Il Natale è cambiato? - Contesteem: Speciale Natalizio steemCreated with Sketch.

in #ita5 years ago

Partecipazione al Contesteem: Speciale Natalizio di @serialfiller che segue la terza traccia: Un breve saggio su cosa è il Natale per voi VS cosa è diventato il Natale oggi nella nostra società.

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CC0 Creative Commons

Per quanto io rimanga sempre affascinata dall’atmosfera natalizia, con le sue lucine scintillanti, l’aria frizzantina, l’allegria, il buonismo e quella sensazione di attesa e speranza che viene puntualmente disattesa e si dissolve nel nulla già nel primo pomeriggio del 25 dicembre, il mio punto di vista sul “Natale ieri ed oggi” è alquanto cinico e materialista.
Sostanzialmente, non è cambiato un bel nulla da mai, se non la nostra personale percezione, che si modifica, come in ogni cosa, al mutare della nostra età.

I bambini vivono la festa come una grande gioia e sono i veri protagonisti del Natale della nostra epoca, ad impronta prevalentemente cristiana: vacanze da scuola, un sacco di regali e la “nascita” (per chi ancora insegna questo ai propri figli) di un bambino piccolo piccolo ma tanto speciale, un supereroe ante litteram, così potente che ogni essere, umano o animale, umile o forte, si reca a fargli visita. Ovviamente, tutto e tutti attorno ai bambini fomentano la gioia, l’attesa, la speranza, la trepidazione, che rende ogni piccolo infante felice ed impaziente che arrivi quel giorno speciale pieno di belle sorprese.

L’attesa del piacere è essa stessa un piacere…

Ma quando l’attesa è più bella di ciò che si attende, che dopo un po’ si rivela deludente, allora si guarda alle cose con occhi nuovi e disincantati. Ecco dunque che arriva l’adolescenza, l’età adulta, la maturità, e pian piano il Natale si trasforma: non si è più protagonisti, ma comparse, elementi cacciati via dalle luci della ribalta, riservate a nuovi bambini che ci hanno rimpiazzato. Si diventa un orpello, un abbellimento collaterale la cui funzione rimane quella di dare risalto al palcoscenico giovane e brillante, senza mai più calcarlo.

Agli adulti tocca comprare i regali, farli e molto meno riceverli. Agli adulti tocca faticare fra spese e fornelli, non più solo godersi le riunioni familiari e le serate a giocare coi cuginetti e gli amici. Agli adulti tocca creare la magia per far felici i bambini, non più restarne incantati.

Ecco che allora, agli occhi disincantati di un bambino che è cresciuto, la percezione del Natale si trasforma: “tutto è diventato commerciale!”; “il Natale lo ha inventato la Coca-Cola!”; “non ci sono più i valori di una volta!”; “ai miei tempi si sentiva davvero lo spirito natalizio!”; “quando ero piccolo io bastava poco per essere felici, ora c’è tutto ma il Natale non da più la stessa gioia”…

…e via così di luoghi comuni, pronti a condannare una festa che non è affatto cambiata: siamo solo cambiati noi.

Festa che peraltro tutti adorano da svariati millenni, essendo vecchia quasi quanto il mondo ed avendo, nei secoli, soltanto cambiato nome.
Eppure, che la si chiami Sol Invictus o resurrezione di Mitra o nascita di Gesù Bambino, l’attuale Natale resta una festa di cui gli uomini hanno bisogno per rendere sopportabile l’inverno, per sottolineare e ricordare i legami di sangue e stringersi ai propri cari, per formare un nucleo compatto che li faccia sentire forti nell’affrontare le difficoltà della vita.

Nessuna nuova religione ha mai potuto estirpare questa ricorrenza del tutto, trovandosi infine costretta a cambiarne il nome e proseguire nella tradizione della festa, magari aggiungendo o sostituendo gli elementi da festeggiare.

Ecco quindi, per concludere, che no, io non credo nel Natale sia mai cambiato qualcosa. Quello che cambia davvero è come ciascuno di noi ha percepito le cose attorno a sé da bambino e come le sente invece attualmente. La delusione dell’illusione, intollerabile come qualcosa che provenga da dentro di sé, viene attribuita ad un cambiamento altro da sé: la società, l’economia, le persone, il consumismo…

Oserei dire che quello che cambia è il disincanto negli occhi di chi guarda.

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Tutto vero quello che dici, concordo in pieno!

Se dovessi fare solo un'osservazione, mi verrebbe da dire che forse, magari, fra le famiglie, almeno quelle italiane, non c'è più tutta quell'imprescindibile voglia di riunirsi per la vigilia, per Natale e Santo Stefano.

Per il resto hai detto tutto tu e, ripeto, non posso che concordare. Ciò che cambia siamo noi, la nostra percezione, le lenti filtranti che ci "crescono" davanti agli occhi.

Proprio per questo motivo, adesso Natale (e ancor più capodanno), mi danno un senso di malinconia e velata tristezza che lasciano quasi il magone.

