Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo 3 - L'Epilogo pt.2

in #ita7 years ago

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[immagine di libero utilizzo da pixabay]

A un occhio poco attento, potrebbe sembrare che ci troviamo in un punto estremamente triste della storia. Delusione, problemi di salute, scuola. Un ragazzino di quattordici anni, travolto da un tornado che spazza via qualunque cosa trovi sulla sua strada. Bella o brutta che sia.
Ebbene, invece non è così. Facciamo un elenco e analizziamo il contesto.

SALUTE
I miei problemi di salute erano stati metabolizzati, non sapevo ancora come si sarebbe evoluta la situazione, soprattutto mollando la cura farmacologica e il supporto psicologico, ma sentivo di non aver bisogno di qualcuno che mi dicesse cosa fare e come farlo.
Non mi preoccupava minimamente non aver dato retta a quel pazzoide. Non avevano trovato nulla di fisicamente patologico, mi bastava quello. Tutto il resto era nelle mie mani, e solo io avrei saputo cosa fare, nessun altro.
La salute, si sa, è la cosa più importante.

SCUOLA
A scuola, per quanto fossi stato assente per tutto quel tempo, trovai qualche difficoltà solamente nelle materie scientifiche, in cui due mesi equivalgono a un’eternità. Appianai queste difficoltà dandomi da fare più del solito, e vi confesso che il mio solito era studiare non più di un’oretta al giorno. Per un po’ ne dovetti studiare un paio, e zoppicando arrivai al compito di gennaio che riuscii a guadagnarmi la sufficienza.
Per tutte le altre materie colmai il mio gap con gli altri compagni abbastanza agevolmente, non ero l’ultimo cretino del pianeta, e agli inizi del primo superiore non si corre così tanto. Per quanto riguarda i rapporti, ci furono persone con cui strinsi un rapporto speciale, che sarebbe durato negli anni, e persone che erano semplici compagni di classe, suonata la campanella sconosciuti qualsiasi.
Questa condizione sociale non era dissimile da quella che avevano trovato, giusto per citare un esempio, i miei ex compagni di classe nelle loro nuove condizioni. Non mi sentivo perciò diverso o escluso.
Ci sono i simpatici, gli antipatici, gli amici, e gli estranei. C’erano per tutti e lo stesso valeva per me.

SPORT
Nel Karate, al rientro dal campionato italiano, pensavamo che sarebbero successe grandi cose. Non era però tutto oro quello che luccicava.
Ci stavamo preparando per l’esame di cintura nera (da marrone a nera deve passare un anno), ma nel frattempo gli interessi del maestro stavano andando oltre gli interessi verso i suoi allievi.
Avremmo dovuto cambiare sede, sarebbe stata più lontana e scomoda da raggiungere.
Iniziavamo poi a farci le nostre domande, sull’utilità del Karate nelle nostre vite.
Ci aveva dato disciplina, è vero. Ma come sport, nel nostro paesino, non sarebbe mai potuto essere più di quel che stavamo facendo. Non avremmo mai avuto nessuno sbocco agonistico di nessun tipo, a maggior ragione ora che le carte si stavano mescolando.
A quattordici anni se non c’è qualcosa che ti tiene vivo l’entusiasmo, si entra facilmente nella routine e nella noia.
Gli unici traguardi, erano nella carriera personale. Sicuramente la cintura nera faceva gola, ecco.
Raggiunta la cintura, c’erano gli step successivi, che si chiamano DAN e avevano un percorso lungo e per niente affascinante.
Cintura nera, Cintura nera primo DAN (a un anno dalla nera), Cintura nera secondo DAN (a due anni dalla nera primo DAN), Cintura nera terzo DAN (a tre anni dalla nera secondo DAN) e via dicendo.
Il traguardo maximo per un Karateka, era essere cintura nera decimo DAN, e facendo un rapido calcolo, per raggiungerlo, ci volevano 55 anni.
Cinquantacinque. Più i cinque che già avevo fatto, faceva sessanta.
L’entusiasmo, a questi calcoli, si spegneva facilmente.
Perciò quel veto da parte del Dottore pazzoide, mi provocò un minimo di tristezza perché aveva sancito la fine di un grande amore, ma non ne feci un dramma più grande di quello che era.

Tutte queste cose messe assieme, affrontate con un atteggiamento diverso, avrebbero potuto provocare qualche minimo tentennamento.
Per come le affrontai io, erano un piccolo scotto da pagare per godere dell’incommensurabile, incontenibile, e indescrivibile gioia della fine della mia rottura di *****, che mi tormentava l'animo dalla prima elementare!
Questa idea, da sola, scacciava via qualunque negatività e qualsiasi ansia, qualunque cosa significasse!
Niente più tarantelle, mazurke, polke, waltzer.
Niente più scelta di suoni fra fisarmoniche, fiati, violini tzigani, pianoforti e organi a canne.
Niente più maestro Graziano, che non mi ha fatto mai suonare una fottuta canzone dei Beatles, ma mi ha sempre presentato solo ed esclusivamente canzoni popolari di epoca Etrusca.
Niente più solfeggio, con quei movimenti poco virili, mentre con la bocca in posizione altrettanto ambigua pronunciavo un DO-O-O-O.
Ma soprattutto. Soprattutto….
Mia madre non avrebbe dovuto MAI PIU’ pronunciare la frase “vai a suonare, perché noi il maestro lo paghiamo e tu non fai niente”
Altro che momento triste della storia.
A ridosso delle vacanze di Natale 1994, ero l’esempio di me stesso più felice che fino a quel momento avessi conosciuto.
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[immagine di libero utilizzo pixabay]


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Avanti con il racconto, ti sto seguendo passo passo!!

Insomma, in una parola...libertà? :D

Sicura? È la tua risposta definitiva?

Ahaha! Era una domanda! In realtà, prima di rispondere con sicurezza vorrei capire se come immagino ci siano state delle evoluzioni...quindi resto in attesa! Più che di libertà parlerei forse di liberazione :P

Bhe leggi oltre.. Questo è di ieri 😊

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