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in #ita6 years ago

Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n° 27 S2-P6-I1 di @spi-storychain sulla base delle indicazioni della vincitrice precedente @pawpawpaw

Tema: Maglietta gialla
Ambientazione: anni ‘70

Vacanze a Giardini Naxos

Maya odiava l’estate, e quell’anno, con quella peste del piccolo fratellino fra i piedi, avrebbe preferito non arrivasse mai. Ed invece, puntualmente, arrivò. Come ogni luglio, i suoi genitori avevano affittato una piccola casa a Giardini Naxos, che ben presto sarebbe stata invasa dal turismo di massa legato alla fama di Taormina, ma che negli anni ’70 era ancora un posto relativamente tranquillo. Le spiagge incontaminate e le acque cristalline lo rendevano il posto ideale per le due settimane di ferie della famiglia Caruso, che desiderava far prendere un po’ di aria di mare ai figli.
70- Isola Bella Taormina.jpg
CC0 Creative Commons
Solo che Maya, timida ed introversa com’era, dopo quattro estati passate nello stesso posto non era ancora riuscita a trovare un solo amico con cui giocare a mare, o trascorrere i pomeriggi. In più aveva la pelle chiara ed i capelli biondi, e per evitare le scottature la madre la costringeva a rimanere con lei sotto l’ombrellone per più di metà giornata, ed a mantenersi entro il raggio del suo sguardo vigile durante l’altra metà. Eppure non era più una bambina: aveva nove anni e mezzo, e non le piaceva affatto che la madre la trattasse ancora come se fosse piccola, specialmente al mare, sotto gli occhi di tutti.
Quell’anno, poi, tremava al solo pensiero di dover condividere gli spazi ristretti della casa con Mirko, il fratellino di soli sei mesi. Così piccolo e già così rompiscatole. Per colpa sua la mamma non le leggeva più la fiaba della buonanotte, e papà non voleva portarla a fare un giro in bici il pomeriggio. La notte piangeva, il giorno piangeva, non si usciva più insieme a cena ed i pasti non erano più un momento in cui chiacchierare con i genitori ma uno scomodo obbligo a cui adempiere, spesso uno alla volta, facendo i turni per tenere il piccolo, o farlo mangiare, o farlo addormentare, o farlo giocare, o pulirgli il pannolino.
Insomma, l’estate, per Maya, era una vera tortura, e nonostante avesse sperato che fra le tante “privazioni” Mirko li privasse anche delle vacanze al mare, i genitori avevano generosamente deciso di non rinunciare alle ferie a Giardini, “per la bambina!”, dicevano.
“Grazie, mamma, e grazie papà. Potevate chiedere!” rimuginava rancorosa Maya, stipata in un angolino dell’Alfa Romeo Giulia di papà, con l’auto carica all’inverosimile fra valige e passeggino e biberon.

I giorni passavano, e le previsioni di Maya si rivelarono ancor più disastrose del previsto. Il caldo non li abbandonava un istante, e l’acqua dello splendido mare di giardini non forniva che un fugace sollievo da quella fornace di paese. Il bambino, vuoi per il caldo, vuoi per le zanzare, piangeva ancora più spesso del solito, e quando non piangeva gattonava in cerca di qualcosa da distruggere, per lo più appartenente a Maya. Il che non era poi molto, dato che per far entrare in macchina i bagagli dell’ingombrante fagottino neonato, papà aveva deciso di lasciare a casa, senza dirle niente, un’intera valigia ricolma di giochi e fumetti della figlia maggiore. “Te ne compreremo altri qui” aveva risposto evasivo alla bambina con gli occhi ricolmi di lacrime quando lei aveva scoperto l’accaduto. “Non c’era niente di importante, in fondo, ora basta fare i capricci!”. Le aveva detto la mamma.

