La sfida più importante inizia domani!

in #ita5 years ago

Con questo contributo partecipo al contest settimanale di @spi-storychain con tema "Sfide" ed ambientazione "Antica Grecia". A tal proposito suggerirei di ascoltare la canzone che trovate in questo link come sottofondo.
Buona lettura!

Argo, Peloponneso, Grecia Antica
Il grano cresceva vigoroso nel campo della mia famiglia. La fine del mese di giugno era ormai prossima ed io scorrevo la mia mano leggiadra sulle spighe dorate, pronte alla mietitura. All'orizzonte, dietro le colline ad occidente, il sole stava scomparendo e con i suoi raggi caldi illuminavano me e tutto ciò che mi circondava, con ombre allungate sul terreno. Dietro quel promontorio, in direzione sud, il mare: l'aria calda salmastra arrivava fino a qui trasportata dal vento.
Quel mare, che tra pochi giorni mi avrebbe avvolto, come una coperta calda avvolge un giovane bimbo nelle notti d'inverno. Cosa sarebbe stato di me non potevo saperlo, ma sapevo che ciò per cui mi ero preparato mesi e mesi, sarebbe diventato realtà. Diventare membro dell'esercito greco e partire per mare per difendere i confini dell'Egeo.

Poseidone mi era apparso in sogno circa un anno fa e mi aveva chiamato a sé. Ricordo bene quella notte: era insieme ad Atena, dea protettrice del nostro popolo. Entrambi mi avevano indicato come il mio futuro sarebbe stato al servizio dei mei concittadini tra le onde salate del mare. Ero pronto, mentalmente e fisicamente. Il mare non mi faceva paura e neppure il fatto che potessi incontrare là nemici o creature mostruose, mi avrebbe fermato o intimorito.

Con un colpo strappai alcune spighe di grano: il terreno non era particolarmente secca ed il colpo deciso sradicò le radici dalla terra. Guardai tra le mie mani i chicchi di grano e pensai come la mia barca e gli altri marinai saremmo stati nulla in confronto al volere divino di Poseidone, dio incontrastato delle onde e delle maree. Per il suo volere sarei potuto non tornare più sulla terra ferma o, peggio ancora, tornare a casa. Ma questo era il volere divino e niente e nessuno si sarebbe potuto opporre.
Men che meno io! Era una sfida che un'entità più alta di me mi aveva chiesto per un bene superiore, la difesa dello popolo greco, ed io non mi sarei mai potuto sottrarre.
Calpestai a piedi nudi, forse per l'ultima volta, la terra di casa mia e tornando verso l'abitazione che mi aveva accolto per 20 anni, continuai a stringere nella mia mano quella spiga con i suoi grani. La osservai nuovamente e poi la lasciai cadere a terra, quasi non curante di quel gesto, mentre la leggera brezza che si era sollevata la portava via.

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CC0 Creative Commons

Entrando in casa osservai mia moglie: era vicino a mia madre ed insieme stavano preparando la cena. Entrambe stavano parlando ed io come un silenzioso gatto domestico mi avvicinai a loro muovendomi nella stanza. Abbracciai la donna che tra pochi giorni avrebbe dato al mondo mio figlio. Era splendida e il suo ventre teso mi rendeva fiero di colui che avrebbe sopperito alla mia assenza nei prossimi mesi o anni. O forse per sempre!
Conoscevo il mio passato, ma il mio futuro, da domani sarebbe stata un'incognita. Non solo per me, ma anche per mia moglie: adoravo i suoi capelli corvini e ricci e mi piaceva accarezzarli la notte tra le lenzuola quando lei dormiva. Anche adesso la osservavo e come una dea, ammiravo ogni suo gesto, fatto, secondo i miei occhi, alla perfezione. L'amavo!
Lasciare lei alla volta del mare era per me un grandissimo dolore, ma sapevo che nostro figlio avrebbe colmato questo grande vuoto che lasciavo in questa casa. Avrebbe dato molto da fare, ma tutto ciò era solo positivo per noi. Per loro! In realtà a me dava il mal di stomaco pensare di andarmene, lasciare tutto: la mia casa, la mia famiglia, i miei campi, coltivati con mio padre duramente per alcuni anni. Dopo la sua morte ero rimasto solo a coltivarli; ma adesso chi sarebbe rimasto a curare quelle spighe ed a supportare la mia famiglia?
Ero preoccupato, ma una mano mi spingeva da dietro nell'affrontare con determinazione questa grande sfida che mi avrebbe portato in mare: era quella di Poseidone.

