Mare e monti

Piuttosto, vorrei riflettere a voce alta (se fa' pe' di') sulle passioni che in ognuno di noi cambiano col passar del tempo. O forse non proprio in tutti, perché è pur vero che ci sono anche persone molto affezionate a se stesse. Ma il mondo è vario ed evviva.

Fino a qualche anno fa avevo preferenze assai più nette di oggi: cani o gatti? Sempre gatti, come ho già detto da qualche altra parte. Mattinieri o nottambuli? Nottambuli, da sempre e per sempre, visto che la mattina presto in genere ringhio. Bianco o nero? Ecco, qui direi bianconero per fede calcistica, seppure intiepidita, e poi perché la saggezza dell'età ti fa scoprire il fascino delle molteplici sfumature di grigio (guai a voi se provate a fare battute pseudoletterarie). In ultimo, tra mare o montagna, mai e poi mai avrei avuto dubbi: non avrei sprecato un giorno di vacanza ad altitudini superiori ai 50 m nemmeno legata e imbavagliata. Questo è stato per anni il mio unico panorama interiore capace di farmi sentire in vacanza:

Poi qualcosa è cambiato. Sono arrivati anni difficili, periodi molto faticosi dell'esistenza, come capitano in tutte le vite umane. Mi sono trovata in giorni così duri da trascinare fino a sera, che solo il pensiero di affrontare il caldo infernale e il sole abbacinante di una spiaggia mi sembrava al di là delle mie capacità. Il caso volle che degli amici, molto cari e grandi esperti di montagna, mi proponessero un viaggio in Alto Adige e io sentissi che era la situazione ideale: nessuna prova costume, nessun bisogno di abitini e tacchi, qualcuno che mi guidava e poi camminare, camminare e camminare.

E cammina, cammina, sono arrivata qui:

Un paesello piccino picciò, che se ne sta tranquillo al fondo di una valle chiusa da un laghetto. Pochissimi turisti, malghe e prati intorno.
La bellezza del luogo la vedete tutti. Ma non è solo quella che per me fa di questo posto un rifugio del cuore. Ho scoperto la magnificenza del silenzio interiore, la pulizia che mi scende nell'anima durante il percorso: la mente è attenta a poggiare il piede nel modo giusto, a scegliere il sentiero più adatto al fiato e al passo, a sentire il corpo rispondere come non è abituato a fare. E salire diventa un viaggio dentro di sé, che porta sorprese e scoperte. Per quanto mi riguarda, ho capito che, mentre le asperità delle petraie mi inquietano, il fitto dei boschi col loro profumo e la loro vita nascosta mi accoglie come un ritorno a casa.

Salire è anche arrivare dove non credevi mai.

Salire è anche capire che puoi farcela. Che ogni meta, ogni vetta, ogni abisso, si affrontano passo dopo passo, ponendosi piccoli obiettivi raggiungibili ogni giorno. Che anche quando sei paonazzo e senza fiato, convinto che non riuscirai a muovere un altro passo senza lasciarci la vita, quel passo arriva e vai avanti. La montagna mi ha insegnato la pazienza e la fiducia nelle cose semplici, le mie personali, quelle della natura, quelle degli amici che ti accompagnano lungo il cammino.

E poi, in vetta (qui 2481 m), ci si strafoga di polenta e di strudel. E solo dopo, a pancia piena e con la salita alle spalle, ci si fa una foto.

Tutte le immagini sono miei scatti personali, realizzati con un iPhone 6.