21th Century Yokai (prima parte - ITA)
Scrivere libri mi ha sempre appassionato. Entrare nella storia e comportarmi come se il protagonista fossi io. Avete mai provato a ragionare e dire: se fossi stato quel personaggio, io cosa avrei fatto? Poco tempo fa ho partecipato a un concorso con questa storia, ci ho provato, ma purtroppo, come giusto che sia, non si può sempre vincere. In ogni caso, proprio perché ho creduto molto in questo racconto, voglio proporvi di leggerla per avere vostre opinioni, come capire se è abbastanza fruibile o meno. Anche se, di norma, le storie sono belle da leggere tutte di un fiato, per questo racconto sono costretto a dividerlo in più parti. Un unico post per questa storia risulterebbe davvero troppo lungo. Ok, ora direi che con questa prefazione posso fermarmi qui. Se vi affascina il mistero e il sovrannaturale, questa storia credo faccia per voi.
Spero proprio che vi piaccia! Vi auguro buona lettura.
Titolo: 21th Century Yokai - Prima parte
«Investigatore Yamano, guardi, qui ce n’è un altro.»
Akira Yamano, 43 anni, era giunto su una nuova scena del crimine. Negli ultimi tempi, nella prefettura di Kyoto, si stavano compiendo strani omicidi con modalità piuttosto singolari. Dal referto del medico legale si era scoperto che le morti erano dovute ad avvelenamento tramite un presunto morso di serpente. La deduzione derivava dal semplice sguardo al collo delle vittime: all’altezza della giugulare si trovavano due fori.
Senza dubbio, il serial killer aveva trovato il modo di non far trovare la sua arma del delitto, complicando così notevolmente le indagini.
Gli agenti del distretto di polizia ebbero addirittura l’idea di cercare tutti i proprietari di serpenti nell’area, ma ciò risultava essere praticamente inutile; dopotutto non si poteva certamente arrestare delle persone solo perché proprietarie di un serpente.
L’unica idea sensata che venne all’investigatore fu quella di indagare sulla vita delle vittime. Trovare un collegamento era una priorità.
Le vittime sul quale Yamano stava indagando erano tre: tutti uomini con un’età che andava dai 25 ai 45 anni. Erano tutte e tre persone lavoratrici, socialmente schive, ma senza particolari problemi familiari o di denaro. Il capitano Yamaguchi, del distretto di polizia di Nishijin, l’area antica di Kyoto, consigliò all’investigatore di non concentrarsi troppo sulla vita dei tre uomini, ma al contrario di pensare anche all’eventualità che fossero omicidi casuali. Il killer poteva essere una donna, una sorta di amante, oppure un pazzo psicopatico che si divertiva ad uccidere persone più solitarie. La teoria del capitano, in effetti, incuriosì Akira Yamano che infatti cominciò a ragionare su un punto in comune che aveva fino a quel momento ignorato. Le vittime erano tutte e tre persone solitarie. Dopotutto non era strano trovare un assassino che se la prendeva con persone più distaccate.
Passò una settimana e nessuna prova venne trovata; le indagini erano in alto mare. Ormai sconsolati, si arresero all’evidenza di omicidi perfetti. Nessun errore, nessuna infrazione sulle serrature di casa, niente di niente, tranne quei buchi sul collo; solo l’arrivo di un nuovo omicidio rivoltò le carte in tavola.
La nuova vittima era morta esattamente come le altre, ma stavolta il decesso era molto più recente. Il vicinato, sentendo le urla, chiamò la polizia, la quale raggiunse l’abitazione in breve tempo. Non riuscirono ad arrivare prima che avvenisse il delitto, ma quella volta trovarono qualcosa di inaspettato: un particolare libro era accanto alla vittima.
Quando Yamano ricevette il volume da parte di un agente si accorse della sua particolarità: al suo interno c’erano descritte le storie di molti uomini, nei loro ultimi giorni di vita. Verso la fine dell’opera, inoltre, notò che le ultime persone citate erano esattamente gli uomini trovati morti negli ultimi tempi. Finalmente c’era il collegamento che Yamano cercava, anche se quel libro risultava essere poco comprensibile. Nel testo c’erano molti nomi di persone scomparse e di persone giudicate suicide. Era chiaro che la pista che stavano seguendo la polizia e l’investigatore si trattava di qualcosa di molto grosso e pericoloso.
