L'orrore negli occhi [theneverendingcontest]

in #ita5 years ago

Tutta la mia famiglia rimase attonita ascoltando la radio: l'Italia aveva lasciato la sua posizione di terra neutrale per scendere in guerra contro l'impero Austro-Ungarico. Quella notizia ci rese in un momento tutti soldati, vittime e carnefici in un sol colpo, nemici di altri uomini come noi, solo nati in un altro paese. Innocenti, o colpevoli solo di difendere la propria vita. Mia madre abbracciò Lisa, la nostra sorella minore, trattenendo a stento le lacrime, sapendo che tutti gli uomini della casa non si sarebbero sottratti al loro dovere. Non sapeva ancora che loro, più di altri, avrebbero contribuito in modo decisivo alla sopravvivenza dei combattenti portando munizioni, armi e cibo nelle trincee dei compagni. Mio fratello Giacomo aveva un nobile sentimento patriottistico che lo accomunò con la causa degli interventisti e, seppure possa sembrare assurdo, questa notizia lo rese felice perchè poteva finalmente fare la sua parte per realizzare il suo ideale. Mio padre era semplicemente preoccupato per ognuno di noi perchè da quel momento tutto sarebbe cambiato e l'imprevedibilità della guerra non aveva risposte per nessuno. Prima di partire lasciai con tristezza la mia bella fidanzata Rita, ovvero non è che proprio la lasciai ma non le chiesi di aspettarmi, forse lo feci per scaramanzia, ma non sopportavo l'idea che lei rimanesse lì con questa spada di damocle sulla testa, con la paura di ricevere ogni giorno la notizia della mia morte.





Immagine CC0 creative commons


Cosi, nel giugno del 1917 mi ritrovai nelle trincee del monte Ortigara sull'altopiano dei Sette Comuni, a seguito del Generale Trentini, che strenuamente difendeva il confine contro l'esercito austro-ungarico. Inizialmente noi uomini reclutati senza addestramento non eravamo assolutamente preparati per la guerra, e soprattutto non eravamo preparati per combattere in alta montagna e per lungo tempo, ma a poco a poco le cose migliorarono: ci vennerono consegnati degli elmetti per proteggerci dalle pallottole, delle pinze per tagliare i reticolati nemici, delle scarpe più resistenti per il terreno montuoso e delle divise più calde per sopravvivere alle più basse temperature. A volte si costruivano delle buche protette da un telo di fortuna, dormendo tutti vicini per evitare il congelamento: in quelle notti di bufera ricordo le storie racconatate da Domenico, che aveva una bravura innata nell'inventare incredibili gesta eroiche di antichi cavalieri.
Per lunghi periodi la trincea rappresentava per noi quasi una casa, un rifugio sicuro dove convivere con gli altri soldati. Certo, dire sicuro è un eufemismo. Il mio battaglione era guidato dal Generale Trentini Luigi, conosciuto per la sua severa disciplina ma anche per la sua capacità di creare unità nelle sue truppe.
Tra tutti, Paolo e Domenico erano diventati per me come fratelli, avevamo imparato a guardarci le spalle reciprocicamente e fino ad allora non ci eravamo mai separati. Avere qualcuno di cui fidarsi lassu era un miracolo. Dire a parole quanto potesse essere difficile superare certi momenti è impossibile, la crudeltà della guerra non si può raccontare, e neanche il suo fetido odore.

A volte sentivamo la morte cosi vicina che, mentre le granate scoppiavano poco vicino alla nostra trincea, recitavamo un “Padre Nostro” anche se non credevamo in niente, solo per farci coraggio.
Quella volta ce la stavamo vedendo veramente brutta, le provviste erano agli sgoccioli, le munizioni stavano finendo, molti di noi si trascinavano stremati. Alle parole “cosi in cielo cosi in terra” mezza trincea saltò in aria scaraventandoci con forza nella parte opposta del corridoio scavato nella terra, mentre potevo vedere parti squartate di corpi umani volare nell'aria. Un urlo soffocato mi morì in gola mentre il comandante Trentini chiamava la ritirata. Tutti in posizione difensiva, eravamo pronti a fuggire da quello che stava per noi trasformandosi in un inferno. Al comando di Trentini iniziammo a correre, ma in quel momento un'altra bomba esplose vicino a noi.
Dopo qualche minuto, mentre la polvere stava scendendo vidi con chiarezza che la maggior parte dei nostri erano riusciti ad allontanarsi, mentre Domenico, che giaceva a terra ferito, sparava al nemico proteggendo la fuga dei compagni. Mi precipitai da lui:
-Fatti forza, amico, ti porterò fuori da qui!-
-Giuseppe vai, salvati almeno tu, io li tengo impegnati -
-Non ci penso proprio, io non ti lascio qui- risposi, disponendo il corpo di Domenico in una posizione più comoda e fasciando con tutto quello che era possibile la sua ferita al fianco destro. Passò qualche minuto o forse qualche ora, non saprei dire. Maledetta guerra, quale atrocità porta un uomo ad uccidere un altro uomo? Chi ci rende giudici della vita altrui?
-Devo tenere questa ferita pulita- gli dissi, vedendo che il sangue aveva intriso tutte le bende che gli avevo messo, ma non potevo fare altro, perchè lì non c'era più nulla che potesse essermi utile.
-Vattene Giuseppe, scappa- disse Domenico in un sussurro.
-Dobbiamo solo aspettare che venga notte e allontanarci silenziosamente. Adesso cercherò dell'acqua e magari qualcosa per coprirci. Vedrai che torneranno a prenderci, Trentini è un uomo d'onore- gli dissi, appoggiando la sua testa sulle mie gambe.
Allo stremo delle forze mi appisolai e quando mi svegliai tutto era nebbia intorno a noi, un silenzio raccapricciante mi si cucì addosso mentre vedevo i miei compagni guardare me e Domenico, tenendo in mano il loro cappello e facendosi il segno della croce. Due soldati separavano i nostri corpi crivellati di colpi di fucile e ricoperti di sangue.
-Sono degli eroi, signore- disse qualcuno.
-Sono morti. La nostra fuga è costata la loro vita- rispose secco il comandante Trentini, chiudendo finalmente i miei occhi grigi, ancora sbarrati di fronte a tanto orrore.


In partecipazione a:
theneverendingcontest n° 46 S1-P10-I1 – Contest di @spi-storychain



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Bello e avvincente. Complimenti ! Veramente un bel racconto.Saluti kork75.😉

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Complimenti bellissimo racconto!
Davvero travolgente! Sei molto bravo!

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