EVILution #3 - Assassini intrauterini

in #ita6 years ago (edited)

In questo episodio di EVILution parleremo di fratricidio e di come questo si manifesti in natura molto più frequentemente di quanto possiamo immaginare. Tenteremo, come sempre, di comprendere quali possano essere le forze evolutive che favoriscono l’insorgenza di strategie riproduttive che, a prima vista, appaiono controproducenti (e talvolta macabre) per la specie che le mette in atto.

L’ uomo ha da sempre considerato l’uccisione di un parente come uno degli atti più abietti che si possano compiere, a maggior ragione se si tratta di una parentela stretta come potrebbe essere un fratello o una sorella. L’origine di questa accezione negativa è talmente antica che, nella Bibbia, Caino (il primo uomo ad essere effettivamente nato) uccidendo il fratello Abele è stato investito del ruolo di primo peccatore, primo omicida e figlio del serpente tentatore. Ci sono innumerevoli esempi di fratricidi nella storia umana, ed essendo un comportamento altamente negativo in un contesto sociale viene da sempre considerato un tabù. Per questo motivo chi si macchia di questo crimine è considerato un soggetto malvagio e addirittura, in alcuni casi, assimilabile a un demonio.


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Sacrificio di Caino e Abele

La situazione è diversa se si guarda il mondo naturale al di fuori dell’uomo, un mondo dove tra membri dello stesso gruppo si creano dei legami privi di una dimensione morale che possa guidare le loro azioni. In questo mondo il fratricidio è spesso una strategia evolutiva volta a selezionare il soggetto più adatto e a garantirgli maggiori possibilità di raggiungere l’età riproduttiva.
A tal proposito si può fare più di un esempio, a partire da molte specie di uccelli che fanno uova in sovrannumero rispetto a quelle che potranno effettivamente accudire, in questo caso spesso capita che i primi nati uccidano i fratelli più giovani. Un altro esempio potrebbe riguardare le iene, in cui il cucciolo di maggiori dimensioni spesso impedisce al fratello più piccolo di cibarsi o, addirittura, lo uccide nelle prime ore di vita.
Ovviamente alla natura non importa di infrangere i limiti che mettiamo noi esseri umani e, spesso, porta all’estremo alcuni dei comportamenti che ci lasciano senza fiato e, talvolta, ci indignano.
Questo accade in modo particolare quando si parla di adelfofagia, una strategia osservata principalmente negli squali toro (Carcharias taurus), che consiste nella messa in atto di strategie di cannibalismo tra fratelli.
Se la questione si esaurisse in queste poche parole, non ci sarebbe nessuna differenza tra questo e quanto detto finora. Tuttavia il limite che la natura supera riguarda il fatto che questo avvenga tra embrioni che sono ancora all’interno dell’utero della madre i quali si mangiano a vicenda per recuperare più nutrimento possibile finalizzato allo sviluppo. Questo tratto sembra avere numerose similitudini con un'altra modalità di sviluppo embrionale presente sempre negli squali: l’oofagia. E’ il caso dello squalo bianco (Carcharodon carcharias) nel quale gli embrioni si nutrono delle uova non fecondate all’interno della madre.


Cos’è l’adelfofagia?

L’adelfofagia, come abbiamo detto, consiste in un fratricidio precoce, mentre i nascituri si trovano ancora nell’utero materno. In questa strategia i fratelli più grandi si nutrono di quelli più piccoli per trarne energie da destinare allo sviluppo. È presente in alcuni urodeli (salamandre e tritoni) i quali vivendo in ambienti ostili spesso presentano dei problemi al momento del parto. In questo modo la madre si assicura che solo gli embrioni più sviluppati, e quindi più promettenti, arriveranno con successo al termine. Nello squalo toro ed in altre specie di salamandra, invece, vengono prodotti sistematicamente degli embrioni più piccoli. Questi rappresentano la risorsa trofica che verrà utilizzata da quelli più grandi per la crescita e lo sviluppo.


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La strategia di fornire questo particolare nutrimento “extra” agli embrioni si è sviluppata in diversi gruppi anche molto distanti fra loro (squali, salamandre ed alcuni insetti) che però hanno un tratto caratteristico in comune: mancano di una placenta, quindi è assente il trasferimento diretto di sostanze nutritive dai tessuti materni a quelli fetali.
Dal punto di vista evolutivo e della fitness (inteso come successo riproduttivo) materna, questa strategia può sembrare svantaggiosa dal momento che, a primo impatto, riduce in maniera drastica la numerosità della prole. È necessario quindi analizzare in modo profondo i vantaggi e i benefici di questa strategia per meglio comprendere cosa ne abbia permesso l’affermarsi e la diffusione all’interno delle popolazioni.


