La sfida più grande [theneverendingcontest]

in #ita5 years ago

Era il tramonto di un giorno di fine ottobre, l'aria era fresca e si preannunciava ormai l'imminente inverno. Un gruppo di donne stava tornando a casa dopo lo svolgimento delle feste Tesmoforie, tre giorni di rituali prettamente femminili in onore della dea Demetra Tesmofora, quando una di loro, Calliope, rimase un poco indietro. Si fermò sentendo dei strani rumori nella penombra della strada, vicino a un piccolo muretto, sembrava qualche animale, forse un gatto, ma guardando meglio vide che si trattava di un bambino. Le si spezzò il cuore, l'abbandono dei neonati in Grecia era lecito e pertanto era diventato un fatto piuttosto comune, anche se lei la riteneva una pratica assolutamente barbara.
Calliope non sapeva cosa fare, ma istintivamente prese in braccio il fagotto e si diresse velocemente verso casa.
-Oh no, è una femmina- sussurrò mentre le tolse la copertina per lavarla e metterle qualcosa di più appropriato. -Sei doppiamente sfortunata ragazza mia!- Calliope era una donna piuttosto emancipata considerati i tempi in cui viveva e soffriva per la condizione di vita delle donne, recluse da qualsiasi evento sociale, relegate a vivere a casa sotto il dominio del marito e considerate solamente come strumenti per avere figli.
Lei era stata in qualche modo più agevolata, era cresciuta a Sparta dove le ragazze venivano educate alla stessa maniera dei maschi, in particolare per quanto riguardava la formazione fisica e la ginnastica, pensando che fosse necessario un buon allenamento per prepare il corpo ad avere figli più forti. Poi aveva sposato Ascanio, molto più anziano di lei, che la portò ad Olimpia dove aveva costruito uno dei primi bagni pubblici della penisola e gli affari gli andavano piuttosto bene. Purtroppo Ascanio era mancato prematuramente e lei era vedova già da parecchi anni, ma si era rimboccata le maniche e aveva imparato a gestire l'attività del defunto marito.

Nei giorni seguenti Calliope maturò l'idea di poter adottare la piccola trovatella, non c'era un uomo in casa ma lei era abbastanza benestante e indipendente da non dover chiedere il permesso di nessuno.
E così fu: la chiamò Penelope, la allevò come figlia sua e sfidando ogni pregiudizio sociale non solo volle affidare la sua preparazione intelletuale a un maestro privato ma si preoccupò lei stessa di impartirle anche una eccellente preparazione fisica, insegnadole il valore dell'impegno e della disciplina, il sacrificio dello sforzo e del dolore, la soddisfazione della riuscita e del raggiungimento degli obiettivi: tutti principi che le sarebbero stati utile anche per affrontare le avversità della vita perchè avevano il compito di forgiare il carattere di una persona.
Penelope era grata a Calliope per tutto quello che faceva per lei e soprattutto per averla cresciuta con intelligenza, sviluppando in lei una mente aperta e curiosa, che si era presto riempita di sogni. Sogni che non prevedevano solo il matrimonio e la procreazione! Ma non lo disse mai a nessuno, ancora troppo timorosa di una società ostile.

Quando fu il momento, Penelope si preparò per partecipare agli Heraia, Giochi in onore di Hera, dea del matrimonio, che, come le Olimpiadi, si tenevano ogni 4 anni. I Giochi Erei erano molto sentiti in tutta la Grecia e rappresentavano un rito di passaggio importante per le giovani che passavano dalla condizione di bambine a quella di mogli e madri. Si trattava di una gara di corsa agonistica vera e propria che si teneva allo stadio olimpico, e si svolgeva per dimostrare il proprio valore come future donne. C'era grande frenesia tra le partecipanti per questo evento pubblico perchè era uno dei pochi a cui le ragazze potessero partecipare e quindi per loro aveva un doppio valore, anche se forse nessuno lo considerava tale. Inoltre la vincitrice, come gli uomini, riceveva in premio una corona di olivo e poteva farsi fare dei ritratti e dedicarli alla dea.



Immagine CC0 creative commons



Si respirava uno spirito di grande competizione in questa gara, in cui il desiderio delle giovani donne non era solo di partecipare ma quello di vincere: era forse l'unico momento in cui la donna era riconosciuta come individuo nella sua essenza che si cimentava in una pratica sportiva.

Quel giorno Penelope era emozionata, indossò il suo chitone nella versione corta poco sopra il ginocchio e la spalla destra nuda. I capelli erano sciolti, e lei si sentiva molto bella in quella tenuta ginnica. Sapeva di essere in forma ma inviò lo stesso una preghiera agli dei per avere il loro supporto, supporto che arrivò di sicuro da tutto l'Olimpo perchè Penelope, con la sua agilità, sbaragliò tutte le avversarie e si meritò il titolo di campionessa dei giochi.
Quando salì sul podio e ricevette la corona di olivo stupì il pubblico con un gesto inconsueto: chiamò vicino a se Calliope e depose la corona sul suo capo. -Calliope, a te che mi hai accolto con amore, dedico la mia vittoria- le disse. -Tu meriti più di chiunque altro la corona per la migliore madre che si possa sperare di avere. Tu mi hai insegnato il bene, il coraggio, la perseveranza e la libertà. Tu mi hai indicato la strada più difficile, quella di sfidare noi stesse per essere sempre migliori e a te desidero consacrare il mio sogno più grande: voglio studiare e diventare un medico! E spero che gli dei mi aiutino, perchè con o senza di loro ce la farò!-.




In partecipazione a:
theneverendingcontest n° 24 S4-P5-I1 – Contest di @spi-storychain

Sort:  

grazie @noemilunastorta! Forse sto diventando piuttosto femminista da quando scrivo!!!

Molto belle le parole dopo la vittoria.
È bello leggere storie di donne.

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