Il cimitero degli elefanti [theneverendingcontest]

in #ita4 years ago (edited)

Daniel aveva trovato un libro contabile riempito con insolite scritture, come dei codici, scritture che non aveva controllato lui, sebbene tutto il materiale della contabilità passasse tra le sue mani per il nulla osta definitivo di ogni operazione. Era convinto di seguire molto fedelmente tutte le nuove direttive sulla trasparenza e i suoi conti erano sempre perfetti. Per avere ragguagli su quello strano libro avrebbe dovuto aspettare il ritorno di suo zio Robert dall'Africa.
Stava sorseggiando la sua terza tazza di caffè quando ricevette quella strana telefonata:
-Daniel, sono Henry Bailey. È urgente: devi trasferire € 100.000 sul conto della nostra filiale a Port Harcourt, in Nigeria- parlò velocemente ma scandendo bene le parole. Daniel si stupì non poco di fronte a tale ingente richiesta.
-Signor Bailey è un importo notevole, ci vorrà del tempo. E prima vorrei il consenso di mio zio ...-
-Tesoro, non c'è tempo! Qui c'è stata una sommossa e tuo zio è stato ferito. Abbiamo bisogno di quei soldi per le cure e per cercare di placare gli scontenti. Fai più in fretta che puoi- disse Bailey, rivolgendosi a Daniel con un tono di superiorità, come se lui fosse il capo della società.
Daniel mal sopportava quell'uomo arrogante ed egoista di Bailey, ma era il collaboratore più fidato di zio Robert e cosi, per non creare inutili attriti, faceva buon viso a cattivo gioco.
La notizia dello zio ferito lo aveva scombussolato alquanto. Fece di tutto per racimolare il denaro richiesto nel più breve tempo possibile e, preoccupato per non aver più ricevuto nessuna notizia sulla situazione, d'istinto decise di partire per la Nigeria.

Seduto sull'aereo, posto lato finestrino, non riusciva ancora a spiegarsi quell'impulso di partire. Saranno stati almeno 10 anni che non tornava in Africa e per lui era come aver cancellato una parte della sua vita.
La Thompson&C. Foundation era stata creata da suo padre e suo fratello, lo zio Robert appunto, ed era una importante società di sviluppo e costruzione di progetti architettonici e urbanistici che seguiva con passione le linee guida della sostenibilità e del basso impatto ambientale. Col tempo avevano aperto una grossa filiale in Nigeria che si occupava soprattutto della costruzione di lodge o piccoli villaggi turistici sempre nella visione eco sostenibile, e contemporaneamente aiutava la popolazione locale con la costruzione di ospedali e scuole i cui costi erano stati assorbiti dalla Fondazione.
Daniel aveva vissuto in Nigeria i primi vent'anni della sua vita. Era stato un gran bel periodo, era cresciuto senza pregiudizi, amando l'immenso cielo africano, gli animali selvaggi della savana e le tribu indigene con le loro particolari tradizioni. Poi ci fu il drammatico incidente in macchina in cui i suoi genitori persero la vita mentre lui si salvò miracolosamente. Lo zio Robert, vedendo la fatica che il nipote faceva a riprendersi, gli consigliò di tornare in Inghilterra a studiare Economia e poi ad occuparsi della sede principale della Fondazione a Manchester, che era di fatto la sua eredità.
E cosi erano passati i successivi dieci anni di Daniel, lontano dall'Africa e dai dolorosi ricordi.

Quando arrivò agli uffici di Port Harcourt trovò una calma insolita, come la quiete prima della tempesta.
-Cosa ci fai qui ragazzo?- la voce del signor Bailey era più fastidiosa del solito e visibilmente contrariata, ma lo rassicurò sulla situazione sostituendo la parola “sommossa” con “piccolo incidente” e garantendogli che era stato solo un fraintendimento con la popolazione locale. -Rispettare i diritti di tutti e riuscire anche a guadagnarci qualcosa diventa sempre più difficile- concluse acido.
Ma le condizioni di zio Robert erano ancora instabili, in quanto il "piccolo incidente” gli aveva provocato una brutta ferita da pallottola al torace. Era confuso per i medicinali che gli avevano somministrato ma riuscì a mettere a fuoco suo nipote:
-Oh Daniel, non dovevi venire, non ti preoccupare, io sto bene. Tu manchi da molto in questa terra, ma anche se cerchiamo sempre un compromesso, i locali ci vedono ancora come stranieri usurpatori. Adesso non voglio pensarci più, ti prego lasciami riposare.-

