La parola data vale oro

Fratello Alfonso, seduto sulla panca della portineria, era immobile come come una statua ed il suo viso inespressivo e dalla pelle liscia sembrava quasi fosse fatto di cera. Il rosario intrecciato tra le dita delle mani penzolava inerme da una buona mezz'ora, da quando il religioso si era appisolato senza aver completato la serie di Ave Maria della sera.

I colpi del battiporta si susseguivano cupi e disperati, mentre il portone veniva fustigato dai volenti scrosci di un temporale senza sosta. Finalmente il Fratello si riebbe, individuò l'origine del rumore, quindi con l'occhio sullo spioncino vide due ragazzini, talmente fradici di pioggia ed infreddoliti da impietosire anche il cuore più duro.
I due piccoli sciagurati vennero soccorsi prontamente e messi ad asciugare davanti al fuoco con una scodella di zuppa bollente. Vennero quindi portati alla presenza dell'abate che li interrogò incuriosito:

"Chi siete giovani creature? Cosa fate in giro con questo tempaccio?"

"Io mi chiamo Pietro e lui è mio fratello Paolo. Siamo orfani e cerchiamo un po' di aiuto che ricambiamo con i talenti che il buon Signore ci ha donato."

"Uhm... e dimmi un po' cosa di speciale sapete fare?" disse l'abate alquanto dubbioso fissando lo sguardo sul fratello minore.

Paolo oltre ad essere alquanto gracile, teneva una postura scomposta che trasmetteva un che di malsano, con le braccia incrociate sul petto e le mani piegati come uncini. Il suo sguardo si fissava e perdeva mentre la testa ciondolava come un pendolo.

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Intervenne prontamente Pietro e impostando la voce con la sicumera di un mercante che esalta la sua mercanzia, esclamò: "Certo a guardarlo non si direbbe ma in questa piccola e tormentata creatura si nasconde l'animo di un raffinato artista...."

Più lo sproloquio del fratello maggiore continuava e più il sopracciglio dell'abate si arcuava dubbioso.
"Caro fanciullo dalla lingua maladrina, mi piacerebbe constatare con i fatti quanto da te asserito. Fratello Alfonso vi condurrà in biblioteca e vi spiegherà il da farsi, quindi domani mattina soppeseremo l'entità dei vostri talenti."

Il piccolo e gracile Paolo, seduto allo scrittorio, sembrava un'indifesa creatura pronta ad essere fagocitata dall'enorme manoscritto con le pagine aperte come fameliche fauci. Pietro si accomodò al suo fianco sinistro ed instancabilmente gli sussurrava all'orecchio cosa doveva fare, dirigeva il lavoro del fratellino come un maestro d'orchestra e lui eseguiva con perizia trasformando le parole in immagini.

Dopo le preghiere del mattino ed una frugale colazione, l'abate si recò in biblioteca e prese posto davanti al manoscritto. Ogni volta che girava una nuova pagina gli si sgranavano gli occhi di stupore e la mascella sembrava spalancarsi ed avvicinarsi al pavimento sempre più. La qualità delle miniature che il piccolo artista aveva dipinto erano a dir poco divine, la cura del dettaglio e la vivacità colori era impressionante.

L'abate insistette perché rimanessero, ma Pietro svicolò promettendo che sarebbero tornati presto. S'incamminarono per la via, poi quando il monastero non fu più visibile tagliarono per il bosco e tornarono indietro arrivando per il lato opposto, giusto sotto la finestra della biblioteca. Pietro recuperò i manoscritti che aveva calato nella notte.
"Visto che siamo tornati presto! La parola data vale oro fratello!" disse Pietro, pensando all'oro che il mercante di manoscritti gli avrebbe dato in cambio.

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