Lettera per Luca

in #ita7 years ago

Ciao Luca,
Probabilmente ti saresti aspettato uno dei miei soliti post su Facebook ma stasera non mi va. Mi sono accorto solo ora del troppo poco tempo che ti ho dedicato in questi anni e quattro righe spiattellate su un social non servirebbero a farti capire ciò che voglio dirti stasera.

Non ti voglio assillare con i soliti discorsi padre-figlio, di quelli che hanno sempre stancato pure me quando avevo la tua età. Non serve a nulla ricordarti che quello che stai passando l'ho passato anch’io. Non ti tirerà su il morale sapere che l'adolescenza è un periodo difficile perché "guarda che anche io ho avuto 15 anni". Queste cose le sai già.

Stavolta il mio lavoro può aspettare. Ci ho pensato troppo tardi, forse. Anch’io come te ho cercato parole di conforto dagli amici. Anch’io come te ho provato a cancellare dalla testa i brutti momenti, magari mettendo su la prima maglietta buttata sul letto per scappare via dai miei pensieri e andarmi a fare un giro con lo scooter.

Una volta addirittura (senza dire niente ai nonni, se no chi li sentiva?!) io con la vespa e Stefano con la sua Malaguti Runner siamo andati a Rimini. Hai capito bene, a Rimini!. Dovevo fare qualcosa, non volevo pensare, solo andare, reagire : Rita - la mia "fidanzatina" di allora - era andata a studiare da un tizio che proprio non sopportavo e, come se non bastasse, la prof di matematica mi aveva pure interrogato a sorpresa. Il risultato? Cuore spezzato, voto 4 e, quasi sicuramente, tuo nonno mi avrebbe sequestrato la vespa per un mese! Proprio una giornata di m…. ; ero talmente nervoso e deluso che presi a calci la mia Fender (la stessa che ancora tengo in camera da letto e che è miracolosamente sopravvissuta a tutti i miei momentacci!). Eppure anche quei giorni da dimenticare sono serviti e non è una banalità, è proprio così: tutto ti rende più forte.

Lo so che non ci credi e che se tu potessi svegliarti all'improvviso dieci anni dopo e dimenticare questo periodo del cavolo, lo faresti al volo. Guarda che anche a 20, 30 o 40 anni ti capiteranno dei momenti NO, ma in quest'intervallo di tempo non chiuderti in te stesso perché là fuori c’è un mondo che aspetta solo di essere scoperto.

Non perdere tempo appresso al cellulare aspettando una chiamata che forse non arriverà o ripensando a quel cretino del tuo compagno di classe che scopiazza di continuo e ha tutti 8. Lascia stare chi ti dice che "tanto va avanti solo chi è fortunato o ha più soldi di te". La vita è una ruota, e se oggi non gira per il verso giusto, domani lo farà.

Io per esempio quando avevo la tua età ero uno di quelli che se ne stava sempre per i fatti suoi, Nirvana a palla nelle cuffie e un paio di occhiali che - non me li posso scordare! - erano talmente osceni che non so davvero come i miei genitori mi lasciassero uscire di casa. Guarda che erano brutti sul serio! Il fatto strambo è che, quando li indossavo io, i miei amici e le ragazze mi prendevano per lo sfigato di turno, quello strano. Adesso sono diventati "vintage" e tutti vogliono fare il Kurt Cobain di turno per fare colpo sulle ragazzine. Dai, prova a chiedere a quei geni dei tuoi amici se conoscono "Come as you are" o se hanno una vaga idea di cosa fosse il grunge! Il problema della tua generazione, ragazzo mio, è Despacito: non si tratta di karma o roba del genere, non sono gli ormoni in subbuglio o le troppe ore passate a chattare col tablet.
Scherzi a parte, il vero problema è che non ti ho mai raccontato abbastanza di me. Problema che dobbiamo risolvere per non cadere nello stesso errore che facciamo tutti noi figli: considerare i propri genitori come delle persone subissate dal lavoro e troppo concentrate su di sé. Non ho mai pensato che un giorno sarei stato così distante da te e che avrei dovuto passare la notte a raccontarti di chi ero e di come fossi diventato quello che sono oggi. Piuttosto immaginavo che quando saresti diventato più grande ci saremo seduti fianco a fianco per scambiarci le nostre storie, confrontarci e - perché no? - consolarci a vicenda.