Significato evolutivo

Il fatto che l’adelfofagia sia presente in diversi gruppi molto distanti fra loro ci fa pensare che comporti effettivamente dei vantaggi per chi la pratica.
Ragionare confrontando questo tipo di strategia con le strategie normalmente adottate dalle specie che possiedono una placenta non ha molto senso, in quanto gli antenati di questi gruppi non la presentavano.
In realtà, la spiegazione è molto più semplice e diretta di quanto possa sembrare. Non avendo una placenta, questi animali hanno avuto la necessità di evolvere delle strategie che consentissero il passaggio di nutrienti dalla madre all’embrione.


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Ne esistono diverse, la più diffusa, tipica degli ovipari, è quella di produrre delle uova che abbiano già al loro interno tutto il necessario per la crescita e lo sviluppo dell’embrione. Negli squali dove è presente l’oofagia, invece, il nutrimento per gli embrioni deriva da uova non fecondate. Esistono addirittura casi in cui l’embrione si procura il nutrimento raschiando le pareti uterine della madre grazie ad un organo apposito. Tutti i metodi finora elencati consentono un passaggio, più o meno indiretto, di nutrienti dalla madre all’embrione ma presentano delle differenze importanti tra loro. Rispetto alla deposizione delle uova, le tre strategie descritte sopra consentono uno sviluppo interno dell’embrione, questo da una parte fornisce all’embrione protezione e maggiori possibilità di sopravvivenza, dall’altra permette lo sviluppo di un numero molto limitato di uova.
Per quanto riguarda l’adelfofagia, tornando all’apparente svantaggio per la fitness della madre, è sufficiente pensare che la presenza della placenta comporterebbe ugualmente una prole numericamente limitata, così come accade in molti altri squali. Adottando una visione più lungimirante, questa strategia potrebbe addirittura aumentare la fitness dell’embrione. Quest’ultimo infatti mangiando i suoi fratelli aumenta lo spazio necessario per il suo sviluppo, in questo modo nascerà un individuo più grande, sviluppato e che avrà più possibilità di raggiungere l’età riproduttiva in modo efficace. infine, il fatto che l’embrione sia in grado di mettere in atto un comportamento predatorio già a livello embrionale, quindi in ambiente protetto, potrebbe costituire un grosso vantaggio fin dai primi momenti della vita extrauterina. Quest’ultima ipotesi non è ancora stata supportata da studi approfonditi, ma costituisce un buon punto di partenza per poter comprendere meglio i vantaggi che comporta questa bizzarra strategia.


Conclusioni

L’adelfofagia è sicuramente un comportamento che ai nostri occhi risulta estremo ma, proprio per questo, ci aiuta a comprendere quanto la natura sia opportunista e colga ogni possibilità che casualmente le si presenti per trarne dei vantaggi a livello evolutivo.
A questo punto, possiamo confermare che l’adelfofagia costituisca un vantaggio per l’embrione nonostante, secondo i nostri canoni, questa affermazione possa sembrare contraddittoria. Tuttavia, è proprio questa apparente contraddizione che consente di dare una risposta perchè ogni tratto evoluto da un organismo, per quanto sembri senza senso, ha sempre una spiegazione legata al contesto e alla storia evolutiva. Se avessimo analizzato l’adelfofagia senza sapere che negli antenati di chi la pratica mancava la placenta non saremmo stati in grado di trovare una spiegazione plausibile.

Come sempre, quindi, è bene ricordare che molto spesso, in natura, i comportamenti che reputiamo riprovevoli potrebbero trovare le loro radici in un passato ancestrale in cui la nostra dimensione morale non esisteva e la nostra evoluzione era legata esclusivamente a processi evolutivi.


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Immagine CC0 Creative Commons, si ringrazia @mrazura per il logo ITASTEM.
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Bibliografia


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È ritornato il lato oscuro della biologia... Onestamente mi piglia un pochino l'ansia quando vedo che pubblicate, ma poi lo leggo sempre. Ottimo lavoro anche questo.
Un saluto, nicola

Condivido in toto! Complimenti, una lettura formativa e interessante ;)

Grazie a entrambi ;) l'obiettivo è anche quello!

Wow! Lettura molto interessante e soprattutto con un argomento così specifico e particolare (anche inquietante ahah) , complimenti per l’articolo, è un piacere seguirvi, aspetto con ansia il prossimo! Buona giornata :)

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