«Investigatore Yamano, mi scusi. Il libro lo tiene lei o lo posso portare in centrale come prova?» Un sottoposto del capitano Yamaguchi si avvicinò.
«Guardi, agente, pensavo di darci un occhio per qualche tempo. Sono già d’accordo col capitano per questo.»
In seguito a quella lunga giornata, come sempre accadeva, giunse l’imbrunire della sera. Con il volume sottobraccio, l’investigatore iniziò a percorrere un viale coperto di ciliegi in fiore per raggiungere la fermata della metropolitana che lo avrebbe portato a casa. Durante il tragitto, la strada era vuota e si respirava un’adorabile area primaverile, grazie a una leggera brezza che rendeva l’atmosfera rilassante. Akira Yamano sembrava felice di aver trovato una prova, ciò lo si notava dall’evidente sorriso sul suo viso.
«Non andare oltre.» Una voce gli riecheggiò all’orecchio, come portata dal vento. Yamano si fermò e si voltò. Non c’era nessuno attorno a lui. Si vedeva una coppia in lontananza, ma di certo non potevano essere loro ad avere parlato.
L’idea che ebbe Yamano fu quella di essersela immaginata. Dopotutto, in quel viale, il vento era famoso per i suoi sibili simili a parole.
«Fermati.» In quel momento la sentì chiaramente. Non poteva essersi sbagliato nuovamente. Si voltò.
«Meno male che si è fermato! Le era caduto questo. Immagino sia suo, no?»
La ragazza della coppia di prima lo aveva raggiunto per dargli un fazzoletto di seta che normalmente teneva nel taschino. Sicuramente il vento lo aveva fatto volare via. Dopo i ringraziamenti dovuti, l’investigatore continuò la sua strada raggiungendo prima la metropolitana e poi, infine, la sua abitazione, piccola ma confortevole.
Akira Yamano viveva da solo. I suoi genitori abitavano nell’Honshu, mentre la sorella in un altro distretto di Kyoto. Non aveva una moglie, ma solo un caro amico che spesso andava a trovare al Jinja, il tempio shintoista. Il suo nome era Haruhiro Fueguchi ed era, come si poteva immaginare, un prete shintoista. Yamano non era credente, ma con il suo amico Haruhiro aveva passato l’infanzia e molti attimi piacevoli. Probabilmente era l’unica persona nell’area alla quale Yamano teneva davvero. Quella sera, al contrario del suo solito, non si fermò al tempio che stava nel parco dietro casa ma, come ovvio che poteva essere, preferì guardare quel volume per lui, in quel momento, così importante.
The book (Immagine CC0 creative commons)
Quel volume era davvero originale. Yamano non poteva che restare incuriosito da quello che stava leggendo. Per ogni persona citata nel testo, esistevano dettagli molto chiari e vividi; proprio come se qualcuno fosse lì a guardarti per descrivere ogni cosa tu stessi facendo. Sul suo comodo divanetto, iniziò a leggere le ultime ore di vita degli uomini assassinati sul quale stava indagando. Le storie, raccontate da una voce narrante, avevano molti dettagli in comune tra loro.
Tutto iniziava con il ritrovamento del libro, in tutte le storie si riconosceva una figura femminile e poi la morte che sopraggiungeva con frasi criptiche.
“L’uomo si accasciò, mentre la nure onna sorrideva.”
Frasi simili a questa sopraggiungevano spesso nei vari finali di vita delle vittime. Akira Yamano non conosceva il corretto significato di nure onna, ma stava ragionando sulla possibilità di un nome in codice utilizzato da un serial killer professionista. Di gente strana ne aveva viste a bizzeffe, ma voleva capire perché questa presunta figura femminile fosse così crudele da uccidere uomini solitari.
Mentre stava iniziando l’ultimo capitolo, si accorse che il telefono stava squillando. Una chiamata col numero privato.
«Pronto? Chi parla?» parlò per prima l’investigatore.
«Scusi per l’orario, investigatore Yamano. Sono il capitano Yamaguchi.»
«Ah, salve capitano. Nessun disturbo, mi dica pure. Novità con le indagini?»
«Purtroppo no, ma speravo in lei, sinceramente. Volevo sapere cosa ne pensa del libro, ci ha già dato un occhio?» Yamano, prima di rispondere, appoggiò il libro sul tavolino e si alzò in piedi, camminando verso la finestra.
