In nome della madre

in #ita7 years ago
Prendo in prestito il titolo di un bel libro che Erri De Luca ha pubblicato qualche anno fa, per parlarvi di un argomento un po' impegnativo. Vi avverto da subito che cercherò di farlo in modo non troppo dogmatico, perché non ne sarei nemmeno all'altezza. Chiedo anche scusa se infrango una delle regole più o meno tacite che condividiamo, cioè di non parlare di politica o di religione, ma la riflessione mi frullava in testa da stamattina e stasera scadrà, come il latte, quindi eccola qui.

Oggi è l'8 dicembre, festività che la Chiesa cattolica dedica al mistero dell'Immacolata concezione di Maria. Non so voi, ma io, nonostante una carriera scolastica in un istituto di suore e anni di frequentazione di chiesette, parrocchie e basiliche, per molto tempo ho confuso questa questione con quella, assai meno interessante per me, del concepimento miracoloso di Gesù Cristo da parte della sua giovane e vergine madre. Siamo tutti stati lobotomizzati da secoli di catechismo con la questione del peccato come se tutto ruotasse intorno al sesso. In verità quello di cui si parla oggi è che questa ragazzina, per via del fatto che Dio l'avrebbe scelta per dare la vita umana al suo Unigenito, non poteva essere una persona come me e come voi. Non poteva certo essere una creatura imperfetta, appesantita dai limiti dell'umanità, soggetta ai cambi di umore, una che si danna l'anima perché la vita va al contrario di come vorrebbe, che se può scansa le rogne, che ogni tanto manda a quel paese quello che le ha parcheggiato il furgone merci davanti alla macchina di mattina presto e perde la pazienza davanti alla stupidità umana. Una come me, tipo. Lei doveva essere "piena di Grazia", una persona unica e irripetibile. E chissene del sesso, direi.

Confesso di non essere mai stata particolarmente sensibile al culto mariano o a quello dei santi, in gioventù. Era già tanto che tra una bufera di crescita e l'altra ogni tanto ritrovassi la strada che entrava in una chiesa. La strada in cui in qualche modo non mi sembrasse una follia l'idea di un Dio che si occupasse di noi e di me, in particolare. Poi arrivò la notizia, ormai insperata e incredibile, che aspettavo un bambino. Dopo anni di tentativi vani, di esami clinici mortificanti e dolorosi, dopo che i medici avevano decretato "meglio che ve lo togliate dalla testa", lui era laggiù nella mia pancia, aggrappato a me come un fagiolino dentro al suo baccello. Mi vennero in mente le parole del vangelo di Luca, in cui si parla di Elisabetta, cugina di Maria, di cui l'angelo Gabriele dice che era già al sesto mese mentre tutti la dicevano sterile, commentando "Niente è impossibile a Dio" (Lc 1,26-38).

I versetti successivi sono dedicati a quello che nella tradizione viene chiamato Magnificat, cioè alle parole che Maria dice (o pensa?) appena l'angelo la lascia alle sue riflessioni a caldo. Un canto di gioia e di ringraziamento per il dono ricevuto, un dono che lei non aveva nemmeno avuto l'ardire di chiedere. Mica come noi povere donne vuote di Grazia che ci facciamo scrutare e bucare e squartare le viscere per diventare madri a tutti i costi, contro ogni opposizione della sorte e della Natura madre e matrigna. Ecco, pensando alle mie viscere non più desertiche e a quelle di milioni di altre donne che avevano vissuto, vivevano e avrebbero vissuto le mie stesse ansie e sofferenze, io quel giorno e nei giorni successivi ho cantato nel silenzio attonito del mio cuore una sorta di magnificat di secondo livello. Per giorni ho camminato ad un'altezza apparente del piano strada, ma in verità librata a mezz'aria, con un senso di infinito che mai avrei creduto possibile ad essere umano.
Da allora Maria ha un senso del tutto nuovo per me. Se volessi spiegare che cosa intendo io per preghiera non ne sarei capace e forse urterei la pazienza di molti. Mi limito a dire che è un po' come avere per amica una persona eccezionale, una che ha saputo dire di sì a richieste enormi che la vita le ha fatto, che ha sempre visto oltre il limite immediato dell'apparenza, che ha avuto fiducia nell'altro da sé, anche in quello che non comprendeva. Una di noi, una che te la immagini quando le citofoni per parlarle e lei ti apre col suo bambino appena uscito dalla vasca, ancora tutto bagnato, semi avvolto nell'accappatoio; una che mica ti manda via perché non ha passato l'aspirapolvere, anzi ti fa entrare e, mentre ti ascolta attentissima, mette su il caffè e continua a coccolare il pupetto. Più o meno, mutatis mutandis, come se l'era immaginata Caravaggio.

Immagine dell'autrice


Insomma, un'amica che sa dirti sempre che dentro di te c'è una forza che ti sostiene, anche se non la vedi, che sei una persona di valore, che lei ti stima e sa che ce la farai. Come quel giorno a Canaan, quando col figlio ormai grande se ne stava seduta al pranzo di nozze di un amico e si accorse che non avevano più vino. Così gli chiese di fare qualcosa per la casa, perché la festa più bella potesse continuare come meritavano. Ora, lui aveva deciso che non era ancora il momento giusto di farsi notare in pubblico, era il suo primo miracolo, non aveva studiato, voleva giustificarsi. Chissà perché, forse per uno di quei ghiribizzi dei figli che ti devono dire di no solo perché loro sono loro e tu sei tu. Le rispose pure male, anzi. Ma che vuoi che sia una rispostaccia e un no per una madre? Quindi lei insiste, con una dolcezza ferma che vorrei imitare anche solo col linguaggio dei segni. Solo che i figli nostri, cui la scintilla divina si offusca spesso e volentieri, se tu fai finta di non aver sentito il loro no e procedi dritta per la tua strada, magari ti piantano una di quelle scene da indemoniati che devi gestire solo con l'acqua santa.


fonte immagine

Nessuno di noi ha il figlio che pensava, a volte nemmeno quello che desiderava, molti di noi fanno una fatica enorme ad accettare la diversità dei figli, le loro scelte, i loro dolori. A volte le richieste della vita sono veramente di una difficoltà che ci sembra di non saper affrontare. L'indirizzo di un'amica che sa che cosa voglia dire tutto questo dentro la propria carne non ha prezzo. E, per finire come ho iniziato,

"Nel nome del padre": inaugura il segno della croce. In nome della madre s'inaugura la vita.
E. De Luca

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Splendidi pensieri, carichi di cuore... da un lato mi hai fatto venire in mente il Vangelo secondo Gesù Cristo di Saramago, speciale proprio per la piena umanizzazione dei personaggi del vangelo, dall altro la storia di tante donne, madri dentro, al di là della concreta genitorialita. Complimenti per la dolcissima narrazione

Grazie, lo apprezzo molto.

Grazie a te per la condivisione con noi! 😊

A Paola, ...ma quante cose che sai...
Apposta fai la professoressa...!! 😊

Quarcosa ja’a devo pure ‘mpara’ a quii regazzini, no?

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Cosa ti dice la tua "amica"? Sarebbe interessante sapere 🙂
Le difficoltà di una madre sono spesso invisibili ai figli. Anche quelle di un padre purtroppo😳 .

La mia “amica” sa che i figli se ne vanno spesso anche dove non sai manco cercarli. E poi li trovi che predicano ragazzini in mezzo a un tempio. In verità nessuno da figlio, nemmeno noi forse, si è mai fatto molto carico dei guai che procurava a madri e padri. È un mestiere hard fare i genitori, vero?

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