EVILution #2 - Femme Fatale

in #ita6 years ago
Eccoci al secondo capitolo di EVILution, l’inquietante rubrica creata allo scopo di mettere in luce il volto macabro e senza pietà che, talvolta, la natura ci mostra, lasciando perplesso l’animo un po’ moralista dell’essere umano. Il soggetto di oggi ha catturato le fantasie di innumerevoli scrittori a partire dagli inizi del diciannovesimo secolo: in quegli anni, si andò affermando sempre di più, come figura di protagonista nei romanzi, l’inetto a vivere, ovvero un uomo privo di spina dorsale, timido, ed incapace di prendere decisioni e responsabilità. Ad affiancare nei più disparati scritti questa patetica figura veniva descritta una donna intraprendente, dominatrice, lussuriosa ed anche piuttosto perversa: la femme fatale. Nella letteratura, il ruolo di queste donne è quello di ostacolare i sogni dei protagonisti e farli risultare ridicoli e fuori luogo nonostante in loro non alberghi il desiderio di distruggerli (anche se l’effetto è proprio quello). Osservando e leggendo di queste meravigliose tentatrici ci si potrebbe domandare se gli autori fossero stati ispirati da qualcosa per descrivere ed immaginare queste donne. Ovviamente, le risposte a questa domanda potrebbero essere innumerevoli ma essendo questa rubrica dedicata alla biologia e all’evoluzione, noi vi parleremo di una possibile fonte di ispirazione che viene dal regno animale e che sicuramente incarna a pieno la figura della femmina dominante e senza pietà: la mantide religiosa.


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Preghiera mortale

Sin dall’antichità la mantide religiosa è stata presa come simbolo di sacralità ed eleganza. Nell’antica Grecia era considerata alla stregua di un oracolo ed animale ricolmo di spiritualità.
La visione popolare della mantide religiosa però non ha nulla a che vedere con la realtà della natura. Prima di scoprire i comportamenti per cui oggi è famosa al mondo intero, l’uomo le attribuiva infatti un carattere innocuo e docile proprio per le sue sembianze composte ed eleganti.
Solo attraverso alcuni studi compiuti all’interno di particolari campane di vetro, in cui era possibile osservare il loro intero ciclo vitale, è stato possibile comprendere la ferocia e l’aggressività che contraddistinguono questi abili predatori.
Gli arti anteriori delle mantidi, che sembrano mani congiunte in preghiera (da cui deriva il loro nome), sono in realtà fra le armi più efficaci nel phylum degli artropodi. Queste, infatti, sono utilizzate per predare qualsiasi cosa decida, incautamente, di avvicinarsi.
Ma in che modo la mantide può aver ispirato la figura della femme fatale nell’immaginario culturale e sociale del diciannovesimo secolo?


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La risposta sta proprio nelle strategie adottate da questa famiglia di insetti in ambito riproduttivo.
I maschi della mantide tendono ad essere significativamente più piccoli delle femmine, e questo non è strano nel mondo degli insetti. Il maschio e la femmina per accoppiarsi necessitano di molto tempo (si parla di diverse ore) in cui i corpi dei due individui si trovano a stretto contatto.
Una volta concluso l’atto procreativo la situazione per il maschio diventa pericolosa e, la maggior parte delle volte, mortale. La femmina, ancora agganciata al maschio, comincia a divorarlo partendo dalla nuca e lasciando come ultima parte l’apparato riproduttore e le due paia di arti posteriori.
Molto spesso, come già detto, questo pasto cannibale avviene alla fine dell’atto procreativo ma in alcune specie è stato osservato un comportamento ancora più estremo. Le femmine cominciano a mangiare la nuca del maschio mentre l’atto sessuale è ancora in corso e il malcapitato, nonostante abbia “perso la testa” continua ad inseminare la femmina fino a che la partner non arriva a divorare l’apparato riproduttivo.
Sono stati compiuti diversi esperimenti in campane di vetro per osservare il comportamento della mantide femmina. In questi esperimenti il maschio , una volta divorato, veniva sostituito da un individuo dello stesso sesso all’interno della campana. In questo modo è stato possibile osservare che l’appetito, sia sessuale che non, delle femmine è insaziabile. In poco più di 10 giorni una femmina di mantide è in grado di accoppiarsi oltre le sette volte lasciando solo un cumulo di ali come segno del passaggio dei maschi.
Sembra quindi che il loro appetito sessuale, la loro perversione e la loro incredibile forza facciano delle femmine di mantide l’archetipo perfetto di femme fatale nel mondo naturale.


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Significato evolutivo

La prima domanda che bisogna porsi quando si ragiona in termini evolutivi riguarda, come sempre, quale possa essere il vantaggio determinato da un comportamento all’individuo che lo perpetra?
In questo caso ci sono due domande che corrono parallele ma che necessitano di analisi distinte per poter ricevere risposta:

  • Quale vantaggio comporta, per la femmina, l’atto di cannibalizzare il proprio compagno durante l’accoppiamento? In che modo questo comportamento influisce sul suo successo?
  • Quale vantaggio comporta il sacrificio del maschio al maschio stesso? Se questo comportamente si è diffuso, significa che è in qualche modo vantaggioso; ma come?

