Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo 3 - La cura pt.1

in #ita7 years ago (edited)

-“Signora, dovrete andare a Roma, e sperare che lo ricoverino perché qui non sappiamo cosa altro fare..”- disse la dottoressa a mia madre.

doctor-1228627_1920.jpg
[immagine di libero utilizzo pixabay]

Il problema era il seguente: avevo già stazionato senza successo nell’ospedale del mio paese per cinque giorni, e in quello del paese vicino per due settimane. Le fitte, non solo si presentavano senza nessuna causa apparente, ma nessun esame dava risultati degni di nota.
La sola possibilità era farsi visitare in un centro più grande, più specializzato e con esami più approfonditi.
Già, ma come spiegare a dei medici di un ospedale di Roma che un ragazzino di 14 anni, con tutti gli esami a posto, doveva essere ricoverato perché aveva dei dolori al petto?
I dottori del mio paese non potevano fare richiesta di trasferimento, perché non avevano in mano niente e non potevano prendersi responsabilità.
A Roma, seppure avessi conosciuto qualcuno, mi avrebbe prescritto esami ambulatoriali, magari con tempi di attesa di qualche mese.
No, la strada non era quella, ci voleva un’idea..

L’idea fu quella di avventurarci, arrivare a Roma e presentarci in ospedale.
Le mie crisi purtroppo erano molto frequenti, le conoscevo alla perfezione, conoscevo la sensazione e il dolore che portavano con loro. Tutto sommato l’anticamera di Pronto Soccorso sarebbe stata di diverse ore, e anche se non avessi avuto un problema all'istante, la probabilità di avere almeno un episodio era molto alta.
Le crisi, inoltre, non avevano sempre la stessa intensità. A volte il dolore era improvviso e lancinante, persistente per alcuni lunghissimi secondi, altre volte era fievole e latente.
Semmai i dolori nelle ore di permanenza in Pronto Soccorso non fossero stati insopportabili, avrei accentuato giusto un pochino i sintomi.
Riuscii ad essere convincente.

Un quattordicenne, secondo le regole dell’ospedale Romano andava piazzato in pediatria. Mi parcheggiarono in uno stanzone pieno zeppo di bambini, e per bambini intendo zero-tre anni circa. Li dentro mi sentivo come Gulliver (ed era una sensazione strana visto che non sono mai stato un Watusso).
Mi sequestrarono un mese. Un mese intero. 30 giorni.

Mia madre mi stette vicino fin dall'inizio, ma dopo qualche giorno, passato a dormire su una sedia a decine di chilometri da casa, se ne andò. Ero abbastanza sicuro che dentro un ospedale sarei sopravvissuto anche senza di lei, perciò la congedai e la rispedii a prendersi cura di mio padre e di Fabio. Sarebbero potuti venire a trovarmi la domenica.

Libero da vincoli e senza Ipad, anzi senza nemmeno l’idea che prima o poi avrebbero inventato niente del genere, dovevo trovarmi qualcosa da fare tra un esame e l’altro.
Anche se molti esami durarono parecchie ore, in un ospedale si ha molto tempo a disposizione e bisogna tenersi occupati. Io scelsi di fare il baby sitter (semplice in un reparto di marmocchi) e l’infermiere. Non l’infermiere che fa le punture, ma l’infermiere che fa la pausa coi colleghi.
Praticamente mi trasferii nella guardiola a chiacchierare tutto il giorno con le signore e con la suora. Accompagnavo pure una delle infermiere a fumare, e ogni tanto mi dava una sigaretta, tanto io fumavo da una vita. Specialmente se si definisce fumare accendere una sigaretta e fare “fiuuuu” col fumo senza respirarlo, fumavo da almeno dodici anni!
Lei mi prendeva in giro che non respiravo, ma di fatto era felice che, anche se volessi fare il grande, facevo solo una sceneggiata e poteva stare tranquilla: non sarebbe stata la complice della mia morte imminente.
Nelle ore in cui non ero in guardiola, tenevo i bambini per le mamme esauste da lunghe notti insonni, o aiutavo la suora nelle lezioni/giochi ai bimbi del reparto.
Insegnai a una bimba di nome Chiara a muovere i primi passi senza tenere le mie mani, e la mamma per la gioia mi diede ventimila lire. Due pezzi blu da diecimila. E con ventimila lire all’epoca ci si compravano tante tante cose, non come oggi che cambi cinquanta euro, compri quattro stupidaggini, e ti resta una manciata di monete.

