CDUMDS (come diventare un musicista di successo). Capitolo 5 - Showcase

in #ita6 years ago (edited)

Lo spirito con cui iniziarono le vacanze estive 1997 non era dei migliori, le occhiatacce che giungevano dai miei familiari non rendevano le cose più semplici.

  • Dal Lunedi al Venerdi mi avrebbe aspettato Beniamino, col suo furgone, e la fatica associata.
  • Il Sabato e/o la Domenica mi sarebbe toccata la banda, con un ritmo sempre più incalzante.
    Ero infatti stato promosso a primo sax, ma in sostituzione. Significava che sarei stato sempre reclutato nel ruolo del secondo sax, quindi presenza fissa, ma in mancanza di qualcuno dei primi sax, lo avrei fatto io.
    Avevo iniziato la scalata verso una posizione bandistica di prestigio, una remunerazione adeguata, e un rispetto sempre crescente all’interno del gruppo.

Ogni mia uscita, quell’estate, avrebbe avuto un compenso di 20.000 lire. Quanto una giornata in giro con Beniamino a trasportare mobili.

Con questa novità, il mio disgusto verso il Sax, iniziava ad assumere dei contorni più dolci.

I miei genitori, sapendo che il loro figlioletto avrebbe percepito circa 500.000 lire mensili, continuavano a guardarmi male, ma sembravano meno turbati dalla storia dei tre corsi di recupero.

Mio fratello Fabio, invece, mi presentò Emilio.

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Immagine CC0 creative commons

Emilio era il figlio di un suo ex-professore, con cui era rimasto in buoni rapporti. Sapeva delle serate che faceva in giro, e desiderava inserire il figlio, studente di tastiera, nel circuito.
Così, tanto per fargli fare un po’ di gavetta.

Fabio non avrebbe potuto passargli nessuna serata, poiché il ragazzo era troppo giovane. Non aveva ancora compiuto 18 anni, non ne conosceva le capacità tecniche, ma in ogni caso non avrebbe avuto l’indipendenza nel poter gestire la serata, mancando di strumentazione adeguata, ma soprattutto della macchina per spostarsi.
Il padre, perciò, aveva attinto tra le sue conoscenze, cercando una situazione che fosse congeniale per le proprie esigenze e per quelle del figlio. Lo avevano indirizzato verso un ristorante/pizzeria, “il Giardino” che si trovava appena fuori il nostro paese.

Un maestoso ingresso, una struttura imperiosa dei primi del settecento, con un giardino immenso e curato nei minimi dettagli, personale cortese e competente, e clientela d’alta classe, era tutto ciò che mancava al ristorante “il Giardino”.
Quello che aveva, invece, era una casupola prefabbricata, dentro la quale il pizzaiolo cercava di limitare i danni alle sue articolazioni nella preparazione della pizza, e una quindicina di tavoli di plastica, con le sedie di plastica, nel cortile antistante la casupola prefabbricata.
Quel cortile era “il Giardino”, e dava il nome al posto.
L’unico verde presente, erano le sterpaglie tutto intorno, e quelle che bisognava attraversare procedendo sulla strada sterrata che portava al ristorante, una volta usciti dalla strada principale.

Insomma: un posto sperduto nel nulla, ma a due minuti di macchina dalla realtà.

Il Giardino era aperto da Giugno a Settembre, e per quanto la cosa possa sembrare inverosimile, c’era sempre gente, era popolato e le persone si trattenevano anche più del necessario.
Il proprietario non era quel che si usa definire una persona simpatica, ma non era nemmeno sgradevole. Probabilmente la descrizione che più gli calza addosso, era disinteressato.
Lui stava li, pensava ai fatti suoi, e tutto il resto, fin quando non diventasse un grosso problema, non era importante.

Visto l’atteggiamento neutral-disponente del proprietario, il papà di Emilio ci si accordò per far esibire il figlio nei fine settimana. L’avrebbe accompagnato lui, l’avrebbe aiutato a montare la poca strumentazione necessaria, e sarebbe andato a riprenderlo intorno alla mezzanotte.
Il proprietario acconsentì, non solo senza alcuna opposizione, ma incoraggiando il ragazzo promettendo 20.000 lire di compenso per ogni serata. Il venerdi, il sabato e la domenica.