«Sì, ho letto qualcosa e devo dire che questo libro è piuttosto strano ed inquietante.» «Cosa ha notato? Non mi tenga sulle spine.» Il tono di voce capitano sembrava quello di una persona preoccupata.
«Tutte le storie che ho letto finora hanno tutte una trama simile. La vittima riceve il libro, incontra una donna e poi muore. Ah, e la firma finale è quella di una certa nure onna. L’ha mai sentita?» La voce del capitano non si udiva dall’altra parte.
«Pronto? Pronto, Yamaguchi?» Pensò fosse caduta la linea.
«Ci sono, chiedo scusa. Mia figlia mi aveva preso il telefono di mano. In ogni caso non ho mai sentito nulla di simile. Se ho bisogno, la ricontatto. A presto.» Quasi in modo scortese, il capitano Yamaguchi terminò la chiamata, portando sul viso del signor Akira una smorfia di incomprensione.
Si affacciò alla finestra che aveva di fianco e si mise a pensare nuovamente a quel nome “nure onna” che aveva appena letto.
La Luna, quasi piena, era alta nel cielo indicando un’ora ormai tarda. L’investigatore comunque rimase lì a fissare il traffico cittadino che nonostante l’orario, continuava a emettere quei tipici rumori di città. Da quella posizione, si vedeva chiaramente il tempio shintoista all’interno del parco e un particolare che lo fece sussultare. Una donna lo stava fissando dal viale. Da quell’altezza non la si riusciva a vedere in viso, ma si riusciva a notare che fosse alta, con lunghi capelli e con scarpe comode, tipo da ginnastica. Gli indumenti erano sportivi e tipici di quelli che vanno a correre. Difatti, appena la donna scoprì di essere stata vista, abbassò lo sguardo e iniziò a correre all’esterno del parco, rimanendo sul viale. Forse la mente di Yamano esagerava, ma vedere quella donna che lo fissava, gli aveva messo i brividi. Non pensava che fosse realmente la donna citata nei racconti che stava leggendo, ma indubbiamente si sentiva preso dalla suggestione. Ci mise un po’ a convincersi che fosse solo un incrocio di sguardi casuale tra due persone.
L’orologio rintoccò la mezzanotte e Akira Yamano decise che era giunto il momento di andarsi a riposare. Era eccitato dalla curiosità di finire l’ultima storia del volume, ma pensò che poteva finirla tranquillamente la mattina successiva. Il sonno non fu dei migliori poiché si alzò spossato e con la sensazione di essere privo di energie. La fortuna però era dalla sua parte. Era sabato e quella mattina non aveva impegni.
Dopo essere stato al bagno a rinfrescarsi, egli andò in cucina per prepararsi una ciotola di riso e della pancetta abbrustolita. Terminata la colazione, poi, si vestì con abiti comodi e raccolse il libro dal tavolino sul quale era stato riposto. Infine, postosi alla sua scrivania iniziò a leggere l’ultimo racconto che sembrava avere più pagine di quelle che si ricordava.
Parlava di Mamoru Miura, l’ultima vittima ritrovata. Come le altre storie, la sua aveva un inizio simile, con però alcune particolarità. Nella parte iniziale veniva citata una donna, ma essa scomparve quasi subito dal racconto. La frase che indicava un allontanamento era la seguente:
“Ella si avvicinò a lui, ma Mamoru la rifiutò. Come un temporale d’estate, rapido, ma rumoroso, tutto ebbe fine ed ella uscì di scena travolta dalle lacrime.” Sembrava il racconto di un litigio, come quelli che accadono alla fine di una coppia. Yamano era certo dai suoi indizi che Mamoru Miura fosse una persona solitaria e che non avesse parenti in zona. Chi mai poteva essere questa donna entrata nella sua vita? Questo era ciò che pensava l’investigatore e che quella mattina lo mise nuovamente in una sorta di trance, dove esisteva solo lui e la sua mente.
Kyoto Night (Flicker)
E così finisce questa prima parte. Sono riuscito a stimolare un po' il vostro interesse? Se sì, vi invito a leggere la prossima parte che uscirà domani! Stay tuned e a presto :) Lasciatemi un commento con le vostre impressioni se vi fa piacere!
Hi, @mirkon86!
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