La notte calò sulla mia casa. Era forse l'ultima notte che avrei trascorso in questo letto. Un letto che mi aveva visto crescere e che avrei rimpianto per molto tempo per la morbidezza delle sue lenzuola. Mia moglie era di fronte a me. Si stava cambiando per raggiungermi. Dalla finestra la luce della luna illuminava tutta la stanza. L'aria calda allo stesso tempo rendeva l'ambiente serale piacevole.
Percepivo nel mio cuore come un malessere: sapevo che la sfida più dura della mia vita avrebbe avuto il sapore di un sole sorgente all'orizzonte. In realtà mi sbagliavo, qualcosa di peggiore sarebbe accaduto prima: mia moglie, avvicinandosi al letto cadde rovinosamente a terra. La mia rilassatezza fu interrotta bruscamente e come un grillo saltai giù dal letto per soccorrerla. L'aiutai a sollevarsi e lei cercò immediatamente di rincuorarmi, affermando che non le fosse successo nulla. Non era purtroppo così!
La vestaglia di color bianco candido era macchiata all'altezza del ventre di sangue, che stava inondando il pavimento. Per un attimo pensai e sperai che quel sangue provenisse da una mia ferita, magari al cuore. Ed invece fuoriusciva dal suo ventre. Il mio cuore, appunto!
In quell'attimo mia madre, svegliatasi a causa delle urla, ci raggiunse in casa e notando l'accaduto non potè che emettere un urlo. Era proprio così...purtroppo!

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CC3 Creative Commons

L'indomani, speranzoso che l'evento della notte fosse solo stato un brutto incubo, partii. Il dovere mi chiamava e, come ben sapevo, nulla avrebbe potuto fermare il volere divino. E forse era giusto così. Baciai in fronte la mia giovane moglie ed abbracciai mia madre. Salii sul mio cavallo e mi diressi a sud, verso il mare. Il mio cuore però quella mattina non venne con me. Rimase lì ad Argo. Alla mia casa, alle mie donne.
Mi aspettavano due giorni di viaggio, prima di raggiungere il porto di Eremis. Due giorni di pensieri diretti a ciò che stessi facendo, ma soprattutto a chi stessi lasciando sole. Fu probabilmente il viaggio più difficile della mia vita e molto spesso pensai di voltare per tornare indietro, ma come un lampo mi tornava in mente quel sogno "divino". Avrei voluto che quel viaggio non terminasse mai, ma purtroppo non fu così. Raggiunsi dopo esattamente due giorni la città di Eremis.

Raggiunsi il porto e notai immediatamente una coppia di soldati, ai quali chiesi indicazioni per raggiungere la caserma cittadina. Era poco lontana e dopo essere sceso da cavallo la raggiunsi. Prima di entrare feci un gran sospiro.
"Buongiorno." dissi al soldato presente nel vestibolo.
"Buongiorno, di cosa ha bisogno?" mi rispose l'uomo di fronte a me.
Tentai di rispondergli, ma le parole mi rimasero strozzate in gola. Non riuscivo a parlare. La mia mente tornò alla sera precedente, quando stringevo tra le mie mani la spiga di grano. E come una forza interiore percepii che ciò che stessi facendo, non era la cosa giusta per me. Senza rispondere, mi voltai e salii sul mio cavallo.
Avevo due giorni di fronte, prima di essere nuovamente a casa.

Era l'alba, quando mi affacciai nuovamente nel viale della mia abitazione. Il sole appena sorto era già forte ed illuminava la casa ed il campo di grano dorato. Da lontano riconobbi le due donne della mia vita fuori dall'edificio. Mi avvicinai a loro in sella al mio destriero e vidi che stessero scavando una fossa. Lì avrebbero seppellito un qualcosa che stringevano tra le mani. Capii che non si trattasse di un qualcosa, bensì di un qualcuno. Il mio povero figlio!
Smontai da cavallo, mi avvicinai loro e presi la vanga per continuare a scavare la fossa. Ogni volta che affondavo nella terra mi sentivo sempre più in colpa per essermene andato, ma percepivo di aver fatto la cosa giusta. La sfida del mare era fallita, ma la sfida più grande, quella di ripartire l'indomani per riempire una nuova pagina della vita della mia famiglia, sarebbe stata la più impegnativa, ma anche la più importante.

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CC0 Creative Commons

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