E non so cosa darei per rivivere, per esempio, la sera della vigilia del 1988, a casa della mia nonna che ormai non c'è più da tanti anni: seduto sul letto, guardo Rocky IV con nonno e papà, aspettando che sia pronta la cena...

Credo sia molto triste quello che dici, ed io vedo che, più che la voglia di riunirsi, mancano concretamente le persone con cui farlo: la politica del figlio unico ha trasformato i pranzi e le cene, un tempo ricche di gioia per i (numerosi) più piccoli, che potevano schiamazzare un po' coi cuginetti in attesa della mezzanotte o giocando a carte nei pigri pomeriggi festivi, in noiosi pasti la cui età media è di almeno 50 anni e non vedi l'ora che finiscano.
Oggi che il cibo non manca ed i pranzi luculliani hanno perso il loro senso primigenio, quello che, tristemente, manca, è con chi condividerli, nella gioia della convivialità che unisce e della tavola attorno alla quale si riescono a fare due chiacchiere, a ridere e scherzare.
I più fortunati hanno splendidi ricordi come quello che citi, o famiglie ancora in grado di crearne grazie a situazioni eterogenee. Quello che auspico è che le vecchie e nuove generazioni comprendano quel momento di switch in cui, dopo aver tanto ricevuto, devi essere tu ad iniziare a dare, a sbracciarti e faticare un po' per far funzionare le feste e perpetuare quel ciclico ricordo anche nei tuoi figli.

Sono in parte d'accordo sul fatto che cambiando noi e crescendo, ne cambi la percezione e il ruolo.

Ma non è solo questo.

Prima il Natale era stare insieme, pranzi e cene, fare l'albero, non andare a scuola, ricevere i regali. Lo stesso è adesso solo che è cambiata la società, i tempi. Adesso si fanno le solite cose solo si da più importanza a ciò che c'è dentro il pacco regalo piuttosto che al resto, grandi e piccini.
Si è perso il valore delle piccole cose ma soprattutto dell'apprezzarle.
Neanche per i bambini è più lo stesso, interamente colpa dei genitori, che regalano roba di marca, giochi di valore, persino roba elettronica. Si è perso il valore persino nei giochi.

Per me questo del natale si è perso.

Si sta ancora a cena tutti insieme per natale, ma non più per il piacere stesso, ma si da più importanza alla tavola imbandita da mettere su Facebook, la foto vestiti fa natale su Instagram.
Si fa l'albero ma è una gara a "io ce l'ho più grande e bello" sui social.
Si scartano i regali preparando già la foto con il regalo.
Della parte religiosa credo ormai si sia perso quasi tutto, in un paese in cui la religione (é una mia opinione) è andata persa.

Non si apprezza più il valore delle cose piccole, non si va a fondo dei gesti, non ci sono sentimenti, si pensa solo a se stessi e a ciò che vede la società.

Io nel mio piccolo, sono fortunata. Ho 26 anni e nonostante sia adulta e vivo il natale da adulta, dentro mi emoziono ancora come quando ero bambina. E ancora più fortunatamente ho una famiglia che vive il Natale come me e mi permette di essere in parte la bambina di sempre.
Mi mancano solo le vacanze natalizie! Questo si, devo ammetterlo :P

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Finalmente mi ritaglio il giusto tempo e la giusta attenzione per rispondere al tuo importante commento.

Vengo anche io da una famiglia in cui il Natale è vissuto come un emozionante momento di famiglia e capisco bene quando dici che nella società moderna si è perso il "valore" un po' di tutto: è quello che spesso vedo anche io quando mi guardo attorno.

Tuttavia poi mi chiedo: è davvero così? Prima c'era un pieno e adesso c'è un vuoto?
Non so trovare una risposta universale, eppure io credo, nel mio intimo, che le cose (e le persone) non siano diverse da come sono sempre state, semplicemente quello che è cambiato sono la libertà di espressione (leggi: fare quel che si vuole) e molta più cassa di risonanza.
Mi spiego meglio: seguire pedissequamente la tradizione era un obbligo fino a pochi anni fa, quindi cene in famiglia con persone precodificate, gesti precodificati, persino le pietanze del menu erano prestabilite. A mezzanotte la messa. E così via. Che tu lo sentissi o no, c'eri dentro e lo vivevi facendo ogni cosa come lo facevano tutti gli altri. Immagina le prime persone che hanno "osato" fare diversamente: critiche e commenti come se piovesse! ...e subito dopo, gli stessi che criticavano, subito a copiare quel modo di fare, che in qualche modo rendeva liberi di non fare cose o fare cose solo perché dettami della tradizione. In questo modo, secondo me, c'è stata una scrematura fra chi, nel Natale, faceva perché così andava fatto e chi, invece, comprende il significato più profondo e sceglie di abbracciarlo.
Personalmente, non credo ci sia un atteggiamento "giusto" o uno "sbagliato" in questo, ma ho notato un andamento inversamente proporzionale fra la riduzione dell'ipocrisia e l'aumento dell'egoismo (con annessa riduzione di solidarietà) fra esseri umani.

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