Con un unico accordo, il proprietario aveva avuto intrattenimento a buon mercato, che se non fosse stato di qualità super eccellente, avrebbe potuto spacciare come gesto di incoraggiamento verso una gioventù affamata di esperienze; il padre di Emilio aveva ottenuto un ingaggio per il figlio, che gli avrebbe permesso di confrontarsi con le esibizioni in pubblico e le problematiche derivanti da uno strumento che non funziona, uno spartito che non si legge, o una cassa che gracchia; Emilio avrebbe assaporato l’adrenalina da musicista.

Tre piccioni con una fava

Quando ci conoscemmo, Emilio era poco più alto di me, con sottilissimi capelli lisci color castano, portati a caschetto con la riga in mezzo. Aveva spessi occhiali, di forma circolare, e dei modi di fare gentili. Fin troppo gentili.
Accompagnato dall’immancabile padre, me li trovai a casa, come sempre all’oscuro di tutto, e mi ritrovai messo in mezzo all’affaire.

-“Emilio dovrà fare praticamente tutta la stagione al Giardino, quel ristorante dove siamo andati a mangiare una volta”- mi disse mio fratello, di fianco a Emilio e il suo papà.

-“Avendo tutta la stagione davanti, è controproducente pensare di affrontarla da solo. Prima di tutto perché non è così esperto da poter tenere in piedi tre ore di repertorio, e seconda cosa perché per le persone potrebbe risultare noioso, se non addirittura fastidioso”- continuò.

Un giro lungo, non porta mai a niente di buono.

-“Perciò ho pensato che siccome anche tu hai bisogno di fare pratica in pubblico, potrebbe essere una buona idea accompagnarlo. Anche non tutte le sere, lo deciderete voi. In questo modo vi supporterete a vicenda, potrete ampliare e variare il repertorio, oltre che farvi compagnia nella fase più noiosa di allestimento e smontaggio di tutta la strumentazione. Sarà un’ottima gavetta”-

Mi avevano venduto, ancora una volta. Ero stato ceduto al primo offerente, in funzione di un progetto più grande.

-“E come facciamo per le prove?”- chiesi io, cercando di sottolineare un problema, ma con poca convinzione, visto che non aveva mai funzionato fino a quel momento.

-“Il sabato o la domenica, quando non sei con la banda, verrà Emilio qui. E’ più pratico perché abbiamo tutta la strumentazione, se dovessi andare da lui ti dovresti portare il sax. Meglio che venga lui, così state tranquilli e potete suonare quanto vi pare”-

Né io né Emilio avevamo voce in capitolo. Con la metodologia dei Promessi Sposi, eravamo diventati una band.
Un duo va, non esageriamo.

Alla fine dell’incontro, aggiornai mentalmente la lista delle cose da fare per l’estate 1997:

  • Dal Lunedi al Venerdi, a lavoro con Beniamino. Potenziamento muscolare.
  • Il Sabato e/o Domenica in servizio con la banda. Mattina o pomeriggio da definire volta per volta. Allenamento aerobico.
  • Il Sabato e/o Domenicarestante parte – prove di repertorio con Emilio, ma con immensa ansia da prestazione. Le ore per provare non erano molte, la sera lui aveva le esibizioni già in programma, e avrei dovuto farne parte il più presto possibile. Concentrazione.
  • Venerdi sera(rientro dal lavoro permettendo) sabato e domenica, esibizione presso il ristorante/pizzeria “il Giardino”. Showcase.

Ma sapete che vi dico? L’idea di suonare in pubblico, dopo essermi abituato a suonare con la banda, e ad esserne un timidamente apprezzato componente, era la cosa che mi dispiaceva meno.

Per gli amici, ma soprattutto per l'atletica, qualcosa mi sarei inventato.


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Avevo spoilerato senza sapere.
Da banda stiamo arrivando quasi alla band 😎😎
Eheh

te infatti sei molto pericolosa!

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