Chi era Don Bosco?

INTRODUZIONE

Come molti di voi sanno, soprattutto i più assidui lettori, sono un arbitro di pallacanestro.
Qui in Toscana sono molte le società che hanno alle spalle un'importante storia cestistica anche ad alti livelli e molte di queste si trovano a Livorno. Ultimamente ho avuto modo di arbitrare una squadra che porta il nome di Don Bosco. Sapevo che fosse un sacerdote, ma la mia conoscenza in merito purtroppo si fermava qui.
Negli scorsi giorni sono andato a documentarmi un po' sulla sua storia, su chi fosse veramente e cosa avesse fatto in vita per i giovani e lo sport.

DON BOSCO

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Nel 1841 nei quartieri torinesi di Borgo Dora, Vanchiglia e Martinetto, nelle case diroccate di periferia si traferirono migliaia di famiglie di valligiani e contadini con la speranza di trovare lavoro nelle fabbriche della città: se fosse andata loro bene, li avrebbero aspettate dalle 15 alle 18 ore di lavoro giornaliero malpagato ed in condizioni disumane; ma questa fu la loro sola alternativa nel Regno di Piemonte e Sardegna ad una vita di stenti ed una morte per colera. Questo fu il momento d'oro della Rivoluzione Industriale, ma in quegli anni non c'era spazio per i bambini ed i ragazzini nelle filande (stabilimenti destinati alla filatura) e nelle miniere; questi allora si arrangiavano come potevano: si concedevano al mercato nero oppure scendono in strada per rubare qualcosa da poter mangiare la sera.
Venne in loro soccorso però un giovane sacerdote di 26 anni, appena consacrato da un mese: egli prima si recò al Mercato centrale Porta Palazzo, dove trovò ragazzini di 7-8 anni offrire il loro aiuto come ambulanti, spazzacamini e lustrascarpe.
Questo prete preferì vedere con i suoi occhi la condizione in cui versano i giovani bambini torinesi. Così non contento si recò anche nelle carceri, dove le celle brulicavano di ragazzini di 12-18 anni. Quest'uomo era Don Bosco.

La sua vocazione risaliva a molti anni prima, esattamente ad una notte del 1824, quando in sogno gli si parò di fronte un uomo maestoso dal volto talmente luminoso da non riuscirlo ad osservare continuamente. Costui chiese a Giovanni (il futuro Don Bosco) di aiutare i giovani ragazzi che avevano preso la via sbagliata, aiutandoli a tornare sulla retta via.
_{[Questo è ciò che lo stesso Don Bosco racconta nelle sue Memorie]}
Passarono gli anni e proprio nel 1841 Don Bosco si avvicinò per la prima volta ad un ragazzo. Dopo questo i bambini intorno al sacerdote iniziarono a moltiplicarsi: egli offriva loro amicizia, affetto, momenti di allegria, una scuola serale e gli strumenti necessari per imparare un lavoro. Ciò che Don Bosco chiedeva indietro ad i suoi giovani discepoli era una vita onesta ed una trasparente fede verso Cristo.

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Ovviamente il comportamento del sacerdote non era visto di buon occhio dall'alto clero, al quale non piaceva che un membro del loro ceto si mischiasse con la parte più povera della popolazione. Ma Don Bosco di questi pregiudizi non si preoccupò molto e nel 1953 fondò diversi laboratori in cui insegnare ai ragazzi una professione (calzolaio, falegname, meccanico, tipografo...) e nel 1854 fondò la Società dei Salesiani, impegnata nella “carità verso il prossimo”.
Questo fu il grande esempio che dette modo a quest'ordine sacerdotale di nascere, crescere ed espandersi. Ancora oggi infatti le scuole salesiane applicano un metodo educativo elaborato da Don Bosco, il "Sistema preventivo" che si poneva in contrasto con il metodo punitivo, adottato nell'Ottocento per l'educazione infantile. Il motto del sacerdote era infatti "Prevenire, non reprimere". Questo tipo di sistema istruttivo risultò rivoluzionario per gli anni della fine del XIX secolo.

Passarono poi alcuni anni dopo la morte di Don Bosco, quando poi Papa Pio XI nel 1934 lo dichiarò Santo per la sua magnanimità nell'aiutare i più bisognosi, offrendo loro un futuro oltre che un aiuto immediato.
Ancora oggi il suo nome riecheggia nel nostro vivere quotidiano: scuole, istituti ed addirittura squadre sportive portano il suo nome, dato che la memoria è il miglior sistema per non dimenticare chi ha reso il nostro Paese, il Bel Paese.

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