First Man: un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per il cinema

in #ita6 years ago

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First Man

Un piccolo passo per l'uomo  un grande passo per il cinema  

    Il solito immenso Chazelle  
      

Damien Chazelle è nato nel 1985 a Providence. Il ragazzo ha solo 33 anni se la matematica non è un'opinione ma vanta ad oggi 2 film come La La Land e Whiplash, entrambi acclamati dalla critica, entrambi nominati a raffica ai premi più importanti da parte dell'industria e della critica cinematografica ed entrambi protagonisti di vittorie ai suddetti festival e notti stellate.
Possiamo tranquillamente definirlo un genio del cinema.
La sua fama, la sua gloria è stata raggiunta attraverso al talento, unito ad una sana passione per il cinema che trasuda dai suoi film con tanti tributi e strizzate d'occhio ad altri geni della pellicola.
E' raro che a 33 anni si diventi un faro della cinematografia mondiale. Oggi Chazelle è un punto di riferimento e vi era grande attesa per la sua nuova opera, ancora una volta con Ryan Gosling protagonista ma con uno sfondo ed una storia nota ma complessa da raccontare.
"First Man" si proponeva di raccontare dello sbarco del primo uomo sulla luna ma è diventato l'occasione per il regista americano per raccontare l'uomo dietro questo traguardo e con lui l'umanità e l'ossessione che si cela dietro quello che possiamo considerare "il più grande balzo per l'umanità fino ad oggi".



Dobbiamo andare lassù per poter avere
un punto di vista diverso dell'universo.


    Un ritratto intimista  

E' probabile che anche questo film possa fare strage di premi nel 2019. Sarebbe meritato ed inevitabile visto il film che è stato capace di girare. La bravura sta nei dettagli e nei dettagli Chazelle si è superato riproponendoci quel mondo che negli anni '60 era caratterizzato, tra le altre cose, dalla corsa al "dominio" dello spazio tra URSS e USA. Una guerra fredda che si giocava anche se non soprattutto fra le stelle con i sovietici che stavano surclassando gli americani da questo punto di vista costringendoli ad alzare sempre più l'asticella per poter vincere quella guerra soprattutto psicologica, soprattutto propagandistica.
Chazelle vola sulla luna con questo film e lo fa chiudendo gli spazi non aprendoli come siamo abituati a vedere per film che mettono l'universo al centro.
Lo spettatore assiste ad un film quasi claustrofobico dove gli astronauti sono costretti a lavorare in condizioni precarie, in piccole navicelle, in spazi ristretti e con una tecnologia che non era, forse, ancora pronta a questo grande balzo.
Come sempre quando si cerca di narrare una storia basata su fatti reali la differenza sta nello stile e nella direzione che si sceglie per raccontare quell'evento.
Chazelle soprende tutti raccontandoci soprattutto la storia personale di Neil Armstrong tenendo sullo sfondo la grande conquista per l'umanità.
Quello di Armstrong è un dramma personale, un dramma che lo proietta nell'abisso delle sue emozioni, nell'abisso dei suoi letti, delle sue difficoltà e che gli fa vedere la luna come un un nuovo inizio, come veicolo delle sue paure, delle sue sfortune, come terapia per il suo malessere esistenziale.
E' per questo che la Luna diventa per Armstrong quello che First Man diventa per Chazelle: un'ossessione.
Toccare la superficie lunare sarà un modo per combattere e sconfiggere i suoi demoni, per mettere fine al suo dolore e andare finalmente avanti.
Il film è un ritratto intimista di questo grande uomo che mattone dopo mattone e contro ogni probabilità ha messo piede sulla luna ed è tornato indietro.
Chazelle ci mostra tutto, navicelle in scala, orologi identici a quelli che venivano usati, fogli di calcolo, prove, lezioni, test, fallimenti e lo fa con naturalezza e crudezza proiettandoci nell'incubo che vissero quegli astronauti.
Una sfida impossibile contro tutto e tutti e contro ogni probabilità che la NASA riuscì a vincere soprattutto grazie alla pazienza, la grazia, la determinazione e appunto l'ossessione di Armstrong.
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Dobbiamo fallire quaggiù per non sbagliare lassù.

