Privilegi

in #ita7 years ago


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Una delle esperienze più importanti che ho avuto il privilegio di vivere è stata partecipare a uno scavo archeologico. La cosa in sé sarebbe già significativa, ma se aggiungo che lo scavo era situato nel cuore del cuore di Roma forse diventa tutto più chiaro. Guardate bene la foto, perché non è una delle tante cartoline oleografiche della capitale: sullo sfondo vedete il Colosseo, davanti il fornice bianco dell'Arco di Tito, sulla sinistra la chiesa di S. Maria Nova che si trova sui resti del Tempio di Venere e Roma e davanti ad essa, sul margine sinistro della foto, i resti della Basilica di Massenzio; sul lato opposto il declivio del Palatino e la Via Nova, limite nord dell'area in cui, a metà degli anni '80 del secolo scorso, la Soprintendenza e la Cattedra di Archeologia dell'Università di Pisa gestirono una campagna di scavo durata diversi anni. Il limite sud era la Via Sacra, uno degli assi viari più importanti della città antica. Proprio lì in mezzo, scavavamo noi.

Io ero una studentessa universitaria e volevo mettere nel mio bagaglio questa esperienza, benché non fosse obbligatoria per l'indirizzo dei miei studi, che era piuttosto quello storico. Ma, mi dissi, quando mi ricapita una cosa così fantastica?
Il mio capo settore era un mio caro amico, che oggi è un serissimo docente di un'università del Michigan, e che mi insegnò davvero un sacco di cose che in nessuna biblioteca avrei potuto imparare. Nel frattempo ci raccontavamo barzellette, canticchiavamo le nostre canzoni preferite e parlavamo di questioni capitali, come si fa tra amici, ma grazie a lui conobbi l'arte di tirare fuori storie dalla terra. Qualcosa che assomiglia allo scavo introspettivo della psicanalisi, ma con meno rischi emotivi.

Innanzitutto mi introdusse all'uso dello strumento più importante: la trowel. Si tratta di una cazzuola nata per il giardinaggio, ma che gli archeologi inglesi, fondatori della stratigrafia, hanno da decenni sdoganato a beneficio degli scavi. Ogni archeologo ha la sua trowel personale e io ne ricevetti una tutta mia, di pura razza inglese, soltanto alla mia seconda campagna di scavo.


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La vita del cantiere ha i suoi ritmi e, poiché a Roma tra settembre e novembre può ancora fare molto caldo, i lavori iniziavano alle 7 di mattina e terminavano alle 16. Durante questo intervallo di tempo era come vivere in sospeso tra il presente, fatto dal sottofondo del traffico di Via dei Fori Imperiali e di Piazza Venezia, e il passato che giorno per giorno, ora per ora, riaffiorava tra le nostre mani.


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Ricordo l'emozione di toccare lo strato di argilla mista a cenere che corrispondeva all'incendio neroniano: lì davanti, lì tra le mie dita e poi a pezzi nella carriola, c'erano i resti carbonizzati di quegli edifici che, dice la leggenda, l'imperatore guardava bruciare mentre cantava il suo poema sulla distruzione di Troia. Rimasi a fissare quel nero mischiato col giallo per minuti interminabili, catturata, incredula che una sensazione così fosse davvero possibile.


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Un altro "bel" momento fu l'ira funesta del mio amico quando, dopo giorni pieni di metri e metri cubi di terra spicconata, spalata, fotografata, setacciata e documentata,


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io gli riportai indietro trionfante un pezzetto di ceramica di un particolare color verde, che a me sembrava bellissima. Divenne prima pallido e poi dello stesso verde del mio reperto. Continuava a ripetere non è possibile, a voce sempre più alta finché non si alzò il suo grido di dolore. Al mio sguardo attonito e quasi colpevole, mi spiegò che si trattava di una ceramica altomedievale (la cosiddetta Forum ware) che, se la stratigrafia fosse stata originaria, non si sarebbe mai potuta trovare al livello in cui stavamo scavando noi. Ergo, qualcuno aveva già messo le mani e le pale in quella zona rimestando tutto e rendendo il nostro lavoro totalmente inutile.

Feci parte del gruppo per tre anni di seguito, finché arrivammo così in profondità da toccare il "vergine", vale a dire la sostanza geologica del Palatino così come Lui la impastò quel giorno dopo il Big Bang. Una roba da far venire la pelle d'oca, gente.


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Che bella esperienza, grazie per la condivisione!

Grazie a te.

L'Italia purtroppo riconosce scarsissima dignità professionale (ed economica) agli archeologi. 😑 grandi ricordi patax

Eh, infatti ho abbandonato l'archeologia per fare l'insegnante. Grande salto di dignità professionale ed economica 😉

"...ma qua' trowelle... chess ' è 'na cazzuola!!".

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