Il giorno dopo, ancora turbato per l'accaduto, Daniel andò in ufficio per sbrigare alcune pratiche e a metà mattinata venne sorpreso da una voce familiare con uno strano accento:
-Non ci posso credere! Il figliol prodigo è tornato …- il tono di Mosi era leggermente ironico.
Mosi era suo amico da sempre, erano cresciuti nella stessa culla, per lui era come un fratello. Lo abbracciò, ma lui rimase immobile.
-Sei venuto a prenderti cura dello zio malato?- questa volta la voce era decisamente pungente.
-Cosa c'è che non va Mosi?- chiese Daniel senza capire.
-Te ne sei andato e non sei più tornato. Qui niente è come prima-
-Non ero in me, lo sai, ci ho messo anni a riprendermi. Cosa ti ha reso cosi astioso?-
-Non prendermi in giro Daniel- quasi urlò, -tuo zio sta superando ogni limite!-
Gli raccontò allora che la Fondazione era coinvolta in traffico illegale di avorio e commercio clandestino di cuccioli di leopardo, o altri animali che in Europa o in Arabia venivano considerati esotici e alla moda. -Per questo tuo zio ha rischiato la vita, non voleva pagare abbastanza questi predatori!-



Immagine CC0 creative commons


Daniel era allibito. Non voleva credere che tutto l'amore per l'Africa della sua famiglia si fosse trasformato in un giro d'affari cosi vile e ignobile.
Ma Mosi sembrava essere molto ben documentato sopra questa sporca faccenda ed effettivamente molti eventi potevano benissimo adattarsi alle entrate o uscite di quel famoso libro contabile indecifrabile che aveva trovato. Adesso sapeva quale alfabeto doveva usare per dare un nome alle cose.
Non sapeva cosa fare, aveva bisogno di tempo per pensare.
L'indomani Mosi lo condusse al cimitero degli elefanti, in una meravigliosa zona della savana che Daniel ricordava bene. La savana era muta, come se onorasse quella morte in cerimonioso silenzio.
-Non è il cimitero della leggenda- specificò Mosi senza che ce ne fosse la necessità- è un massacro-.

Gli animali erano stati uccisi da poco e mutilati dai cacciatori per impossessarsi delle loro preziose zanne e parte della loro carne. La visione era insopportabile e Daniel distolse lo sguardo e risalì turbato sulla jeep. Non avrebbe voluto, ma i bei ricordi del suo passato erano appena stati macchiati dal sangue di quella carneficina.
Come promesso, Mosi lo portò a salutare la sua familia e finalmente Daniel vide l'unica persona che avrebbe voluto vedere da quando era tornato: Anaya, cugina di Mosi, era il suo passato, la sua giovinezza felice, la magia della savana, era il sorriso più bello, i giochi semplici della natura, i sogni condivisi, il suo primo bacio. Rimase a bocca aperta nel vederla ancora così bella.
Gli raccontarono di come l'Africa aveva perso la sua innocenza, vendendo i suoi figli e le sue risorse per il vile denaro dell'uomo bianco. Zanne di elefante, corni di rinoceronte, cuccioli di animali selvaggi ...tutto aveva un prezzo. Mosi, che lavorava per la Fondazione, aveva capito che la società nascondeva i traffici del mercato nero sotto le mentite spoglie delle opere buone.
Tutto questo sembrò a Daniel un orribile incubo.
Erano altre le parole che avrebbe voluto sentire, ma quando si salutarono Anaya gli sussurrò piano: -Stai attento Daniel, non fidarti di nessuno...- e gli mise in tasca un biglietto con scritto: “Vediamoci domani sera all'ospedale, nella camera di Robert, alle 21”
Ma cosa stava succedendo?



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Solo l'indomani venne a conoscenza di tutta la dolorosa e losca verità: Mosi era diventato un soldato di un gruppo locale estremista che voleva l'indipendenza della propria terra e che sfruttava la vendita illegale di avorio per comprare armi e perorare la propria causa. Lavorando nella Fondazione aveva incontrato lo spirito spregiudicato ed arrivista del signor Bailey che gli dava man forte falsificando documenti e pagamenti, in modo che tutta la colpa sarebbe ricaduta su Robert. Anaya aveva lavorato per lui in segreto cercando le prove per incastrare i colpevoli, odiando se stessa per non aver capito subito che razza di uomo era diventato Mosi. Proprio in quei giorni era scattata la trappola organizzata da una task force della polizia anti bracconaggio, che aveva seguito e registrato tutti i movimenti dei predatori e gli scambi con i compratori al mercato nero, facendo numerosissimi arresti.
-Daniel, temo che anche i tuoi genitori siano stati uccisi per la stessa ragione, forse avevano scoperto qualcosa … - Anaya lo guardò preoccupata.
-Sai cosa diceva mio padre quando gli chiedevano se non avesse paura di lavorare in Africa circondato da animali feroci? Rispondeva “che l'animale più selvaggio e feroce che conosceva era proprio l'uomo che gli stava di fronte”-.

L'uomo è in fondo un animale selvaggio e feroce. Noi lo conosciamo solo in quello stato di ammansamento e di domesticità che è detto civiltà: perciò ci spaventano le rare esplosioni della sua vera natura. Ma fate che vengano tolte le catene dell'ordine legale, e nell'anarchia l'uomo si mostrerà quale esso è (Arthur Schopenhauer).



In partecipazione a:
theneverendingcontest n° 75 S5-P5-I2 – Contest di @storychain

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