L'amore si riconosce

in #ita5 years ago (edited)

Amo. Incondizionatamente. Amo la mia famiglia, la natura prosperosa, la terra generosa di fiori, il mare in tempesta. Amo correre in macchina, il gatto alla finestra, i vecchietti al supermercato, viaggiare senza programmare. Ma soprattutto amo la vita.

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Cinque anni fa ho avuto un terribile incidente: mentre andavo al lavoro in bicicletta sono stata investita da un auto a causa di un momento di distrazione dell'autista che parlava al cellulare. Mi hanno portato di corsa all'ospedale e, come si suol dire, “mi hanno presa per i capelli”. Mi hanno operata d'urgenza per una grave ernia cerebrale conseguente al forte trauma subito alla mia testa.
L'intervento andò bene, rimasi in coma qualche giorno e poi mi svegliai. Ma niente era come prima: non ricordavo nulla, niente, vuoto. Ma stranamente non ero disperata, la reazione inconsueta era quella di essere nata una seconda volta. La cosa che mi sembrava più strana era non riconoscere per niente il mio fidanzato, Tommaso: mi disse che ci amavamo, che ci frequentavamo da cinque anni e addirittura vivevamo insieme da due. Ci piaceva lo sport, arrampicare in montagna e le gare di ciclismo. Scrutavo nei suoi occhi e, caz..., non vedevo niente.

Davo molta importanza al mio sentire, i miei sensi si erano acuiti e apprendevo attraverso essi. Mi sentivo molto spirituale e sviluppavo forme di empatia naturale che prima non sarei mai riuscita a percepire. Vedevo la speranza e la preoccupazione dei miei genitori, ma soprattutto la loro forza e il loro amore assoluto per me.
Avvertivo l'affetto smisurato di Giovanna, la mia migliore amica, che era il mio contatto con l'esterno, mi raccontava tutto quello che succedeva fuori, la routine, i gossip, la politica. Io non ricordavo niente ma lei era così divertente e così brava nelle descrizioni che mi pareva di essere nelle cose che mi riferiva. Mi avevano detto che anche quando potevano farmi visita solo i familiari, lei non si allontanava mai per troppo tempo, non mi abbandonava mai. -Sempre insieme, ricordi? Come sorelle! Lo dicevamo sempre!-.
No, non ricordavo, ma capivo. Mi teneva la mano e sentivo la sua energia attraversarmi le vene.

Quando sono uscita dall'ospedale, tra le varie cure che dovevo continuare a seguire, mi consigliarono di frequentare anche delle sessioni di teatro-terapia.
-Qui potete essere quello che volete e potete esprimervi come meglio credete, non ci sono limiti- ci disse Paolo, l'insegnante-terapeuta. Sembrava perfetto per me, potevo essere quello che volevo, sperimentarmi, forse persino ritrovarmi.
E qui ho conosciuto Filippo, che era in terapia perchè non riusciva a superare la morte di suo fratello gemello: -Ho perso la metà di me- mi disse un giorno.
-Io mi sono persa tutta. Sto ricostruendo, come una casa!- e lui sorrise chiedendomi scusa. Lo sorprendevo spesso a guardarmi e mi chiedevo cosa vedesse in me. In una me che era nuova e che ancora non si conosceva.

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-Vedo luce e ... amore- mi disse semplicemente.
E a me, che ancora faticavo a dare un senso alle parole, sembrò che tutta la mia vita si riempisse all'improvviso. Mi sentivo a casa, mi sentivo completa, nel riflesso dello specchio fino ad allora vuoto vedevo finalmente qualcuno simile a me. E questo per me era amore.

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Quanto è intenso questo racconto!

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