parmalat, tutto sommato, era un buon investimento.

Avevo iniziato il Liceo Scientifico, sicuro di poter affrontare una scuola così difficile, e mi avevano dato il corso di recupero della materia principale.
Maledetto professore. E maledetta matematica.
Non mi era più antipatica: la odiavo.

La defaillance, portò consensi al partito di mia madre.
I suoi comizi familiari, in cui veniva enunciato che io non facessi niente, avevano incassato il primo risultato favorevole.
Iniziarono un po' tutti ad appoggiare lei e a screditare me. Come studente avevo avuto degli scivoloni, come sassofonista avevo iniziato con lo stesso piede con cui avevo finito con Graziano.
L'incertezza divenne una prerogativa da parte di un po' tutta la famiglia.

Ero promettente in atletica leggera. Ma non gliene fregava niente a nessuno.


Piccolo spazio, pubblicità. Se ti è piaciuto questo post, torna a farti un giro ogni tanto. Nel frattempo:
alte text

Sort:  

Ah il debito in matematica era sempre lì dietro l’angolo, in agguato!!! Come ti capisco..

Molto divertente la parte sulle religioni che hai elencato 😂

Le religioni sono sempre una cosa divertente. Tipo il mago Otelma :)

Giustooo 😂😂😂

Che stress....con tutti gli impegni che avevi dev'essere stata dura. 🤭

Ma chi l'ha dura.... La vince :)
E cmq i bambini moderni hanno molti più impegni...poveri loro!!

È uno spasso leggere i tuoi post!! :-)

ehehhe anche i tuoi sono ottimi, infatti ho visto un certo postIT ;)

Coin Marketplace

STEEM 0.18
TRX 0.15
JST 0.031
BTC 60608.46
ETH 2637.09
USDT 1.00
SBD 2.62