Parigi-Madrid 1903: L'Ultima Gara Automobilistica di Sempre. Parte 3 di 3

in #ita7 years ago (edited)

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“Mi soprendeva il fatto non che molti fossero morti, ma che così tanti fossero sopravvissuti.”

Così ricorderà Jarrott. Lungo la strada fra Parigi e Bordeaux, giacevano carcasse di automobili. Disseminate per i campi, alcune sottosopra, altre senza ruote, altre ancora in pezzi. Molti dei piloti erano inesperti alla guida di automobili non adatte all'occasione, ma altri, come Marcel Renault e Lorraine Barrow, erano piloti esperti per cui la Parigi-Madrid fu l'ultima gara.

Almeno metà delle 224 vetture partite da Parigi venne coinvolta in incidenti o si ritirò dalla gara per guasti.

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(I resti della macchina di Marcel Renault. Immagine di Wikimedia Commons, originariamente pubblicata su "Caras y Caretas" nº248. 7/4/1903.)

Le cause del disastro, a pensarci, erano evidenti sin dall'inizio.

Il polverone sollevato dalle auto mentre sfrecciavano sulle strade non asfaltate rendeva la visibilità bassissima a tutti tranne il pilota al primo posto; impediva ai piloti di vedere ostacoli e segnali di pericolo, costringeva a sorpassi alla cieca, soffocava piloti e meccanici.

Il servizio d'ordine non era sufficiente a tenere a bada il pubblico, che si riversava nella carreggiata; persino gli stessi gendarmi incaricati di tenere l'ordine si univano a loro nello sporgersi per cercare di riconoscere le macchine che arrivavano.

Prima fra tutte, però, la colpa fu della velocità. Nel 1903, il treno rapido Parigi-Clais viaggiava a 100 km/h; spesso le auto in gara nella Parigi-Madrid raggiunsero picchi di 140 km/h. Come spesso nella storia degli sport a motori, la velocità delle auto era arrivata ad un livello così alto che le auto, così com'erano, non erano attrezzate a gestire.

Il regolamento stesso lasciava a desiderare. La decisione di far partecipare veicoli di diverse cilindrate indiscriminatamente, contribuì senza dubio al caos che si venne a creare; vetture, vetturette, e persino motociclette, alcune alimentate a vapore o ad alcool, vennero messe in strada a distanza di un minuto una dall'altra. Non era possibile la sostituzione del conducente, così che Lorraine Barrow e probabilmente anche Marcel Renault furono costretti a partire in condizioni di salute non delle migliori.

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(Auguste Bucquet sulla sua Werner, partecipa alla Parigi-Madrid assieme alle automobili. Immagine di Wikimedia Commons, originariamente pubblicata su "La Vie au Grand Air" del 12 Giugno 1903, p.392)

A Bordeaux, l'atmosfera si fece tetra. In un mondo non ancora interconnesso e desensibilizzato a notizie di morte e violenza, ci si chiese, atterriti dalle voci che arrivavano dalla strada, se fosse il caso di continuare la gara o meno. Ci pensò il governo francese a risolvere la situazione, ordinando l'interruzione della gara. Si suggerì di ricominciare la gara oltre il confine, ma il governo spagnolo non ne volle sapere. I vari veicoli vennero trainati verso la stazione più vicina e rispediti a casa.

Si scatenò la polemica.

Il parlamento francese in primis urlava a squarciagola la necessità di vietare ogni tipo di gara automobilistica, di ridurre i limiti di velocità a 40 km/h. Sui giornali spuntavano appelli al divieto delle automobili, considerate troppo pericolose.

Chi rifiutava di unirsi agli allarmismi, invece, sosteneva un'altra versione. Solo due degli incidenti avvenuti durante la gara, quello di Marcel Renault e quello di E. T. Stead, si potevano considerare incidenti da corsa, legati unicamente alla competizione e senza interventi esterni. Entrambi, infatti, erano stati accecati dalla polvere durante un sorpasso.

La responsabilità di tenere a bada il bambino che causò l'incidente che costò la vita a due spettatori era dei suoi genitori. Ci sarebbe dovuto essere qualcuno a tenere d'occhio il passaggio a livello che sbarrò la strada a Leslie Porter, in modo da poter avvertire i piloti del pericolo. La macchina di Loraine Barrow non era una bestia indomabile che perse il controllo autonomamente, ma fu costretta a cercare di evitare dei cani che correvano per strada. Tutto ciò era molto meno allarmante delle voci che erano state date per vere fino ad allora, che comprendevano macchine in fiamme, motori che esplodevano senza ragione, ed automobili che improvvisamente, di testa loro, sfuggivano al controllo dei propri piloti.

In quel momento, nonostante le spiegazioni di molti piloti, il divieto permanente di gareggiare sembrava certo. I giornali dichiararono, prematuramente, la morte dell'automobilismo.

Ma l'automobilismo sopravvisse, e per più di 50 anni, fino alla morte di Alfonso de Portago alla Mille Miglia del 1957, sopravvissero le corse su strada. Gli appelli al vietare le corse automobilistiche non mancheranno, nel corso degli anni (persino il Vaticano, in alcuni casi, condannerà pubblicamente lo sport), come non mancheranno le morti. Dal disastro di Le Mans nel 1955, che causò 84 vittime e 120 feriti, al Gran Premio d'Italia svoltosi a Monza nel 1961, durante il quale persero la vita Wolfgang Von Trips ed altri 14 spettatori, causando decine di feriti.

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(Alfonso de Portago assieme ad Edmund Gurner Nelson, entrambi morti durante la Mille Miglia del 1957 a Guidizzolo per lo scoppio di uno degli pneumatici della sua Ferrari. Dopo la tragedia di Le Mans, due anni prima, molte corse su strada, fra cui la famosa Carrera Panamericana, erano state abolite; la Mille Miglia si era salvata per la sua popolarità, ma la morte di de Portago, Nelson, e dei nove spettatori investiti dalla loro auto, segnò la fine delle corse su strada di un tempo. Immagine di Wikimedia Commons.

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Un articolo molto interessante, hai descritto molto dettagliatamente le vicende accadute nella Parigi-Madrid, brava ottimo lavoro.

Grazie mille! :D

Nice article! Check out please my article about ski jumping! Thank YOU for supporting my work! 🙂
https://steemit.com/busy/@catalin2903/the-view-of-a-ski-jumper

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