Omaggio alla trascorsa primavera

Prefazione: Questo articolo era stato scritto per essere pubblicato il 21 giugno. La sua formattazione, tuttavia, a causa delle numerose foto, ha richiesto troppo tempo e ho dovuto scegliere tra perdere il mio aereo per Oporto e completare il post. Ecco perché c'è un anacronismo nelle prime righe, che tuttavia non ho voluto modificare per l'importanza della data che avevo scelto, omaggio alla presente ed alla passata stagione.

Nel primo giorno di questa nuova stagione, desidero salutare la primavera e dare il benvenuto all'estate condividendo la magnifica fioritura che i mesi di maggio e giugno hanno donato al mio giardino.

Qualche settimana fa sono tornata a casa dai miei per il weekend.
Tornare a casa dopo una settimana di lavoro è sempre rigenerante, e mi dà la stessa gioia che immagino provasse la donzelletta rientrando a casa il sabato in sul calar del sole.

Se d’inverno ci sono il camino, il tè caldo e le merende della mamma, il tepore degli affetti e delle mura domestiche, in primavera e d’estate posso godere della spensierata freschezza dell’aria di montagna, del limpido cielo notturno trapunto di quelle stelle invisibili in città, e naturalmente delle gioie del giardino.
Con l’allungarsi delle giornate, che diventano via via più tiepide, i pomeriggi pigri e tardi invogliano alle passeggiate fra i viali in fiore, assaporando accanto ai petali il tepore dei raggi tardivi che precedono l’imbrunire.

Il brullo giardino invernale, cresciuto e curato negli anni con l’amore e la pazienza che solo un genitore sa donare, rivela a maggio e giugno la sua gratitudine, schiudendosi dolcemente in un tripudio di fragranze e colori avvolgenti.

Le rose, di ogni genere e tipo, regnano come fugaci regine ad ogni angolo, donando inconsce emozioni a chi le ammira nei cespugli o nei rampicanti.

Le calle dispiegano le loro testine come ali di cigno, mentre la ginestra, gialla e odorosa, emerge potente al centro di un curioso cespuglio che le fa da corona e red carpet.

La Fuchsia si è riempita di tante di quelle fatine in tutù, da poterne quasi udire il tintinnar delle ali, mentre cavalcano il vento, che le agita in giochi sconosciuti.
I cespugli di lavanda ondeggiano leggere, come corde di un’arpa tra le dita di api operose e farfalle gentili.

Anche i cactus partecipano alle orgiastiche gioie di primavera, ricoprendosi di fiori vezzosi che fanno l’ombra di cappellini sul capo di austere signore inglesi.

E mentre passeggio fra tanta frenetica bellezza, mi imbatto nelle aiuole di erbe aromatiche, che ogni giorno ubriacano di essenze anche il più semplice dei piatti, rendendo unici i sapori di ogni pietanza.

Riposo un attimo fra le ombre ormai lunghe dei rami di un mandorlo pieno di gemme. Allungo una mano, sfioro l’innesto che lo congiunge al susino: la magia di un unico tronco i cui rami producono frutti diversi.

Passeggio fra gli alberi e guardo i rami fecondi, carichi di frutti ancora acerbi: l'albicocco, poi il pesco, il ciliegio, il nocciolo, il sambuco, il fico, gli ulivi, gli abeti, le palme.

Ricordo quando, molti anni fa, vennero piantati nella terra spoglia, teneri e giovani virgulti. Ricordo mia madre parlare gentile con loro, incoraggiandoli a crescere, ammirando i loro germogli, felicitandosi per gli splendidi frutti, grata alla terra che li accoglie ed al sole che li scalda, ed al gelo e alla canicola che non se li sono ancora portati via.
Seguo con la mano la ruvida corteccia, poi i rami, percorsi dalla linfa dalle radici alle fronde.

Osservo la calma con cui i rami nutrono ogni foglia, ogni gemma, ogni frutto, lasciando loro il tempo necessario per crescere, cullandoli, fino a che la giusta stagione non li maturi, trasformandoli.

Mi riempio di serenità, suggendo lentamente l’indolenza di questo meraviglioso tramonto.

Tutte le immagini sono dell'autore.