La prima domanda offre una risposta sicuramente meno complicata e abbastanza immediata: è stato osservato che femmine a cui viene data una quantità di cibo superiore alla media compiono atti cannibali nei confronti dei maschi con frequenza significativamente minore. In condizioni naturali però solo una piccola percentuale di individui è in grado di procurarsi un surplus di nutrienti quindi il cannibalismo nei confronti del maschio è abbastanza comune. La presenza di individui ben nutriti che evitano il cannibalismo suggerisce che nell’atto della deposizione siano necessarie molte energie. Infatti è stato scoperto che la femmina di mantide produce una ooteca morbida in cui vengono deposte le uova fecondate. Il costo energetico di questa struttura è molto elevato, e le femmine che mangiano il maschio (un pasto molto ricco di nutrienti) hanno un vantaggio non indifferente in quanto possono deporre un maggior quantitativo di matrice che rende più probabile la schiusa di un numero maggiore di uova. Inoltre alla femmina rimangono energie dopo la deposizione che le consentono di essere meno vulnerabile.

Per quanto riguarda la seconda domanda, è più complicato comprendere il significato del sacrificio del maschio. Infatti, dal nostro punto di vista, per il maschio non dovrebbe essere conveniente sacrificarsi, in quanto il suo successo riproduttivo si riduce così ad un unico accoppiamento. La soluzione a questo dilemma in realtà è più semplice di quanto si possa pensare. Infatti il maschio ha solo due strategie possibili in questa situazione. La prima è accoppiarsi con la femmina, farsi decapitare e mangiare vivo (destino molto comune) e sperare che la propria prole sopravviva alle generazioni. La seconda è evitare l’accoppiamento con mantidi cannibali che però sono la maggior parte della popolazione, ma questo comporta un rischio elevato di non accoppiarsi affatto e di non lasciare prole. Quindi, nell’ipotetica situazione in cui delle mantidi cercassero di evitare di essere cannibalizzate probabilmente queste riuscirebbero a riprodursi molto poco, perché non scelte dalle femmine, e anche nel caso in cui fossero scelti, non garantirebbero alla femmina le risorse necessarie per produrre un numero elevato di uova, riducendo così anche il proprio successo. Questa strategia, dunque, risulta evidentemente molto complicata da diffondere.


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C’è infine un’altra domanda che merita una risposta evolutiva in questo quadro di assassini passionali: qual è la spinta che ha favorito l’insorgenza di un tratto comportamentale che consente al maschio di continuare a riprodursi nonostante la femmina lo abbia decapitato?

In questo caso il maschio ha due possibilità: quella di tentare la fuga dopo l’accoppiamento per sopravvivere e avere la possibilità di procreare in futuro, oppure scegliere di non opporre alcuna resistenza nei confronti della propria carnefice accettando il triste destino.
Analizzando questi due comportamenti da un punto di vista della fitness (il successo riproduttivo), ci si rende conto che la prima strategia ha meno probabilità di diffondersi nella popolazione per diversi motivi. Partendo dal presupposto che per scappare il maschio dovrebbe concludere il rituale d’accoppiamento prima del dovuto, questo comporterebbe prima di tutto una minor probabilità di fecondare il maggior numero di uova. Inoltre bisogna considerare che la mantide femmina sia nettamente più grande e forte del maschio, di conseguenza la fuga potrebbe non essere così semplice e ovvia come sembra. Questi due punti tendono a far diminuire ulteriormente nella popolazione questo tipo di comportamento (anche se essendo le mantidi un gruppo comprendente molte specie esistono strategie miste). Al contrario, i maschi che accettano il loro fato avranno tutto il tempo di inseminare un maggior numero di uova. Inoltre coloro che casualmente sono riusciti a evolvere la capacità di svincolare l’apparato sessuale dal sistema nervoso centrale hanno acquisito la capacità di inseminare più uova.
Ovviamente non tutte le specie di mantidi religiose manifestano lo stesso comportamento remissivo nei confronti di ciò che gli accade: in alcune specie in cui la femmina cannibalizza alla fine dell’atto procreativo i maschi hanno un approccio molto più prudente e lento per cercare di evitare di essere cannibalizzati, dimostrando che in alcuni casi è presente un conflitto di strategie tra i due sessi. Alcuni studi mostrano come le differenti strategie di approccio che il maschio compie possono modificare significativamente il rischio di essere cannibalizzati.

La realtà è quindi davvero complessa in quanto sono presenti diverse strategie che portano in alcuni casi all’azzeramento del conflitto di interesse fra sessi e, in altri, a nuove strategie volte a far sopravvivere il maschio. Questo ci mostra come le strade che l’evoluzione può percorrere, in organismi appartenenti allo stesso gruppo, possano talvolta essere molte, diverse e in alcuni casi estremamente contraddittorie.


Conclusioni

Il comportamento di cannibalismo da parte della femmina nei confronti del proprio partner riproduttivo non è una strategia adottata solo dalle mantidi anzi, nel mondo degli artropodi è molto diffusa. Tutto ciò suggerisce che i vantaggi di questo comportamento siano consistenti in quanto presenti in gruppi filogeneticamente molto distanti (tra un ragno ed una mantide la distanza filogenetica è molta di più che fra un falco pellegrino ed un essere umano).

Come spesso ci troviamo a constatare, è interessante rendersi conto di come molti comportamenti messi in atto dall’uomo vengano comunemente bollati come “non naturali”, di fatto perché renderebbero la convivenza sociale impossibile e pericolosa (più di quanto già non lo sia). Questi comportamenti, però, sono assolutamente naturali e biologicamente comprensibili. Sono quindi i comportamenti umani, talvolta, ad essere contro natura; “naturali” e “contro natura”, però, non devono mai essere usati come sinonimi, rispettivamente, di “giusto” e “sbagliato”.
Riuscire a scindere questi termini, e a utilizzarli in modo appropriato, aiuterebbe anche l’uomo ad approcciarsi a diverse questione etiche in modo più sano e onesto.


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Immagine CC0 Creative Commons, si ringrazia @mrazura per il logo ITASTEM.
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Bibliografia


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