E invece io non so con esattezza cosa ti passi per la testa e ti faccia stare così male, mentre tu di tuo padre conosci solo la sua fretta di avere sempre tutto sotto controllo ed essere il primo sul lavoro. Io però non sono sempre stato così e, francamente, mi sono anche stancato di essere visto come un estraneo del quale tu non sai nulla. Facciamo allora una lunghissima retromarcia fino agli anni del liceo. Periodo in cui i miei capelli erano lunghi (non l'avresti mai detto, eh?!) e le tue zie erano fissate con i jeans a vita altissima, i maglioni extralarge, i capelli cotonati e uno spaventoso ombretto celeste.

Ancora si sentiva l'odore degli anni '80 e i miei compagni di scuola erano fissati con le giacche di pelle in stile Top Gun piene di toppe. Le ragazzine invece facevano a gara su chi avesse comprato per prima il nuovo numero di Cioè, un giornaletto tempestato di consigli per ragazze, foto e poster di tutti gli attori e cantanti più belli.

Ora avete internet e quasi non li conoscete più i giornali, figuriamoci i libri! Tutto quello che volete sapere adesso è su Google mentre noi, figli degli anni '70, dovevamo mettere i soldi da parte per sapere qualcosa di più sugli argomenti che ci interessavano. C'era un libro che andava molto di moda quando ero un ragazzo e credo proprio che uno di questi giorni te lo regalerò, ma non voglio dirti come si chiama: altrimenti vai al PC e ti scarichi la copia in PDF! Invece no, caro mio: certi autori meritano attenzione e vanno "letti" alla vecchia maniera. A me ad esempio piacevano molto i romanzi di E. A. Poe: li avevo quasi tutti. E poi c'è stata la svolta romantico-esistenziale con Milan Kundera, il preferito di tua madre. Si, ho letto “L'insostenibile leggerezza dell'essere” perché per conquistare tua madre avrei imparato a memoria anche le Pagine Gialle, ma tu non dirglielo altrimenti quando torno mi chiede di tornare un'altra volta all’IKEA.

Forse ripensandoci ero un po' troppo introverso, stavo sempre per i fatti miei a leggere o a suonare la chitarra. Magari per qualcuno ero anche un asociale poco interessante ma quello ero io e mi andava benissimo così. Non mi importava molto di quello che pensava di me l'altra gente e forse è per questo che discoteche e feste non hanno mai fatto per me.

Rimpianti a parte, però, anch’io ce l'avevo qualche amico, e quelli veri non sono tanti: Paolo, ad esempio, lo conosco da oltre vent'anni e abbiamo da sempre avuto la stessa passione sfegatata per la musica. All’epoca organizzavamo dei concertini per gli amici in garage, le registrazioni su cassetta le ho ancora. Se non ti comporti bene qualche giorno te le faccio ascoltare. Scherzo!.
Una volta ci eravamo fissati che dovevamo andare al concerto dei Nirvana a tutti i costi. Avevamo messo da parte i soldi per tre mesi, ma i nostri genitori ci avevano minacciato di chiuderci a casa fino alla laurea. Era tutto organizzato: io dicevo ai miei genitori che dormivo da Paolo e lui diceva ai suoi che dormiva da me. Peccato che, poche ore prima, le nostre mamme si erano incontrate al supermercato e avevano scoperto che nessuna delle due sapeva che avrebbe ospitato il figlio dell'altra per tutta la notte! Ti lascio immaginare il putiferio che ha scatenato tua nonna: e come se non bastasse, quello fu anche il loro ultimo concerto in Italia. Caspita che delusione, una delle più brutte della mia vita. Il mio idolo era a un passo da me e tutto è sfumato in un istante.

Insomma, qualche periodaccio l'ho passato anch'io però con una differenza. In quei momenti lì non c'era mio padre o mia madre ad ascoltarmi o a tentare di mettersi nei miei panni. E non perché lavorassero tanto ma solo per il semplice motivo che pensavano che la loro generazione fosse più valida della mia, che i miei problemi fossero poca roba in confronto al dopoguerra o alla loro infanzia fatta di privazioni. E chi poteva dargli torto: solo che io a volte stavo male davvero e avevo bisogno di qualcuno che mi tirasse su il morale ogni tanto...
E ora, a distanza di oltre trent'anni, sei tu, mio figlio, a provare le stesse sensazione che provavo io. Sono arrivato un po' tardi ma questo forse è il momento giusto per dirti che io ci sarò sempre per te: ovunque io sia e qualunque cosa io stia facendo. Torno domani.

papà

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Il mestiere dei genitori è proprio il più difficile al mondo. Mi congratulo per la tua decisione di aprirti con tuo figlio e vi auguro tantissima felicità.

In quete righe ho trovato gioia, tristezza, delusione, coraggio, speranza.
È stato bellissimo leggerti. Mi hai fatto sorridere ed emozionare. Buon rientro.

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