Dopo soli quattro giorni, Maya aveva l’impressione di trovarsi a Giardini da mesi, anni. Nella calura delle due del pomeriggio, quando la mamma le vietava nella maniera più assoluta ogni contatto con l’esterno pericolosamente assolato, sdraiata nella veranda del giardinetto la bimba immaginava di essere ormai vecchia e decadente, coi capelli bianchi e le rughe e le braccia flosce e la bocca sdentata. I secondi sembravano ore, le ore mesi, ed i secoli passavano ad ogni calar del sole. Con gli occhi spalancati verso il cielo azzurro, Maya non vedeva l’ora che quei giorni volassero per potersene tornare a casa sua, alla sua stanza, ai suoi giochi ed alle sue due amichette del cuore, che erano rimaste in paese.

Quella mattina, però, la mamma non aveva quasi chiuso occhio per badare al piccolo Mirko, che le aveva fatto passare una nottataccia. Si era addormentato alle 8 del mattino, quando era ora di prepararsi per andare al mare. “Vai tu, ti prego! Voglio dormire un po’” Implorò la mamma di Maya stremata. Il marito, quindi, si preparò ad andare a mare da solo con la figlia.
Quando arrivarono in spiaggia, i due si resero conto di aver dimenticato a casa la maglietta che proteggeva Maya dal sole, così che, già dalle 10.30, la ragazzina si ritrovò segregata sotto l’ombrellone.
Incavolata nera ed annoiata, Maya faceva scorrere la sabbia fra le mani strette a pugno, guardandola fluire ed immaginando di poter così accelerare il tempo come quelle fossero clessidre. Non si aspettava certo, proprio quando era più immersa nei suoi pensieri, di essere colpita da una grande palla colorata! Le arrivò leggera sulla schiena, portata da una improvvisa folata di vento ed inseguita da tre ragazzini che sembravano divertirsi un mondo.

Immagine CC 4.0 by Antnerone

<<Ciao! Ci ridai la palla, per favore? Il vento l’ha portata via!>> chiese una ragazzina sorridente che sembrava avere la sua stessa età. Maya, in piedi sotto l’ombrellone e con la palla in mano non esitò a rilanciargliela: <<Certo, prendi>> rispose. <<Grazie! Ma tu come ti chiami? Io sono Flavia, e questi sono i miei fratellini Tommaso e Giacomo. Sono gemelli e sono due piccole pesti! Ma se vuoi possiamo giocare tutti insieme, ti va?>>. <<Io sono Maya. Non so se posso venire…papà, posso andare? Ti prego!>> Implorò Maya scorgendo in quei ragazzini un’ancora di salvezza. <<No, Maya, lo sai che poi ti scotti! Non hai nemmeno la maglietta!>> Rispose il padre, con un tono tuttavia titubante. Il Signor Caruso, infatti, aveva notato l’insofferenza della figlia e si rendeva conto di quanto si annoiasse nella solitudine di quella vacanza a mare. Avrebbe davvero voluto lasciarla andare a giocare con quei bambini, ma ricordava bene e temeva molto di dover trascorrere di nuovo le vacanze in Pronto soccorso per la scottatura come era successo alcuni anni fa. <<Ma non c’è problema!!! Te ne do una io!>> Esclamò Flavia mentre già scappava verso il proprio ombrellone. Tornò da Maya porgendole una maglietta gialla a maniche lunghe, di lino leggerissimo <<Ecco, metti questa ed il cappello, è impossibile che ti scotti!>> Le disse prendendola per mano. <<E adesso andiamo, prima che Giacomo e Tommaso buttino la palla addosso a qualcun altro!>>.

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Grazie mille ragazzi!

Che bella storia. Gioie e dolori delle vacanze viste con gli occhi e la semplicità di una bimba.
Che bello! Ho respirato l'aria dell'estate e delle ferie di quando ero bambina!

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Scuasa tesoro, sono mezza testa e non ho potuto rispondere!
Grazie mille per il commento, in effetti mi sono ispirata ai ricordi di infanzia preadolescenziale, che grazie ad una sorellina di 11 anni riaffiorano spesso!

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