Le radici dell'inesistenzialismo

in #ita6 years ago (edited)

L'uscita odierna del settimanale "Segreti Svelati" si occupa di "Inesistenzialismo" di cui Walter Ghosting è senz'altro il più accreditato e conosciuto esponente, lo scrittore che più prolificamente ha descritto e tratteggiato le caratteristiche fondanti di questa corrente filosofica. Inoltre bisogna riconoscere a Ghosting di essere riuscito molto abilmente a sfruttare commercialmente la curiosità per questo nuovo movimento filosofico che in realtà tanto nuovo non è, infatti le sue radici affondano già nel primo medio evo.

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CC0 creative commons

Abbiamo contattato il Prof. Pasici Nilà, noto storico antropologo, formidabile lettore di testi antichi di ogni biblioteca sul globo, nonché docente universitario dello stesso Ghosting ai tempi dei suoi studi, che ha indagato la letteratura minore in cerca di riscontri storici inconfutabili.
Il Prof. Pasici ci ha indicato tre fonti su cui l'Inesistenzialismo incardina la sua dottrina, la prima delle quali è un testo in lingua latina che, già dal titolo, è un manifesto evidente alla recente corrente filosofica.

“Vitae sine existentia” (La vita senza esistenza), di padre Lucenzio Solingo, risale al 593 d.c. e narra di come il religioso volle caparbiamente provare la sua teoria, secondo cui l'uomo pur vivendo una propria vita testimoniata dai propri sensi, in realtà non può fornire alcuna prova inequivocabile sulla propria esistenza. Lasciò l'Abbazia del Gran Ritorno tra lo sgomento dei confratelli, per ritirarsi in una grotta per 10 anni in completa solitudine, partorendo l'assioma secondo cui se nessuno lo poteva vedere, allora per certo lui non doveva esistere. Di ritorno all'Abbazia nessuno dei confratelli lo riconobbe per effetto della demenza senile e padre Solingo si beò a tal punto di questa ulteriore conferma della sua teoria, che decise di condurre una vita dedita ad ogni peccato conosciuto in terra, secondo la logica per la quale un peccato compiuto da un uomo non esistente non poteva di certo venire punito.

La seconda fonte è un diario del XVIII secolo “J'existe sur la bouche des autres” (Esisto sulla bocca altrui), del poco noto Jeven Sanproblem prodigo libertino dell'epoca, che esprimeva il suo talento di instancabile amante avvalendosi della tradizione orale del pettegolezzo delle donne di corte, per far parlare di sé ed alimentare la propria fama. Ma un difetto di pronuncia dovuto a balbuzia di Sanproblem ne storpiava il proprio nome, attribuendo le sue gesta ad un certo Jeje Veven Sasa Prprobleblem. Furioso perché la sua arte veniva attribuita ad altri, impazzi d'ira passando le giornate a strepitare contro la servitù: “Non si parla di me! Quindi non esisto! Quindi perché parlare di me se non esisto!”, fino a quando la sifilide fece parlare di lui per l'ultima volta tra le sue atterrite ex amanti.

La terza fonte riguarda il pittore psico-fisico-concettuale Neu Ronespento attivo negli anni '30 del secolo scorso. Il suo lavoro è incentrato sulla rappresentazione della non materia, l'unica degna di attenzione in quanto quantitativamente superiore alla materia. Le sue tele ripetono il tema di un grosso squarcio che rappresenta l'antimateria, al cui interno l'uomo si dibatte disperatamente, ma invisibile ed irrappresentabile in quanto inesistente ed indegno. A giudizio unanime della critica, la sua opera più riuscita è intitolata: ”Inesistenza di artista spiaccicato su marciapiede da pianoforte” che conclude prematuramente la sua carriera nonché la sua esistenza.


In partecipazione a Walter Ghosting e l'Inesistenzialismo contest di @serialfiller

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really nice post

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