   Un'impresa immortale  


Quella di allora fu un'impresa straordinaria non solo a livello mediatico, a livello propagandistico ma soprattutto a livello umano, soprattutto perchè la tecnologia non supportava la grandezza di quelle gesta.
Grandi uomini hanno perso la vita o hanno sacrificato la propria vita privata per raggiungere quella vetta.
Ecco perchè l'idea di Chazelle di mettere al centro della storia gli uomini e non l'impresa in se è in un certo senso rivoluzionaria oltrechè vincente.
Se Ryan Gosling sembra perfetto per mostrare l'impassibilità di fronte ad un destino cosi glorioso a sorprendere, almeno a sorprendere quelli che non la conoscevano, è Claire Foy qui chiamata ad interpretare la moglie di Armstrong.
E' lei a caricarsi sulle spalle l'emotività tutta del film.
Una donna costantemente impaurita, costantemente preoccupata ma che in queste 2 emozioni riesce a ritrarre mille sfaccettature.
Microespressioni che cambiano in continuazione, occhi che parlando durante i silenzi, un corpo che si muove all'unisono con le emozioni che vuole trasmettere. Ha prenotato la statuetta degli Oscar, difficile che qualcuno gliela possa togliere.
In First Man lo spettatore viene inglobato nell'avventura lunare ma proprio per questo motivo egli soffre insieme ai protagonisti.
L'allunaggio fu un'impresa non solo unica ma fu un'impresa a cui l'uomo non era e non poteva essere preparato.
Come reagire di fronte a questo? Come una moglie, dei figli avrebbero potuto prepararsi, reagire di fronte a tutto ciò? Come avremmo reagito noi?
Con paura, spaesamento e un labirinto di emozioni negative miste ad emozioni paurosamente indescrivibile di fronte all'eventuale raggiungimento di questo obiettivo.
Ancora una volta sono gli uomini al centro, sono i loro sguardi fissi e perduti a fare la differenza.
First Man è un grande film, è cinema ricercato fatto di una regia superlativa, grezza che si mescola ad un uso delle più svariate tecniche di produzione e post produzione che innalzano la qualità complessiva di un film sontuoso che non ha paura di sembrare piccolo, di sembrare uguale ad altri capolavori del genere.
Ma come dicevamo in apertura la grandezza sta nei dettagli ed ogni singola scelta di Chazelle ha reso questo film immortale, lo ha reso nuovo, diverso proprio come se fosse andato sulla luna e avesse guardato le cose da una prospettiva completamente diversa, realizzando un'impresa che resterà negli annali del cinema cosi come quel piede di Armstrong resterà nei libri di storia dell'umanità in maniera indelebile nei secoli e nei secoli.





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Perso tra le montagne di Twin Peaks mi ritrovai ad Albuquerque dove un furgone mi trasportò a Westeros e a Westworld successivamente dove ritrovai una cabina telefonica inglese con un Dottore pronto a giocare a Basket o a Calcio con me e a parlare di sociale, politica, futuro, persi come fossimo sull'isola di Lost.






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A me è piaciuto moltissimo. Forse un po' troppo lenta la prima parte, sw devo trovargli una pecca.
Ryan Gosling immenso come sempre!

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Non amo Gosling ma ammetto che in certi film la sua faccia (monoespressiva) è quella giusta e questo è uno di quei casi.
Secondo me la prima parte lenta è stata necessaria per tratteggiare la vita di Armstrong ed è stata una dichiarazione di intenti del regista, che come ho scritto, ha voluto dipingere un ritratto intimista del protagonista e non solo narrare la storia.

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