La maglia gialla numero 10 [theneverendingcontest]

in #ita6 years ago (edited)

Quella domenica Luisa stava infornando la torta al cioccolato quando suonò il campanello della porta. Luca, suo figlio di sei anni, si fiondò a razzo ad aprire perchè aspettava i cuginetti che sarebbero venuti a giocare con lui. Ma non erano loro: sulla soglia c'era un uomo anziano che lo salutò allegramente.
-Luca, ti ho sempre detto di chiedere chi è prima di aprire la porta!- lo sgridò Luisa.
-Chi sei?- obbedì il bambino, anche se ormai in ritardo.
-Buongiorno signora, mi chiamo Rafael Baroni. Sto cercando il signor Fabrizio Gela, le mie ultime informazioni mi hanno portato a questo indirizzo- spiegò lo sconosciuto alla porta.
-Signor Baroni, prego, si accomodi. Fabrizio è mio padre- rispose Luisa facendo cenno all'uomo di entrare e di accomodarsi sul divano. Tornò poco dopo con due caffè.
-Non immaginavo che Fabrizio avesse avuto una figlia … -.
-No vede, Fabrizio mi ha adottata- disse Luisa col tono di chi la sa lunga. -Mia madre era una ragazza madre e Fabrizio, con la sua grande generosità, decise di aiutarla e la sposò. Inoltre pensava che negli anni '80 una coppia formata da una donna considerata dai facili costumi e da un omosessuale fosse una bella abbinata. Ha sempre avuto un gran senso dell'umorismo!-.
Luisa sapeva chi era Rafael ma mai avrebbe immaginato di poterlo conoscere.
-Purtroppo la devo informare che Fabrizio soffre del morbo di Alzheimer e la maggior parte delle volte è disorientato, ha bruschi cambiamenti di umore e non ricorda molto, sia nel breve che nel lungo periodo. Mi dispiace che lo debba rivedere così. Ma venga, lo accompagno da lui ...-.

Luisa accompagnò il suo ospite in salotto dove Fabrizio, con lo sguardo perso a guardare fuori dalla finestra, ascoltava della musica. Quando vide Rafael qualcosa accese il suo volto, si alzò di scatto e gli andò incontro.
-Rafael, che bella sorpresa, non ti aspettavo oggi!-
Fabrizio improvvisamente si ritrovò catapultato indietro nel tempo di più di 50 anni, il periodo più intenso della sua vita.

Rafael e Fabrizio si conoscevano fin da adolescenti, erano andati a scuola insieme, e nel 1970, nella bellezza dei loro 18 anni, erano più amici che mai. Insieme, dopo la mitica maratona della missione spaziale Apollo 13, seguirono tutte le partite del campionato mondiale di calcio Mexico '70, fino alla finale del 21 giugno tra Italia e Brasile: c'era tra loro una divertente rivalità perchè Rafael, seppur italiano già da due generazioni, era di origini brasiliane e non smise un secondo di far pesare la sconfitta a Fabrizio, obbligandolo ad andare in giro in quei giorni con la maglia gialla numero 10 del grande Pelè.




Immagine CC0 creative commons


Quella maglietta segnò le pagine più importanti della loro storia, Fabrizio non se ne separava mai, lo considerava il simbolo della loro amicizia. Erano due ragazzi felici e senza rendersene conto il loro rapporto si era già trasformato in un sentimento più profondo. Stare insieme era diventata un'esigenza impellente: quando erano lontani si cercavano, quando erano vicini si sfioravano e i loro occhi traboccavano di passione. Non erano tempi facili quelli, quando essere omosessuale significava essere diverso, malato, un errore dell'umanità degno solo di morire all'inferno. Gli omossessuali venivano derisi come femminucce, additati come esseri sbagliati, picchiati perchè fonte di sentimenti omofobi, considerati peccatori contro le regole della natura e di dio.

Fabrizio era più forte, sicuro di sé, spavaldo. Non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno e fare outing, per lui, fu solo l'occasione per esprimere se stesso. Per questa sua confessione ruppe i rapporti con la sua famiglia per un lungo periodo, ma non se ne fece un cruccio: sapeva che aveva diritto alla propria libertà. Rafael invece era più fragile, non era ancora pronto a sfidare il mondo, le parole di scherno nei suoi confronti lo ferivano, ma amare Fabrizio era la cosa più bella che gli fosse capitata. Vicino a lui si sentiva forte come un leone.

Ma questa non è una storia a lieto fine: quando il padre di Rafael scoprì il suo segreto, alla fine del 1977, lo allontanò dal paese, lo portò in visita da dottori e psichiatri, gli fece fare il lavaggio del cervello, lo sottopose a diverse terapie di conversione, fino a permettere l'uso di shock elettrici ai genitali del figlio per generare sentimenti di avversione quando si eccitava guardando immagini di persone dello stesso sesso. Per Rafael fu un incubo, solo si rasserenava un poco quando pensava a Fabrizio con quella maglietta gialla addosso. Poi, quando non ce la fece più, decise di mentire: disse che la cura aveva funzionato, che era "guarito", e decise di arruolarsi nella marina militare per stare il più lontano possibile dal padre.

Il 24 novembre 1979 quando partecipò alla marcia contro la violenza sugli omosessuali a Pisa, considerata nella storia come il primo Gay Pride italiano, Fabrizio non vedeva Rafael da quasi due anni. Ma fu per lui che sfilò orgoglioso alla manifestazione, gridando che non c'era vergogna in loro ma solo consapevolezza e amore. Gridò fino a non aver più fiato, indossando la sua maglia gialla numero 10 su cui aveva scritto “Pelè è nero, io sono gay”. Si sentiva in colpa per Rafael, non sapeva più nulla di lui, non avrebbe mai voluto che la loro storia segnasse così dolorosamente la sua vita, questo fu un pensiero insostenibile che lo accompagnò a lungo nelle sue giornate.

Luisa entrò nella stanza pochi minuti dopo, con le lacrime agli occhi, consegnando a Rafael la famosa maglietta:
-Non ha mai smesso di pensare a lei- gli disse porgendogliela -non poteva fargli regalo più grande di venire a cercarlo. Era sicuro che lei lo odiasse per tutto quello che aveva dovuto subire a causa sua-.
-Fabrizio ha aperto la mia mente, era il mio eroe. Non l'ho mai odiato, neanche per un secondo. E' stato il mio primo grande amore e mi ha insegnato molto. Per prima cosa a non negare mai la propria essenza e poi a lottare sempre per quello in cui si crede. Volevo che sapesse quanto fosse stato importante per me, anche se siamo stati separati-.

E ora, dopo 50 anni, eccolo lì, davanti a lui. Si erano ritrovati. Gli fece indossare la maglia gialla di Pelè e fingendo di essere ancora felici nel 1970, lo prese in giro per ore per quel mitico 4-1 del Brasile!



In partecipazione a:
theneverendingcontest n° 27 S2-P6-I1 – Contest di @spi-storychain

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Che bella storia, intensa. Mi è venuta la pelle d'oca, sarà che sono argomenti che agitano molto il mio animo. Combatto e combatterò sempre per i diritti di tutti.
Grazie per la vostra splendida partecipazione.

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Grazie @pawpawpaw! Siamo contenti di aver messo la tua maglietta gialla in una bella storia! Diritti per tutti forever!! un abbraccio

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