Tutta questa vita sociale era intervallata da visite ed esami. In ordine sparso mi fecero:

  • Un quantitativo preoccupante di Rx Torace da ogni angolazione
  • Analisi di tutti i fluidi corporei
  • Elettrocardiogrammi vari, ed Ecocardiogrammi vari (i medici vi sapranno spiegare la differenza, io non la so)
  • Applicazione dell’holter (una specie di walkman con una cassetta che registrava il battito del cuore per 24 ore)
  • Prova da sforzo (un tempo interminabile correndo su un tapis-roulant a velocità sempre crescente fino allo sfinimento. Vomitai appena sceso da quel marchingegno)
  • Colloquio con lo psichiatra. Si, con lo psichiatra.

Non si può certo dire che non mi rivoltarono come un calzino.
Una cosa che si può dire, invece, è che non trovarono nulla di anormale. Motivo per cui optarono per un colloquio con lo psichiatra, l’ultima spiaggia per vedere se le origini del mio male fossero i mostri nella mia mente.
Dopo un brevissimo colloquio con questo signore sulla sessantina, barba incolta, camicia a quadri rossa e blu, e gilet, arrivò la sua sentenza:
*-“hai cambiato scuola, il problema è sicuramente l’ansia. Prendi queste gocce la mattina e fatti seguire da uno psicologo. Niente sport individuali, ma tassativamente sport di squadra”.
Diagnosi ottenuta, problema risolto.
La mia villeggiatura in quel posto si concluse con la breve chiacchierata insieme a quel tipo con gli occhiali tartarugati, un po’ grandi per il suo volto.
Arrivarono i miei e facemmo le valigie. Qualche lacrima scese insieme alle infermiere e alle mamme dei bambini molto più sfortunati di me, che avevano problemi ben più gravi e sarebbero dovuti rimanere li chissà per quanto tempo ancora. Nella disgrazia, anche nei casi più gravi, quelle donne erano un esempio di solidità psichica e fisica. Bellezza interiore da vendere, che si esternava con una solarità e una positività che noi FORTUNATI ci sogniamo.
E ritornammo a casa.
Al mattino dopo sarei tornato a scuola dopo un mese.
Chissà che accoglienza avrei trovato, chissà i miei amici quanto sarebbero stati felici di rivedermi.
Da li a poco quelle gocce con il nome così buffo, Lexotan, avrebbero sistemato i miei problemi e io sarei tornato in perfetta forma.


Piccolo spazio, pubblicità. Se ti è piaciuto questo post, torna a farti un giro ogni tanto. Nel frattempo:
alte text

Sort:  

Forte!!!!!!!!!!! dai tutto è bene quel che finisce bene!!

Bhe ancora non lo sappiamo come è andata a finire :)

Fiuuuu mi avevi fatto preoccupare! L'ansia può fare brutti scherzi, soprattutto da adolescenti...

Poi da adulti diventa una cosa di cui vantarsi. Ho visto pure le magliette con scritto "c'ho l'ansia"

Mamma mia l’ansia, un mostro silenzioso, che si puó manifestare in modo subdolo.
Per fortuna tutto fumo e niente arrosto!
😊

Ne sei così sicura? 😉

Mmm no.. 😱

Certo in un mese di ospedale non hanno pensato prima a farti fare quella benedetta visita? 😅

Meno male, anche se i dolori psico-somatici non sono da prendere troppo alla leggera

Coin Marketplace

STEEM 0.18
TRX 0.15
JST 0.031
BTC 60666.02
ETH 2636.73
USDT 1.00
SBD 2.60